sábado, 10 de outubro de 2020

C’È ANCORA POSTO

 

Riflessione su Is 25, 6-10a; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22, 1-14


 

       Il banchetto sempre porta con sé l’idea di familiarità, di convivialità, di intimità, di celebrazione. È un momento particolare in cui le persone condividono cibi ma anche le situazioni della vita e sentono crescere la fratellanza tra di loro. La condivisione e la fraternità che si sperimentano nel banchetto superano ogni divisione e idee egoiste che portano le persone a pensare solo a se stesse oppure a voler accumulare per sé ciò che appartiene a tutti.  Banchetto è festa e gioia che si condivide e che ci porta a una sensazione di una vita senza fine. È questa l’esperienza su cui ci fa riflettere la Parola di Dio di oggi.

       Nella prima lettura il profeta annuncia che Dio offrirà un banchetto a tutti i popoli, attirando tutti al suo monte, cioè, a se stesso, strappando il velo che separava i popoli tra di loro e nel rapporto con Dio. Quando qualcuno invita a un banchetto ha sempre qualcosa da comunicare. In questo caso, Dio ha preso l’iniziativa dell’invito perché vuole condividere la sua gioia e comunicare la sua salvezza. Il suo desiderio è che tutti i popoli possano ascoltare la sua voce e lasciarsi condurre da suo Spirito a una totale unità e solidarietà. Queste sono le condizioni per sperimentare la vita che egli offre a tutti.

       Solo quando si vive un rapporto intenso con Dio si può testimoniare agli altri. Nella seconda lettura San Paolo ribadisce che essere debole non è un problema, anzi, è la soluzione; questa è la condizione necessaria per fare l’esperienza della forza divina. San Giovani Calabria diceva: “Zero e miseria sono buone condizioni… Dio non sa cosa fare con gli orgogliosi, anzi li allontana da sé”. Se è Dio la forza di cui abbiamo bisogno, allora dobbiamo fidarci di lui. Ogni giorno è un invito a uno svuotamento e consegna di noi stessi.

       Nel vangelo Gesù continua il suo insegnamento con parabole. Questa è la quinta parabola di seguito. Ricordiamo che la prima è stata quella del padrone misericordioso e del servo impietoso, simbolo del Dio che perdona oltre le nostre colpe; la seconda parlava del padrone della vigna che è uscito a cercare lavoratori e paga ugualmente tutti perché la misura non è quanto si fa, ma la bontà e la generosità di Dio; la terza, in una famiglia il papà chiese aiuto ai due figli, ma solo uno ha fatto la volontà del padre. Così, non basta dire di sì alla chiamata divina, bisogna perseverare nel sì fino in fondo. Nella domenica scorsa il padrone del terreno piantò la vigna, si prese cura di essa e la diede in affitto a dei contadini; così Dio affida a noi i suoi doni e aspetta buoni risultati, cioè, corrispondenza.

       Nella parabola di oggi, Gesù paragona il regno a un banchetto, come abbiamo sentito nella prima lettura. Il re invita la gente alla festa di nozze del suo Figlio e vuole che ciascuno prenda l’impegno liberamente. Sembra che proprio per questo ognuno inventi una scusa per non andare alla festa anche di fronte all’insistenza del re. Allora il re allarga l’invito alle altre persone perché i primi non erano degni di quella festa. Alla fine del brano c`è una scena drammatica che sembra togliere lo splendore della festa, vale a dire, qualcuno è impedito a partecipare integralmente perché non ha indossato la veste propria della festa. Questa seconda parte è una seconda parabola, cioè, non fa parte della prima. 

      L’invito che questo re fa traduce l’intenzione di Dio sull’umanità. La missione redentrice del suo Figlio è come una festa di nozze. L’offerta salvifica è fatta a tutti. Il popolo della antica alleanza è stato il primo ma non l’unico. Altri popoli che erano considerati fuori della ‘portata salvifica’ hanno accolto bene l’invito a partecipare al banchetto del Figlio di Dio. Per noi questo banchetto è l’Eucaristia. È proprio Dio che ci invita e ci serve con tutto il suo amore. Egli non vuole che nessuno sia fuori, ma la risposta dipende da ognuno. Davanti alla generosità e gratuità divina siamo invitati a rispondere con la totalità della nostra vita. Le nostre preoccupazioni e interessi personali devono rimanere in secondo piano. Dio continuerà a chiamare anche se la nostra risposta non sempre è secondo la sua aspettativa. La nostra difficoltà di rispondere all’invito di Dio non mette limite alla sua bontà e generosità.

       In Gesù, Dio ci invita a partecipare alla sua stessa vita ma sa che sono molte le scuse a causa delle scelte che facciamo. Colui che invita aspetta sempre una risposta che sia secondo la chiamata perché egli stesso ci rende capaci di farlo. Però nella parabola, colui che non vestiva la veste delle nozze dimostrò di non essere ancora pronto per partecipare al banchetto. Così molti di noi rispondiamo di sì, ma non perseveriamo in questo sì, non riusciamo a vivere in comunità e a contribuire alla sua crescita. Allora, non basta accogliere l’invito di andare al banchetto, bisogna entrare nella logica del banchetto e di colui che offre il banchetto, cioè, la logica del dono, della consegna di sé, di sentirsi comunione con gli altri. Questo è il ‘già’ del Regno come aperitivo della gioia senza fine che proveremo nel banchetto del Regno definitivo, nella sua dimensione di ‘non ancora’.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi