sábado, 16 de outubro de 2021

“TRA VOI PERÒ NON È COSÌ”

 

Riflessione a partire da Is 53, 10-11; Eb 4, 14-16; Mc 10, 35-45

 


    La vita di chi serve gli altri secondo la carità di Cristo è piena di senso perché è portatrice della vera gioia. Riguardo a questo, il Libro degli Atti ci riporta queste parole del Signore Gesù: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. La persona realizzata non è chi è pieno di titoli e successi ma chi ha imparato a fare della vita dono per gli altri con umiltà e pazienza. Così dice San Paolo: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fl 2, 3-4). Vive veramente chi serve agli altri non chi si serve degli altri. Qui vale questa massima: “chi non vive per servire non serve per vivere”.

    È proprio su questo che ci fa riflettere la liturgia di questa domenica. La prima Lettura, dal profeta Isaia, è tratta da uno dei cantici del “servo del Signore”. Secondo questo brano, il servo è una persona veramente realizzata perché ha saputo dare un vero senso alla sua vita donandosi per gli altri. La sua esistenza vale molto agli occhi del Signore e tutto ciò che fa ha lo scopo di rivelare la volontà di Colui che lo ha costituito suo servo. A causa della sua fedeltà al Signore che lo ama e gli è vicino, molte persone saranno salvate.

    Secondo la Lettera agli Ebrei, Gesù ha consumato il suo sacerdozio donando la vita in sacrificio per la salvezza di tutti. Egli è in grado di capirci nelle nostre miserie perché ha voluto provare sulla propria pelle quello che proviamo noi. Questo è il sacerdote di cui abbiamo bisogno, qualcuno come noi, che prende su di sé le nostre debolezze - fuorché il peccato - per mostrarci la via per resistere alle suggestioni del male e superarle con l’aiuto della grazia di Dio. A lui dobbiamo rivolgerci con piena fiducia sicuri di non essere mai delusi.

    Nel Vangelo, dopo che Gesù aveva rivelato per la terza volta il mistero della sua pasqua, cioè, la sua passione e morte e alla fine la gloria della risurrezione, due dei suoi discepoli andarono da lui per chiedere i posti di onore: alla sua destra e alla sua sinistra. In un altro momento, mentre Gesù parlava di questi eventi importanti, i discepoli discutevano su chi dovrebbe essere il più grande tra di loro. Così dimostravano che le loro aspettative e il loro modo di pensare erano ancora lontani dalla proposta di Gesù. Egli, dopo aver capito che questa mentalità era presente anche negli altri richiamò a sé i dodici per riportarli all’essenziale della sua sequela.

   I due discepoli di Gesù erano affamati di protagonismo, successo, fama e desiderio di dominio. Anche gli altri dieci cercavano le stesse cose e non volevano rimanere indietro. Stavano impostando la loro vita in una direzione totalmente opposta alla proposta del loro maestro. In altre parole, avevano un progetto di vita molto chiaro da compiere, ma avevano scelto la persona sbagliata da seguire per compiere questo progetto. Davanti a questa divisione nel gruppo a causa della competizione per essere il primo e comandare, Gesù li chiama a sé come la prima volta, correggendo quello che non va: Egli rimuove l’idea che hanno costruito su loro stessi e su di Lui.

    Gesù usa questa opportunità per riprendere con loro le condizioni per essere veri discepoli. Essi dovranno capire che lui ha una scelta e una logica diversa da quella del mondo. “Nel Regno di Gesù, coloro che hanno autorità esistono non per sfruttare gli altri o dipendere dall'onore e dal servizio del popolo, ma i capi sono i servi del popolo”.  Il punto di riferimento di tutto questo si trova nella vita stessa del maestro Gesù: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Non c'è altro modo per trovare il senso vero della vita. Chiunque decida di seguire Gesù non può continuare a pensare e ad agire come prima; non può che cercare il bene degli altri più che il proprio.

    “Gesù trovò una forte resistenza a Gerusalemme che gli costò il perdere la vita. Ma quello che Gesù sperimenta è un servizio d’amore per il suo popolo”. È attraverso la fede in Cristo e l’ispirazione della parola di Dio che la persona può affrontare avversità, rifiuti e sofferenze senza rinnegare la sua fede. In ogni gesto di bontà la persona è chiamata a vivere la proposta di Gesù di fare della vita un dono per gli altri. La mentalità che ci circonda ci porta a cercare di essere serviti piuttosto che servire, di dominare sugli altri, di sentirci meglio degli altri. Possiamo anche trovare giustificazioni con l’uso della frase: “Tutti fanno così” oppure, “è così dappertutto”. Però Gesù è molto chiaro nella sua esortazione: “Tra voi però non è così”. Per vocazione, siamo diversi, ma questo non vuol dire che siamo migliori degli altri. Il nostro distintivo è la carità e il servizio.

    Portiamo nel cuore il desiderio profondo di fedeltà a Colui che ci ha affidato una missione. Possiamo superare quello che nella nostra vita non va perché non camminiamo da soli. Colui che accetta di “donarsi come dono a tutti gli uomini" è il nostro modello e ci assicura il suo aiuto perché possiamo perseverare nel servizio agli altri anche in mezzo alle prove. Se è l’amore quello che dà senso alla vita, non c’è un altro modo di vivere con senso se non attraverso un servizio umile e generoso agli altri come una forma concreta dell’amare. Questa è anche una identificazione con Colui che “morto e risorto per noi, si offre alla nostra libertà e la provoca a cercare, scoprire e annunciare questo senso vero e pieno”.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

 

 

 

 

 

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