sexta-feira, 24 de dezembro de 2021

EGLI È UNO DI NOI

 

Riflessione a partire da Is 52, 7-10; Hb 1, 1-6; Gv 1, 1-18



 

    Stiamo vivendo un tempo di gioia e di ringraziamento, il Natale del Signore. Tutto sembra avere più colori, più luce e più significato, nonostante la sfida di questo nostro tempo pandemico. Ma il clima che ci fa vivere il natale ci aiuta a superare tutto questo, perché Dio è con noi. Egli è diventato uomo incarnando la nostra realtà affinché possiamo diventare divini incarnando la sua identità. Il messaggio della nascita di Gesù è un messaggio di grande gioia per tutti, perché il Salvatore è nato per tutti. Rallegriamoci perché Dio ci porta la salvezza dimorando in mezzo a noi!

    La salvezza è opera di Dio, ma si realizza nel mondo con la partecipazione umana. Maria e Giuseppe sono il nostro esempio concreto. Attraverso la semplicità dell'evento e delle persone coinvolte, Dio ci mostra il suo modo di agire per compiere la grande opera della salvezza. Questo ci fa ricordare un proverbio africano che dice: “Persone umili, facendo cose semplici ed in piccoli posti sono in grado di cambiare il mondo”. I grandi cambiamenti di cui la nostra società ha bisogno devono accadere nel cuore di ogni persona. La nuova società accadrà quando tutti prenderemo coscienza della necessità di cambiare noi stessi, piuttosto che cercare di cambiare gli altri.

    Nella prima lettura, dopo l'esperienza dell’esilio il popolo d'Israele vive un tempo di rinnovamento e riscopre la propria vocazione come popolo di Dio. Il senso della sua vocazione non è usare vendetta contro i nemici, ma proclamare una buona notizia, che è messaggio di pace, di gioia, di salvezza. Trattasi di un messaggio di incoraggiamento e di speranza che deve raggiungere tutti affinché tutti i popoli possano fare esperienza della salvezza. Come nuovo popolo di Dio, noi siamo gli eredi di questo messaggio, cioè, proclamare la salvezza di Dio in Gesù Cristo.  

    Tutto ciò che Dio ha fatto nella nostra vita deve essere proclamato. “La gioia che è risultato di questa sua azione non sarà piena per noi se non la proclamiamo agli altri”. Questo movimento inizia in Dio stesso, che è il Dio della parola. Ha creato tutte le cose e le sostiene con la potenza della sua parola. Così, la seconda lettura testimonia che egli dopo aver parlato nel passato tramite i nostri antenati, parla oggi e continua a parlare perché la parola è stata sempre con lui. Questa Parola è Gesù Cristo, il mediatore della nuova ed eterna alleanza per il quale siamo stati salvati.

    "La parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Il Figlio di Dio, la sua Parola eterna, è la ragione di tutto ciò che fu creato. Questa Parola si fece carne nel grembo della Vergine Maria, rivelando il vero volto di Dio: quello di un Padre pieno di misericordia e compassione. Egli è la misericordia che si lascia trovare e toccare, portando una nuova proposta di vita. Ma non basta riconoscere la misericordia di Dio in Gesù; è anche necessario permettere di essere toccati da questa misericordia e plasmati dal suo messaggio di amore e di pace.

    In Gesù, Dio è uno di noi. Il Figlio di Dio si è abbassato al nostro livello per elevarci al suo, quello di figlio di Dio. Infatti la sua nascita ha fatto diventare tutti gli uomini una sola famiglia. Nel Figlio fatto uomo siamo diventati figli di Dio, come ci dice Sant’Agostino: “Avendo un Figlio unigenito, Dio l’ha fatto figlio dell’uomo, e così viceversa ha reso il figlio dell’uomo figlio di Dio”. Non fu facile accogliere Gesù allora e non lo è in questi nostri giorni, perché viene nel silenzio, nel quotidiano ordinario delle persone, cioè senza eventi straordinari: è necessario prestare attenzione, fare silenzio ed ascoltare. Egli è il Dio del quotidiano e ci chiama all’essenziale.

    Anche se viviamo in una società consumista, che impedisce la nostra attenzione all’essenziale nella nostra vita, dobbiamo essere attenti, il Natale non è consumismo. È la festa della rivelazione del mistero dell'amore di Dio che fa diventare il cuore umano dimora di valori veri. Dio ci ama liberamente e generosamente, senza meriti da parte nostra. Questa esperienza ci porta a fare lo stesso; così il Natale sarà più di un periodo nell’anno. Sarà sempre Natale, se impariamo ad amare veramente offrendo del nostro meglio in vista di una società più giusta e fraterna per il bene di tutti.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 11 de dezembro de 2021

IL SIGNORE È CON NOI

 

Riflessione a partire da Sof 3, 14-17; Fil 4, 4-7; Lc 3, 10-18



“Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele!”; “Fratelli, siate sempre lieti nel Signore!” Come si vede, il tema centrale di questa liturgia è la gioia. Infatti, questa domenica è chiamata domenica della gioia. Anche se non è ancora Natale, questi brani intendono anticipare nel nostro cuore il clima che vivremo fra poco.

Sofonia afferma che abbiamo più motivi per la gioia che per la tristezza poiché il Signore è Salvatore in mezzo a noi e ci rinnova con il suo amore. Secondo San Paolo la gioia è il nostro distintivo perché il Signore è vicino a noi sempre. Davanti a situazioni che ci fanno paura e portano scoraggiamento la nostra risposta deve essere la preghiera fervorosa e la carità ardente.

La buona notizia di Gesù inizia con l’attività di Giovanni Battista, il più grande dei profeti, lo dirà lo stesso Gesù. Però la sua vera grandezza si è dimostrata nel riconoscere la grandezza del Signore, considerando sé stesso come soltanto una voce che grida nel e dal deserto preparando la strada a colui che deve venire. Tramite il gesto del battesimo egli motivava la gente all’incontro con la misericordia di Dio che è accessibile a tutti perché il Signore vuole salvare tutti.

Il predicatore Giovanni ha raggiunto grande credibilità tra alla gente, a tal punto che molti venivano a trovarlo, ma la ragione di tanta credibilità non erano solamente le sue parole, ma anche la sua umiltà e il suo stile di vita semplice. Anche se non ci fossero state le sue parole, la sua vita era già un vero annuncio della nuova realtà che Gesù ci ha portato. Come Giovanni anche noi possiamo fare la differenza nella vita di molte persone. Ma non c’è profezia senza ‘esperienza di deserto’, cioè, della Parola di Dio che poi si traduce in condivisione, solidarietà, giustizia.

Questa è la risposta alla domanda: “e noi, che cosa dobbiamo fare?”  è la Parola stessa che ci dice cosa fare. Non possiamo restare indifferenti, facendo finta che non abbia niente a che fare con noi. Dopo aver ascoltato la Parola attraverso la bocca di Pietro le folle diranno: “Uomini, che cosa dobbiamo fare?” è la Parola che fa ardere il cuore e provoca il desiderio di conversione. Solo se la nostra vita è cambiata dalla Parola possiamo essere testimoni credibili di una buona notizia poiché la testimonianza di vita è più efficace delle parole. In questo senso Giovanni Battista è un modello stupendo perché “vive prima su se stesso quello che consiglia agli altri”.

Giovanni era così credibile da essere ritenuto il Cristo. Potendo approfittare della situazione in suo favore, non l’ha fatto. Egli trovava senso nell’annunciare un altro più grande di lui, viveva per questo. San Paolo dirà più tardi: “Per me, il vivere è Cristo”. Riguardo alla riservatezza e sincerità di Giovanni, ci consiglia Sant’Agostino: “Prendete esempio dal Battista che, scambiato per il Cristo, dice di non essere colui che gli altri credono sia… si guarda bene dallo sfruttare l’errore degli altri ai fini di una sua affermazione personale… riconoscendo semplicemente quello che era”.

Ecco come dobbiamo preparare le vie del Signore: essere autentici e sinceri come Giovanni, consapevoli della nostra vera identità, per non occupare nella vita delle persone il posto che appartiene a Cristo. Come Giovanni, cerchiamo di essere solo la voce che serve come veicolo perché la Parola raggiunga il cuore degli altri. E per arrivare a questo abbiamo bisogno di essere cambiati dalla Parola in modo da diventare veri e gioiosi testimoni di essa. Solo chi vive un percorso serio di conversione personale è in grado di contribuire alla conversione degli altri. Allora, che cosa dobbiamo fare? Lo stile di vita semplice e distaccato del Battista è la risposta. Seguiamolo!


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 4 de dezembro de 2021

LA SALVEZZA ALLA PORTATA DI TUTTI

 

Riflessione a partire da Bar 5, 1-9; Fil 1, 3-6, 8-11; Lc 3, 1-6


 

    La liturgia di questa domenica ci invita ancora ad accogliere il Signore che viene a portarci la salvezza. Dobbiamo prepararci bene per poter ricevere il Messia in qualsiasi momento. L'Avvento ci aiuta a renderci conto che per una vera preparazione dobbiamo cambiare il nostro cuore. Nella prima lettura, le parole del profeta Baruc motivano il popolo esiliato in Babilonia e proclamano la liberazione che sta per arrivare. Dopo la sofferenza provata durante questo periodo potranno tornare a casa, a Gerusalemme, con grande gioia perché Dio si è ricordato di loro e li conduce alla luce della sua gloria. Questa realtà prefigura la nostra salvezza in Cristo. Nella seconda lettura, Paolo riconosce con gioia la carità e fratellanza dei Filippesi che molto ha concorso alla diffusione del vangelo accolto da essi con entusiasmo e prontezza. È per mezzo di Cristo e del suo vangelo che i Filippesi e i cristiani di ogni tempo possono generare buoni frutti a gloria di Dio.

    Il Vangelo parla di Giovanni Battista raggiunto dalla Parola di Dio nel deserto. Nella Bibbia il deserto è un luogo speciale per l'esperienza di Dio e della sua Parola. In quel luogo molte persone scelte dal Signore si prepararono per assumere la loro missione secondo la volontà di colui che li aveva chiamati. Giovanni Battista è una di queste persone. Lui è l'ultimo e il più grande dei profeti. Nel suo testo Luca menziona eventi storici, capi politici e religiosi per darci una precisazione del contesto di allora e per mostrare che per mezzo del suo messaggero, Dio entra nella vita concreta delle persone coinvolgendosi nella loro quotidianità e offrendo la sua misericordia.

    Dio non parla direttamente ma attraverso gli eventi della storia umana. Ci colpisce il fatto che anche se vengono citati nomi di persone importanti e nobili del popolo, Dio non va al palazzo né rivolge la sua Parola a quei capi; va, piuttosto, nel deserto, da uno sconosciuto, uno che non conta tanto per quella società. Non interessa a Dio quelli che dominano e pensano di aver il destino delle persone nelle loro mani. Ciò che richiama l’attenzione di Dio è l’atteggiamento di ascolto alla sua Parola e la disposizione per fare la sua volontà. Nella sua esperienza di deserto Giovanni ha fatto spazio nella sua vita alla Parola e, per questo è stato raggiunto da essa. “Una persona può raggiungere il cuore delle altre solo quando la Parola ha raggiunto il proprio cuore”, afferma Raniero Cantalamessa.  

    La venuta di Giovanni segue il piano di Dio che ha un tempo giusto per ogni cosa. La sua Parola trasforma la vita di Giovanni in uno strumento di salvezza. Siccome Giovanni è un ponte tra l'Antico e il Nuovo Testamento, la sua opera annuncia l’inizio dei tempi messianici. Lui è soltanto una voce che prepara le vie per la Parola; ha vissuto per questo. La voce è intimamente legata alla Parola: “senza la Parola la voce non ha contenuto e senza la voce la Parola non ha suono”. Giovanni preparò la gente per ricevere il Messia mediante un battesimo di conversione. Attraverso questo segno annunciava la misericordia di Dio che è accessibile a tutti perché è disegno di Dio che la sua salvezza giunga a tutti: “Ogni essere umano vedrà la salvezza di Dio!” Quindi, il segno di Giovanni prefigura il passaggio dal peccato e dalla morte alla grazia e alla vita nuova offerta dal Messia Gesù.

    Il battesimo di Giovanni è diverso dal nostro battesimo, ma entrambi sono un'opportunità per vivere una nuova vita e richiedono un atteggiamento interiore di conversione. Per noi la vita nuova è dono di Cristo e frutto della sua missione. Il battesimo cristiano garantisce la partecipazione alla vita di Dio stesso; si tratta di un segno esterno ma che indica una trasformazione interiore da una vita di peccato e di morte alla vita nuova della Grazia. Ci sono ancora ostacoli da superare nella nostra vita affinché possiamo assumere in profondità questa realtà, vivendo in un modo nuovo la nostra relazione con Dio e con gli altri.  Portando l’esempio di Giovanni, l'Avvento ci propone di occuparci dell’essenziale, vivendo la nostra quotidianità nella semplicità, aperti e disponibili ai piani di Dio sulla nostra vita per diventare anche noi strumenti della sua misericordia, della sua salvezza.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 27 de novembro de 2021

ALZARE IL CAPO E IMPEGNARSI NELLA VITA

 

Riflessione a partire da Lc 21, 25-28. 34-36



 

    Abbiamo iniziato un nuovo periodo nella liturgia della Chiesa chiamato Avvento. Questo Tempo di Avvento rafforza la nostra speranza nell’attesa della seconda venuta del Signore alla fine dei tempi, ma anche ricorda la sua prima venuta preparandoci per celebrare la sua nascita nel Natale. La liturgia di questo periodo è un invito a vigilare affinché possiamo riconoscere ed accogliere i segni della presenza del Signore nella nostra vita quotidiana. È anche un invito alla gratitudine perché il Signore ci viene incontro sempre, per donarci la sua salvezza. Tutti i grandi eventi richiedono una premurosa preparazione in modo che possano essere adeguatamente celebrati. Così è il Tempo dell’Avvento riguardo il grande avvenimento della Incarnazione del Figlio di Dio nella nostra storia.

    Dopo aver predetto la distruzione del tempio e della città di Gerusalemme, Gesù usa un linguaggio simbolico per preparare il cuore dei suoi seguaci per quello che deve accadere. Lui rivela anche i segni che accompagneranno questi eventi drammatici: capovolgimento delle immagini false di Dio e del rapporto con la divinità, afflizioni, sofferenze e grande tribolazione. Questo, certamente ha spaventato i discepoli. Però Gesù continua il discorso parlando della sua venuta vittoriosa e gloriosa portando gioia e salvezza a quanti sperano in Lui. È venuto, viene sempre e verrà. Bisogna soltanto alzare il capo e fissare lo sguardo in colui che è il punto di riferimento attorno a cui tutto ruota. La Liturgia delle Ore ci ricorda: “il disegno del Padre è fare di Cristo il cuore del mondo”. Circa il giorno e l’ora della sua venuta nessuno lo sa, eccetto il Padre. Per questo è importante vigilare.

    Quello che Gesù aveva predetto infatti è avvenuto con la distruzione del tempio e della città santa nell’anno 70 e le costanti persecuzioni ai suoi discepoli. Loro sono stati provati nella loro fede e molti hanno smesso di credere e seguire Gesù. Sembrava che fossero soli in mezzo a tutto quel caos. Ma Gesù stesso aveva promesso loro la sua costante assistenza quando disse: “Io sono con voi sempre, fino alla fine dei tempi”. Queste parole sono un invito alla testimonianza fedele come mezzo di vigilanza. Hanno il compito di continuare la missione del Maestro, facendo attenzione ai segni della sua venuta, riconoscerlo ed accoglierlo. Vuole ricompensarli per la loro fedeltà.

    Questo brano ci dice che Cristo è vincitore e farà vincitori tutti coloro che lo seguono. La sua venuta porta la nascita di una nuova umanità e dà inizio a una nuova storia. Ma per essere coinvolti in questa novità bisogna che accada uno sconvolgimento fuori e dentro di noi. Quando tutto sembra non aver senso nella nostra vita, quando tutto sembra crollare a causa delle difficoltà che a volte affrontiamo e davanti alla tendenza a vivere piegati su noi stessi, Egli invita ad alzare il capo e fissare lo sguardo su di Lui, cioè a guardare oltre, ad essere realisti ma positivi.  È pertinente riprendere la domanda su cui abbiamo riflettuto qualche tempo fa: Come dovrebbero reagire i cristiani in situazioni difficili? E come aveva detto ai primi seguaci, Gesù ci assicura che le avversità fanno parte del cammino di chi Lo segue in ogni momento, ma non sono l’ultima parola e non devono togliere la nostra attenzione da quello che è essenziale nella nostra vita: la certezza della sua vicinanza attiva ed efficace accanto a noi.

    La liturgia cerca di rafforzare la nostra fede e di ravvivare la nostra speranza nell'azione salvifica di Dio, che è fedele e sempre sarà, perché questa è la sua identità. Questo ci fa ricordare il passato con gratitudine, vivere il presente con fedeltà e guardare il futuro con speranza. E la speranza cristiana non parla di un “non ancora” soltanto, ma anche di un “già venuto”. È questo che ci fa camminare con entusiasmo, anche in mezzo alle difficoltà. Dopo tutto il caos saremo vittoriosi con il Signore vittorioso. Secondo un proverbio, “non c'è notte, anche se lunga, senza alba”. Pertanto, per coloro che seguono Cristo, le situazioni difficili non sono segni della fine dei tempi, ma un tempo nuovo, un tempo per vivere la nostra vocazione con più entusiasmo, gioia e speranza, per testimoniare fedelmente la presenza del Signore in mezzo a noi. Accogliamo i segni dei tempi come aiuto per riconoscere la presenza del Signore e per vivere in modo nuovo i suoi insegnamenti.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sexta-feira, 19 de novembro de 2021

O REINO DE JESUS ​​É REALMENTE PARA ESTE MUNDO

 

Reflexão a partir de Jo 18: 33-37

 


    A Igreja Católica celebra hoje a solenidade de Jesus Cristo, Rei do Universo. Esta solenidade “foi instituída por Pio XI em 1925, em período de ditaduras, e, provavelmente, na intenção do Papa, era para lembrar que todo soberano será julgado e terá que prestar contas de seus atos a Jesus Cristo Rei”. Todo poder emana de Deus, é participação em sua própria autoridade. Portanto, todo governante depende do Soberano por excelência, Jesus Cristo.

    Os evangelistas mostram que Jesus recusou o título de rei em seus momentos prodigiosos e o aceitou quando parecia derrotado, isto é, na cruz: “Ele não tinha aparência nem beleza para atrair os nossos olhares” (Is 53,2). A sua oposição a este título se deve à mentalidade política de reino, que ia contra o sentido da sua missão. O seu reino não vem deste mundo. Jesus não definiu o que é o Reino de Deus, mas disse que já está entre nós. Não pode ser visto, mas podemos experimentar sua presença especialmente através de obras para o bem dos mais necessitados. Portanto, mesmo que não seja deste mundo, é proprio para este mundo, que precia de renovação.

    O Senhor viveu a sua realeza não exercendo poder sobre os outros, mas oferecendo a sua vida até à morte, dedicando-se inteiramente aos homens: viveu a sua realeza a serviço e precisamente por causa do seu amor gratuito foi ressuscitado pelo Pai e constituido Rei do universo. Jesus é o rei que aceitou a cruz como seu trono, onde mostrou seu grande amor pelo mundo. Ele é um rei que morre amando; sentenciado, mas não derrotado; que podemos recusar, mas que nunca nos recusará. E a ressurreição é a confirmação de que tal amor nunca será em vão.

    O brano escolhido para esta Festa nos traz o contexto da paixão. Segundo Pilatos, Jesus foi entregue a ele: “O teu povo e os chefes dos sacerdotes entregaram-te a mim”. Porém, na lógica do Quarto Evangelho, ninguém tira a vida de Jesus; Ele a dá livremente. Em primeiro lugar, o Pai entrega o Filho, não para condenar o mundo, mas para salvá-lo. O Filho em plena liberdade e consciência se entrega por amor. Só assim as outras "entregas" foram possíveis: de Judas aos judeus; dos judeus a Pilatos; de Pilatos à crucificação e da crucificação ao Pai.

    Neste diálogo de Jesus com Pilatos compreendemos imediatamente a diferença de mentalidade, de reino e de realeza. Jesus está amarrado, mas totalmente livre, independente de um exército, de armas e não teme por sua vida. Pilatos, por outro lado, não está amarrado, mas rodeado de legionários, depende de armas e de seus medos. Ele entende a realeza como dominação, opressão, exploração dos outros, estar acima dos outros. Já para Jesus, realeza é dar testemunho da verdade, cuidar dos outros, dar a vida pelos outros. Jesus é um rei que se torna servo dos seus servos: “Vim para servir e não para ser servido”. Sua coroa e seu trono expressam a força do amor que motivou toda a sua vida. Por meio dele, ele viveu para os outros, pensou apenas nos outros e deu tudo sem exigir nada.

    A atitude pacífica de Jesus e a sinceridade das suas palavras revelam que tipo de pessoa ele é: o Príncipe da paz. Ele traz consigo um reino de paz no qual todos vivem como irmãos e livres. Não é um reino deste mundo porque é baseado na verdade e propõe a reconciliação entre as pessoas, enquanto os reinos deste mundo são baseados na violência, competição e opressão. Jesus disse que o reino foi confiado a nós, mas precisamos nos converter a ele. Acolher o seu Reino e a sua realeza é dar adesão livre e alegre ao seu evangelho, vivendo no hoje da nossa história a verdade e o amor que serão plenamente cumpridos na eternidade. Sobre isso,  São João Calabria dizia: “Reino de Deus aqui na terra, pelo bem que faremos e pelas almas que salvaremos; reino de Deus nos céus, pela recompensa que receberemos lá em cima, por aquele pouquinho de serviço fiel que generosamente teremos realizado nestes poucos dias de vida terrena ”.


Fr Ndega


IL REGNO DI GESÙ È PROPRIO PER QUESTO MONDO

 

Riflessione a partire da Gv 18, 33-37


 

    La Chiesa Cattolica celebra quest’oggi la solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo. Questa solennità “è stata istituita da Pio XI nel 1925, in un periodo di dittature, e, probabilmente, nell’intenzione del Papa, doveva essere un richiamo al fatto che ogni sovrano sarà giudicato e dovrà rendere conto del suo operato a Gesù Cristo Re”. Ogni potere emana da Dio, è partecipazione alla sua stessa autorità. Quindi, ogni sovrano dipende dal Sovrano per eccellenza, Gesù Cristo.

    Gli evangelisti mostrano che Gesù ha rifiutato il titolo di re nei suoi momenti prodigiosi e l’ha accettato nel momento in cui sembrava sconfitto, vale a dire, sulla croce: “Non aveva apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53, 2). La sua opposizione a questo titolo era dovuta alla mentalità politica di regno che era contro il significato della sua missione. Il suo regno non proviene da questo mondo. Gesù non ha definito cosa sia il Regno di Dio, ma ha detto che è già in mezzo a noi. Esso non può essere visto ma possiamo fare l’esperienza della sua presenza attraverso le opere per il bene dei più bisognosi. Quindi, anche se non è da questo mondo, è proprio per questo mondo che ha bisogno di cambiamento.

    Il Signore ha vissuto la sua regalità non esercitando il potere sugli altri, ma offrendo la sua vita fino alla morte, spendendo tutto se stesso per gli uomini: la sua regalità l’ha vissuta nel servizio e proprio per il suo amore gratuito è stato risuscitato dal Padre e costituito Re dell’universo. Gesù è il re che ha accettato la croce come suo trono dove ha mostrato il suo grande amore per il mondo. È un re che muore amando; giustiziato, ma non vinto; che noi possiamo rifiutare, ma che non ci rifiuterà mai. E la risurrezione è la conferma che un amore così non andrà mai perduto.

Il brano scelto per questa festa ci inserisce nel contesto della passione. Secondo Pilato, Gesù gli è stato consegnato: “La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me”. Però, nella logica del Quarto Vangelo, nessuno prende la vita di Gesù; Egli la dona liberamente. Prima di tutto, il Padre consegna il Figlio, non per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato. Il Figlio in piena libertà e consapevolezza consegna sé stesso per amore. Solo così sono state possibili le altre “consegne”: da Giuda ai Giudei; dai giudei a Pilato; da Pilato alla crocefissione e da essa al Padre. 

In questo dialogo di Gesù con Pilato capiamo subito la differenza di mentalità, di regno e di regalità. Gesù è legato ma totalmente libero, indipendente da esercito, da armi e non teme per la propria vita. Pilato invece, non è legato ma è circondato da legionari, dipende dalle armi e dalle sue paure. Lui intende la regalità come dominio, oppressione, sfruttamento degli altri, essere sopra gli altri. Per Gesù invece, regalità è dare testimonianza alla verità, prendersi cura degli altri, donare la vita per gli altri. Gesù è un re che si fa servitore dei suoi: “sono venuto per servire e non per essere servito”. La sua corona e il suo trono esprimono la potenza dell’amore che ha motivato tutta la sua vita. Attraverso di esso, ha vissuto per gli altri, pensato solo agli altri e donato tutto senza prende niente.

L’atteggiamento pacifico di Gesù e la sincerità delle sue parole rivelano il tipo di persona che è: il Principe della pace. Egli porta con sé un regno di pace in cui tutti vivono da fratelli e liberi. Non è un regno di questo mondo perché si fonda sulla verità e propone la riconciliazione tra le persone, mentre i regni di questo mondo si fondano sulla violenza, sulla competizione e sull’oppressione. Gesù ha detto che il regno ci è stato affidato ma bisogna che ci convertiamo ad esso. Accogliere il suo Regno e la sua regalità è dare libera e gioiosa adesione al suo vangelo vivendo nell’oggi della nostra storia la verità e l’amore che si compiranno pienamente nell’eternità. Riguardo a questo, diceva don Calabria: “Regno di Dio qui in terra, per il bene che faremo e per le anime che salveremo; regno di Dio in Cielo, per il premio e la ricompensa che riceveremo lassù, per quel po’ di servizio fedele che avremo generosamente compiuto in questi quattro giorni di vita terrena”.  


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sexta-feira, 12 de novembro de 2021

LA RESPUESTA CRISTIANA EN TIEMPOS DE CRISIS.

 

Reflexión a partir de Daniel 12, 1-3; Heb 10, 11-14; Mc 13, 24 – 32



 

Al inicio de esta reflexión, queremos hacernos una pregunta: ¿Cómo se deben comportar los cristianos en los momentos difíciles y delante de las incertezas de nuestro tiempo? Somos un pueblo de esperanza, porque la vida de quien sigue a Jesucristo está llena de sentido. El mensaje de esta liturgia es un buen motivo por el que podemos vivir nuestra vocación con alegría, dando razones de nuestra esperanza, por la fe en Cristo. La certeza de su proximidad es nuestra fuerza. Recordando el Día mundial de los Pobres, busquemos ser fraternos y solidarios, pensando más en los otros que en nosotros mismos. Según el Papa Francisco, “ la pobreza no es fruto del destino, sino consecuencia del egoísmo”. En este sentido, nadie puede decir: “esa realidad no tiene nada que ver conmigo”.

El texto del profeta Daniel es uno de los textos del Antiguo Testamento que hablan de la fe en la resurrección (ver también 2 Macabeos 7, 9 ). Esa profecía surgió en una época en la que el pueblo de Israel estaba sobre el dominio griego y sufría mucho.  Muchos de ellos dejaron de creer en el Dios de sus padres y aquellos que buscaban mantener la fe necesitaban de un mensaje de esperanza para continuar su camino. Dios está siempre presente en medio de su pueblo, motivándolo cuando tiene que entrar en situaciones difíciles. La resurrección prometida es realizada como la resurrección de su Hijo de entre los muertos, como la primicia de una multitud de hermanos y hermanas.

La carta a los Hebreos enfatiza en que el sacrificio de Cristo superó todos los sacrificios que los sacerdotes hacía en el Antiguo Testamento. Los sacrificios que ofrecían no tenían fuerza para remover los pecados de las personas, o sea, eran ineficaces. En relación a Cristo, él se ofrece de una vez para siempre y por eso mismo su oferta fue capaz de purificarnos de los pecados y dar origen a una nueva humanidad. En cada misa celebramos el misterio de este sacrificio único, renovando nuestra adhesión a la vida que él ofrece, para nuestra salvación y la de todos. La parte que cabe a Cristo es garantizar nuestra salvación, nos queda a nosotros recibirla y ser instrumento de ella.

Al inicio del décimo tercer capitulo del Evangelio de Marcos, Jesús anuncia la destrucción de Jerusalén. Esta revelación motivó a algunos de sus discípulos a preguntarle sobre las señales, o día y hora de ese dramático acontecimiento. Jesús aprovechó la ocasión para revelarles otras cosas que deben suceder en relación a la historia y a la misión de la comunidad que él fundó. Él debe volver una segunda vez para llevar la creación a la plenitud, reuniendo alrededor suyo a todos los hijos de Dios dispersos por el mundo entero. Así se cumple el designio del Padre: hacer de Cristo el corazón del mundo”.

Delante de la gloriosa manifestación de Cristo resucitado, Hijo del hombre, “los poderes de los cielos serán derrotados”, o sea, el sol, la luna, reconocidos como dioses por las culturas antiguas, perderán el brillo. Los poderosos de este mundo que atribuyen a sí mismos honras divinas (por eso estrella del cielo), sometiendo a los pueblos y condenando a los pobres a la marginación los sistemas, también ellos caerán. La mirada de todos se volverá para el Victorioso Hijo del Hombre, centro y juez de la historia. Él trae consigo el nacimiento de una nueva humanidad y, por lo tanto, el inicio de una nueva historia. Sobre el día y la hora de toda esa reversión, nadie sabe, a penas el Padre.

Aunque la destrucción de la ciudad de Jerusalén haya ocurrido en el año 70 d. C, la intención de Jesús no era dar informaciones sobre este evento, sino sobre las consecuencias de él y de otros para la vida de sus seguidores. Debemos considerar que cuando Marcos escribió su Evangelio, la comunidad Cristiana estaba pasando por un período de crisis por una causa de las persecuciones interrumpida, que causaron la muerte de algunos de sus miembros ( los mártires) y que llevaron a los otros a renunciar a su identidad, la de los seguidores de Jesús. Realmente parecía el fin del mundo. Los que perseveran se preguntarán: ¿qué significa todo eso? Recordar las enseñanzas de Jesús fue fundamental para retomar lo que dio real sentido a la vida de ellos, conscientes que Jesús es la referencia para todo, entonces la vida y la historia no caminan para un fin, sino para una verdadera finalidad: lo propio de Jesucristo.

Jesús es vencedor sobre el pecado y la muerte y hará vencedores a todos los que lo siguen. En su vida en el fin de los tiempos, quiere encontrarnos “pacientes y vigilantes”, fieles a sus enseñanzas, para compartir con él su misma alegría. Su Palabra nos dice que las tentaciones y dificultades acompañan nuestra condición de cristianos, pero también nos garantiza la proximidad del Señor: “sabía que él está cerce, está a las puertas” él sólo quiere ser reconocido y bien recibido, conscientes de que estamos en sus manos y por lo tanto en buenas manos. Nada escapa a su mirar. Todo está orientado según su plan de sabiduría y bondad (San Juan Calabria).

Entonces, de nuestra parte, confiemos en aquel que está conduciendo la historia. Fuimos invitados a caminar la misión de su Hijo Jesús y debemos estar atentos a las señales de su presencia a nuestro lado. Para que él sea verdaderamente soberano en nuestra vida, muchos faltos ídolos deben perder el esplendor, por ejemplo, los falsos valores y falsas imágenes de Dios que cultivamos, el fruto de nuestros miedos, la mentalidad y el comportamiento contrario a las enseñanzas del Evangelio, etc. ¡Basta de hipocresía! ¡Basta de mediocridad! Existe una esperanza para su futuro. Vive esto, proclama esto. Vivamos nuestra vocación con alegría y entusiasmo y todo será bello para nosotros y para los demás.


Fr Ndega

Traduzione: Nomade de Dios

 

quinta-feira, 11 de novembro de 2021

A RESPOSTA CRISTÃ EM TEMPOS DE CRISE

 

Reflexão a partir de Dan 12, 1-3; Hb 10, 11-14; Mc 13, 24-32

 


    No início desta reflexão, queremos nos colocar uma pergunta: “Como os cristãos devem se comportar nos momentos difíceis e diante das incertezas do nosso tempo? Somos um povo de esperança, porque a vida de quem segue Jesus Cristo é cheia de sentido. A mensagem desta liturgia é um bom motivo pelo qual podemos viver a nossa vocação com alegria, dando razões da nossa esperança pela fé em Cristo. A certeza da sua proximidade é a nossa força. Lembrando o Dia Mundial dos Pobres, procuremos ser fraternos e solidários, pensando mais nos outros do que em nós mesmos. Segundo o Papa Francisco, “A pobreza não é fruto do destino, mas conseqüência do egoísmo”. Nesse sentido, ninguém pode dizer: “Essa realidade não tem nada a ver comigo”.  

    O texto do profeta Daniel é um dos textos do Antigo Testamento que falam da fé na ressurreição (ver também 2 Mac 7, 9). Essa profecia surgiu numa época em que o povo de Israel estava sob o domínio grego e sofria muito. Muitos deles cessaram de crer no Deus de seus pais e aqueles que buscavam manter a fé precisavam de uma mensagem de esperança para continuar a caminhada deles. Deus está sempre presente no meio do seu povo, motivando-o quando tem de enfrentar situações difíceis. A ressurreição prometida é realizada com a ressurreição de seu Filho dentre os mortos, como os primicia de uma multidão de irmãos e irmãs.

    A carta aos Hebreus enfatiza que o sacrifício de Cristo superou todos os sacrifícios que os sacerdotes faziam no Antigo Testamento. Os sacrifícios que ofereciam não tinham força para remover os pecados das pessoas, ou seja, eram ineficazes. Quanto a Cristo, ele se ofereceu de uma vez por todas e por isso mesmo a sua oferta foi capaz de nos purificar dos pecados e dar origem a uma nova humanidade. Em cada missa celebramos o mistério deste sacrifício único, renovando a nossa adesão à vida que ele oferece, para a salvação nossa e de todos. A parte que cabe a Cristo é garantir nossa salvação; cabe a nós acolhê-la e ser instrumentos dela.

    No início do décimo terceiro capítulo do Evangelho de Marcos, Jesus anuncia a destruição de Jerusalém. Esta revelação motivou alguns de seus discípulos a perguntarem sobre os sinais, o dia e a hora deste dramático acontecimento. Jesus aproveitou a ocasião para revelar-lhes outras coisas que devem acontecer em relação à história e à missão da comunidade que ele fundou. Ele deve retornar uma segunda vez para levar a criação à plenitude, reunindo em torno a si todos os filhos de Deus dispersos pelo mundo inteiro. Assim, «se cumpre o desígnio do Pai: fazer de Cristo o coração do mundo».

    Diante da gloriosa manifestação de Cristo ressuscitado, Filho do homem, "os poderes dos céus serão abalados", ou seja, o sol, a lua, reconhecidos como deuses pelas culturas antigas, perderão o brilho. Os poderosos deste mundo que atribuem a si próprios honras divinas (por isso "estrelas do céu") submetendo os povos e condenando os pobres à marginalização com os seus sistemas, também eles cairão. O olhar de todos se voltará para o vitorioso Filho do Homem, centro e juiz da história. Ele traz consigo o nascimento de uma nova humanidade e, portanto, o início de uma nova história. Sobre o dia e a hora de toda essa reversão, ninguém sabe; apenas o Pai.

    Embora a destruição da cidade de Jerusalém tenha ocorrido no ano 70 DC, a intenção de Jesus não era dar informações sobre este evento, mas sobre as consequências dele e de outros, para a vida de seus seguidores. Devemos considerar que quando Marcos escreveu seu Evangelho, a comunidade cristã estava passando por um período de crise por causa das perseguições ininterruptas, que causaram a morte de alguns de seus membros (os mártires) e que levaram outros a renunciarem à sua identidade de seguidores de Jesus. Realmente parecia o fim do mundo. Os que perseveraram se perguntaram: "O que significa tudo isso?". Relembrar os ensinamentos de Jesus foi fundamental para retomar o que deu real sentido à vida deles, conscientes de que se Jesus é a referência para tudo, então a vida e a história não caminham para um fim, mas para uma verdadeira finalidade: o próprio Jesus Cristo.

    Jesus é vencedor sobre o pecado e a morte e fará vencedores todos os que o seguem. Na sua vinda no fim dos tempos (cumprimento dos tempos), quer encontrar-nos «pacientes e vigilantes», fiéis aos seus ensinamentos, para partilhar com ele a sua mesma alegria. Sua Palavra nos diz que provações e dificuldades acompanham nossa condição de cristãos, mas também nos garante a proximidade do Senhor: "Saiba que Ele está perto, está às portas!" Ele só quer ser reconhecido e bem acolhido. Como nem sempre conseguimos compreender os acontecimentos que nos rodeiam, devemos ter fé no Pai, conscientes de que “estamos nas suas mãos e, portanto, em boas mãos. Nada escapa do seu olhar. Tudo é orientado segundo o seu plano de sabedoria e de bondade ”(São João Calabria).

     Então, da nossa parte, confiemos naquele que está conduzindo a história. Fomos convidados a continuar a missão de seu Filho Jesus e devemos estar atentos aos sinais de sua presença ao nosso lado. Para que ele seja verdadeiramente Soberano em nossa vida, muitos falsos ídolos devem perder o esplendor, por exemplo, os falsos valores e falsas imagens de Deus que cultivamos, o fruto de nossos medos, a mentalidade e o comportamento contrário aos ensinamentos do Evangelho, etc. Chega de hipocrisia! Chega de mediocridade! Existe uma esperança para o teu futuro! Vive isso, proclama isso! Vivamos a nossa vocação com alegria e entusiasmo e tudo será belo para nós e para os demais!


Fr Ndega

LA RISPOSTA CRISTIANA IN TEMPI DI CRISI

 

Riflessione a partire da Dan 12, 1-3; Eb 10, 11-14; Mc 13, 24-32

 


    All’inizio di questa riflessione ci poniamo una domanda: “Come devono comportarsi i cristiani nei momenti difficili e davanti alle incertezze di questo nostro tempo? Siamo un popolo di speranza, perché la vita di chi segue Cristo è piena di senso. Il messaggio di questa liturgia è un buon motivo perché possiamo vivere la nostra vocazione con gioia, dando ragione della nostra speranza tramite la fede in Cristo. La certezza della sua vicinanza è la nostra forza. Ricordando la Giornata Mondiale dei Poveri, cerchiamo di essere fraterni e solidali, pensando più agli altri che a noi stessi. Secondo Papa Francesco, “la povertà non è frutto del destino ma conseguenza dell’egoismo”. In questo senso nessuno può dire: “Questa realtà non ha nulla a che fare con me”.  

    Il brano del profeta Daniele è uno dei testi dell’Antico Testamento che parlano di fede nella risurrezione (vedi anche 2 Mac 7, 9). Questa profezia è sorta in un periodo in cui il popolo di Israele era sotto il dominio greco e soffriva molto. Molti di loro avevano smesso di credere nel Dio dei padri e coloro che cercavano di mantenere la fede avevano bisogno di un messaggio di speranza per continuare il loro cammino. Dio è sempre presente in mezzo al suo popolo e lo motiva quando deve affrontare delle situazioni difficili. La risurrezione promessa viene compiuta con la risurrezione di suo Figlio dai morti, come primizia di una moltitudine di fratelli e sorelle che credono in Lui.   

    La lettera agli Ebrei sottolinea che il sacrificio di Cristo ha superato tutti i sacrifici che i sacerdoti compivano nell’Antico Testamento. I sacrifici che offrivano non avevano la forza per rimuovere i peccati della gente, cioè erano inefficaci. Riguardo Cristo, Egli ha offerto se stesso una volta per tutte e proprio per questo la sua offerta è stata in grado di purificarci dai peccati e fare sorgere una umanità nuova. In ogni messa celebriamo il mistero di questo unico sacrificio rinnovando la nostra adesione alla vita che esso offre, per la nostra salvezza e per tutti.  Quello che tocca a Cristo è assicurarci la salvezza; a noi tocca accoglierla e essere strumenti di essa.

    All’inizio del capitolo tredicesimo del vangelo di Marco Gesù annuncia la distruzione di Gerusalemme. Questa rivelazione ha motivato alcuni dei suoi discepoli a chiedere, riguardo i segni, il giorno e l’ora di questo drammatico avvenimento. Gesù ha usato questa opportunità per rivelare loro altre cose che devono accadere per quanto riguarda la storia e la missione della comunità da lui fondata. Lui deve tornare una seconda volta per portare la creazione alla pienezza radunando tutti i popoli intorno a sé. Così “si compie il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo”.

    Davanti alla manifestazione gloriosa del Cristo risorto, Figlio dell’uomo, “i poteri dei cieli saranno sconvolti”, cioè, il sole, la luna, riconosciuti come dei dalle culture antiche, perderanno il loro splendore. I potenti di questo mondo che attribuiscono a sé onori divini (per questo “stelle del cielo”) assoggettando i popoli e che con i loro sistemi ingiusti condannano i poveri alla marginalità, anche loro cadranno. Lo sguardo di tutti si volgerà al Figlio dell’uomo vincitore, centro e giudice della storia. Egli porta con sé la nascita di una nuova umanità e quindi l’inizio di una nuova storia. Riguardo il giorno e l’ora di tutto questo capovolgimento, nessuno lo sa; soltanto il Padre.

    Anche se la distruzione della città di Gerusalemme è avvenuta nell’anno 70 D.C., l’intenzione di Gesù non era dare informazioni su questo evento ma sulle conseguenze di esso e di altri, per la vita dei suoi seguaci. Dobbiamo considerare che quando Marco ha scritto il suo vangelo, la comunità cristiana viveva un periodo di crisi a motivo delle ininterrotte persecuzioni, che causavano la morte di alcuni suoi membri (i martiri) e che portavano altri a rinunciare alla loro identità di seguaci di Gesù. Davvero sembrava la fine del mondo. Coloro che perseveravano si domandavano: “Cosa vuol dire tutto questo?”. Il ricordo degli insegnamenti di Gesù è stato fondamentale per una ripresa di quello che dava vero senso alla loro vita, consapevoli che se Gesù è il punto di riferimento di tutto, allora, la vita e la storia non camminano per una fine ma per un vero fine: Gesù stesso.

    Gesù è vincitore del peccato e della morte e farà vincitori tutti coloro che lo seguono. Alla sua venuta alla fine dei tempi (adempimento dei tempi) vuol trovarci “pazienti e vigilanti”, fedeli ai suoi insegnamenti per condividere con lui la sua stessa gioia. La sua Parola ci dice che le prove e difficoltà accompagnano la nostra condizione di cristiani, però ci assicura anche la vicinanza del Signore: “Sappiate che Egli è vicino, è alle porte!” Vuole soltanto essere riconosciuto e accolto. Siccome non sempre riusciamo a capire gli avvenimenti attorno a noi, dobbiamo avere fiducia nel Padre, consapevoli che “siamo nelle sue mani e, quindi, in buone mani. Nulla sfugge dal suo sguardo. Tutto è orientato secondo un piano suo di saggezza e bontà” (San Giovanni Calabria).

    Quindi, dalla nostra parte, fiducia in colui che sta conducendo la storia. Siamo stati invitati a continuare la missione di suo Figlio Gesù e dobbiamo essere attenti ai segni della sua presenza accanto a noi. Perché lui sia davvero Sovrano nella nostra vita, molti falsi idoli devono perdere il loro splendore, ad esempio, i falsi valori e le false immagini di Dio che coltiviamo, frutto delle nostre paure, la mentalità e i comportamenti contrari agli insegnamenti del Vangelo, ecc. Basta ipocrisia! Basta mediocrità! Hai una speranza per il tuo futuro! Vivi questo, proclama questo! Viviamo con gioia ed entusiasmo la nostra vocazione e tutto sarà bello per noi e per gli altri!


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

JIBU LA KIKRISTO KATIKA WAKATI WA MGOGORO

 

Kutafakari kuhusu Dan 12: 1-3; Waeb 10: 11-14; Mk 13: 24-32

 


Tuanze tafakari hii tukijiuliza swali moja: “Je, Wakristo wanapaswa kuwa na tabia gani wakati wa mazingira magumu na mbele ya kosa la uhakika lililo tabia ya wakati huu wetu? Sisi tu watu wa tumaini kwa sababu maisha ya mtu anayemfuata Yesu yamejaa maana. Basi, ujumbe wa liturgia hii ni msukumo kwetu tulioalikwa kutoa maana za tumaini letu kupitia imani yetu katika Kristo. Uhakika wa ukaribu wake ndiyo nguvu yetu. Tukikumbuka kwamba leo ndiyo Siku ya Maskini Duniani, tujaribu kuwa kidugu na wenye mshikamano, tukiwafikiria wengine kuliko sisi wenyewe. Kulingana na Papa Francis, "umaskini si tunda la hatima bali ni matokeo ya ubinafsi". Hivyo, hakuna mtu anayeweza kusema: "Hali hii haina uhusiano wowote nami”.     

Somo la nabii Danieli ni mojawapo kati ya maandiko ya Agano la Kale yanayoongelea imani katika ufufuko (angalia pia 2 Mac 7, 9). Watu wa Israeli walitumwa na Wagiriki na kuteseka sana. Wengi miongoni mwao walishindwa kumwamini Mungu, lakini wengine ambao waliendelea kumwamini walihitaji ujumbe wa tumaini na kutia moyo ili kuendelea safari yao kwa uvumilivu. Mungu ndipo daima kati ya watu wake na kuwasaidia mbele ya mazingira magumu ambayo wanakabiliana. Ufufuo ulioahidiwa ulitimizwa kwa ufufuo wa Mwana wake kutoka kwa wafu, kama wa kwanza ya wengi wa ndugu na dada.

Kulingana na somo la pili toleo la Kristo lilishinda dhabihu zote za makuhani wa Agano la Kale. Dhabihu zao zilitendeka mara nyingi bila nguvu ya kuondoa dhambi za watu, yaani zilikosa ufanisi. Kwa upande wa Kristo, hali ni tofauti. Toleo lake lilitendeka mara moja tu nayo ilitosha kwa kuwatakasa watu wote katika nyakati zote kwa sababu alijitolea mwenyewe. Katika kila misa takatifu tunasherehekea fumbo la toleo hili. Ndiye Kristo mwenyewe ambaye anatuhusisha katika mwendo huu kwa ajili ya wokovu wetu na wa wengine.

    Mwanzoni mwa sura ya kumi na tatu ya injili hii ya Marko Yesu aliongelea uharibifu wa Yerusalemu. Ufunuo huu uliwaimarisha wanafunzi wake wamwulize kuhusu ishara gani na siku na saa gani ya uharibifu huu. Kisha, Yesu alitumia nafasi hii ili kuongelea mambo mengi yatakayotokea kuhusu historia na kuhusu utume wa jumuyia ya wanafunzi iliwekwa naye. Yeye Atarudi tena mara ya pili kwa ajili ya ukamilifu wa uumbaji na kuwakusanya mataifa yote karibu naye. Hivyo, “mpago wa Mungu unatimiza: kufanya Kristo awe moyo wa ulimwengu”.

    Mbele ya udhihirisho mtukufu wa Kristo “nguvu za mbingu zitatikiswa”. Hali hii inamaanisha kwamba miungu ya uongo, yaani jua, mwezi, itapoteza mwanga wao. Hata wale waliojiona watu wa kimungu (nyota za angani) ambao wanawatesesha watu wa mataifa hasa walio maskini, hao (miungo ya uongo) wataanguka na mtazamo wa wote utamwelekezea Mwana wa Mtu akija amejaa nguvu na utukufu kama mshindi. Hakuna mtu anayejua wakati kamili ambao mambo yote yatatokea ila Baba peke yake. Kwa hivyo ni lazima kumwamini yeye.  

    Ingawa uharibifu wa mji wa Yerusalemu ulitokea katika mwaka wa 70 B.K., nia ya Yesu haikuwa kuwajulisha kuhusu tukio hili, bali kuhusu matokeo ya tukio hili maishani mwa wafuasi wake. Ni lazima kutafakari injili hii kulingana na mazingira ambayo jumuiya ya Marko ilikuwa inaishi, yaani wanafunzi wa Yesu waliishi kipindi cha machafuko na kujaribiwa kukata tamaa kuhusu utambulisho wao wa wafuasi wa Yesu kwa sababu ya majaribio na mateso mengi. Kweli ulionekana mwisho wa dunia. Wale ambao walidumu kwa imani walijiuliza: “hayo yatokeayo yamaanisha nini?”. Kumbukumbu ya mafundisho ya Yesu ilikuwa muhimu sana kwa kuchukua tena lile ambalo liliwapa maana kwa maisha yao. Walikuwa na uhakika kwamba ikiwa ni Yesu kipimo cha kila jambo na lengo la historia, hivyo maisha na historia haziongozwi kwenye mwisho fulani bali kwenye lengo kamili: Yesu Kristo mwenyewe.

    Yesu ni mshindi juu ya dhambi na kifo na atawafanya wote wanaomfuata wawe washindi. Wakati wa kuja kwake katika mwisho wa nyakati (utimizaji wa nyakati) anataka kutukuta sisi "wavumilivu na macho", waaminifu kwa mafundisho yake ili tushiriki naye furaha yake mwenyewe. Neno lake linatuambia kwamba majaribu na magumu ni sehemu ya hali yetu kama Wakristo, lakini pia linatuhakikishia ukaribu wa Bwana: "Tambueni ya kuwa Yeye yu karibu, yu karibu milangoni! (Mk 13, 29)." Anataka tu kutambuliwa na kukaribishwa. Kwa kuwa sikuzote hatuwezi kuelewa matukio yanayotuzunguka, ni lazima tuwe na imani katika Baba, tukitambua kwamba “tuko mikononi mwake na kwa hiyo, tuko mikononi mwema. Hakuna kinachofikiwa na macho yake. Kila jambo linalotokea linaelekezwa kulingana na mpango wake mwenyewe wa hekima na wema” (Mt. Yohane Calabria).

    Basi kwa upande wetu tumwaminie Yule ambaye anaiongoza historia.Sisi tulioalikwa kuendelea utume wa Mwana wake Yesu, tunapaswa kuwa macho kwa ishara za uwepo wake ambazo zimetokea kati yetu. Ili hali mpya ikatokee maishani mwetu, miungu mingi ya uongo yapaswa kuanguka na kupoteza thamani yao. Kwa maneno mengine, tunapaswa kuacha picha za uongo za Mungu, mawazo na tabia ambayo inayapinga mafundisho ya injili. Tuishi wito wetu kwa shauku na furaha kwa sababu kuna tumaini kwa wakati ujao wetu.


Fr Ndega

domingo, 7 de novembro de 2021

LA GENEROSIDAD DEL CORAZÓN.

 

Reflexión a partir de 1 Reyez 17, 10-16; Heb. 9, 24-28; Mc 12, 38 – 44



 

El centro de nuestra reflexión es la palabra generosidad, como actitud fundamental de la persona que cree. Dios no se deja ganar en generosidad. Quien es generoso con él recibe mucho más. Esta experiencia está muy presente en lo cotidiano de nuestra vida y es evidente en la vida de las dos viudas presentadas por la liturgia de hoy.

En el primer texto (1 Reyes 17, 10 – 16), Elías es enviado a una viuda de Sarepta. Ese encuentro cambia completamente la perspectiva de vida de aquella señora y de su hijo, que viven una situación dramática, o sea: “comeremos y después moriremos”. La respuesta generosa al pedido del profeta expresa una actitud de abandono confiante a la acción providente de Dios, para quien nada es imposible. Estamos llamados a tener esta misma actitud para que la acción de gracias de Dios sea eficaz en nuestra vida.

El pasaje de la Carta a los Hebreos enfatiza en que Cristo anuló el pecado por la entrega total en la cruz. Este es el misterio que nos salvó y que revivimos en cada Eucaristía que celebramos. Por medio de ella experimentamos la generosidad abundante de Dios que nos amó tanto que dio a su hijo por nuestra salvación. Por lo tanto, no es apenas la memoria de un acontecimiento histórico, sino la oportunidad de participar de la propia vida de Cristo, que nos invita a continuar su obra a través de la donación de nuestra vida como él mismo lo hizo.

En la primer parte del Evangelio, Jesús llama la atención de los discípulos por las actitudes de los escribas como un comportamiento para evitar en su seguimiento. A ellos les gusta ser elogiados por el pueblo. Ellos rezan durante mucho tiempo, pero sin la correcta intención. Ellos se sienten superiores a los otros y explotan a las viudas. Delante de eso Jesús expresa preocupación, pues esa forma de vida se opone completamente a lo que él propone a sus seguidores.

Las personas entienden que existe una gran diferencia y hasta oposición entre las enseñanzas de Jesús y de los escribas. Jesús enseña a las personas con la autoridad recibida del Padre. Mientras que la autoridad de los escribas fue una convención pos exilio babilónico, en la que después que los israelitas volvieron de esa experiencia dramática, los escribas asumieron una tarea muy importante en la administración de la vida social y religiosa. “Durante el exilio, fueron los que escribieron los primeros cinco libros de la Biblia, la Torá. Sólo ellos podías juzgar y condenar de acuerdo a la Ley” (cf. F. Armellini). Ellos exhortan a las personas a guardar la Ley como el fundamento de sus vidas. Pero, aunque enseñaban a las personas a vivir la Ley, su modo de vida estaba lejos de aquello que enseñaban.

Todos estamos de acuerdo que el abuso de autoridad, la vanagloria y la hipocresía son tentaciones constantes en la vida de quien tiene la responsabilidad de liderar. Pero no sólo a ellos les afectan esos males. Son vicios que acompañan nuestra frágil condición humana en la cual nadie está exento. Frecuentemente, estamos tentados a hacer cosas para ser apreciados, sintiéndonos superiores a los demás, deseando ser servidos en lugar de servir. Para combatir esta tendencia debemos siempre fijar nuestra mirada en Jesús, que tenía una lógica diferente y una forma infalible de superar todas las tentaciones, o sea, la lógica y el camino del amor y de la entrega sin reservas. Sólo así podemos agradar a Dios.

Este es el camino elegido por la viuda mencionada en la segunda parte del Evangelio. “Ella no conocía a Jesús, no era bautizada”, pero manifestó la forma acertada de ser discípula de Jesús. Fue al templo a hacer una ofrenda. Justo en ese momento Jesús estaba sentado cerca del tesoro del templo con sus discípulos. Mientras las personas ponían el dinero en el cofre llamando la atención de todos por la cantidad, llegó esta madre viuda y colocó sólo dos monedas. Este gesto simple y casi oculto, lleno de generosidad, atrajo la atención de Jesús que inmediatamente lo presentó a sus discípulos como un modelo a seguir.

Jesús puede ver lo que los otros no ven, porque está atento a los detalles, a lo que es oculto, a saber: “el ser humano ve las apariencias, pero Dios mira el corazón”. Así, mirando para el corazón, Jesús concluye que en su ofrenda la viuda dio todo lo que tenía para vivir, o sea, ella entró con la propia vida, dio todo de sí. Esta es la ofrenda que agrada a Dios, que no mira la cantidad de cosas que alguien puede ofrecer o hacer en su nombre, sino la generosidad de corazón. Encontramos el verdadero sentido de la vida cuando somos capaces de imitar a Dios que en su generosidad no nos ofrece alguna cosa, sino a sí mismo.

El valor de nuestra ofrenda es medido de acuerdo con la generosidad de nuestro corazón. La grandeza del corazón de una persona no se mide por la generosidad del presente que ofrece, sino por la belleza de su gesto. En verdad, son los pequeños gestos que hacen la diferencia. El gran bien que podemos hacer a los otros es ser para ellos lo que estamos llamados a ser: fraternos y sinceros. Donde no existe eso, reina la hipocresía que nos impide cultivar las relaciones verdaderas con los otros. Combatamos esa mala actitud aprendiendo con las personas humildes que construyen la fraternidad en nuestro entorno sin llamar mucho la atención y que son la expresión de la bondad y generosidad de Dios.


Fr Ndega

Traduciòn: Nomade de Dios