quinta-feira, 21 de julho de 2022

VIVIAMO QUELLO CHE PREGHIAMO!

 

Riflessione a partire da Lc 11, 1-13




 

    Dopo averci illustrato, nel Vangelo di domenica scorsa, quale deve essere la priorità della nostra vita parlando proprio dell’ascolto della sua parola, oggi Gesù ci insegna come pregare, perché pregare e che cosa chiedere nella preghiera. Vogliamo quindi riflettere sul grande valore della preghiera del Signore, cioè del "Padre nostro" e sugli impegni che siamo invitati ad assumere a partire da questa preghiera. Come sintesi degli insegnamenti di Gesù, questa preghiera rivela l'identità cristiana e quando preghiamo, vogliamo significare che siamo un’unità e membri di un’unica famiglia, la famiglia dei figli e figlie di Dio.

    Attraverso la preghiera, Gesù dà ai suoi discepoli un importante esempio di vita poiché pregare era il suo atteggiamento quotidiano. In questo colloquio da cuore a cuore, Gesù chiama Dio “Abba” vivendo con Lui un rapporto profondo, proprio come un bimbo con il suo papà. Quindi, pregare è vivere un rapporto con Dio come tra padre e figlio/a. Quando preghiamo sentiamo Dio molto vicino a noi. La preghiera apre il nostro cuore a riconoscere e accogliere i suoi doni. Se non preghiamo la nostra fede si indebolisce. Sebbene i discepoli di Gesù conoscessero molte preghiere della loro religione, il loro spirito aveva bisogno di qualcosa in più, cioè, più intimità. Questo lo hanno capito vedendo il loro Maestro pregare. Allora uno di loro chiede: "Insegnaci a pregare!"

    Quando Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare, consegna loro le parole che scaturiscono dal suo rapporto con il Padre e ricorda loro la necessità di avere un atteggiamento giusto davanti a un Padre così, vale a dire, un atteggiamento di figlio che si rivolge al Padre con fiducia. Questo è l’atteggiamento di abbandono nelle mani di Colui che conosce i bisogni dei figli prima ancora che chiedano qualcosa. Gesù non aveva bisogno di pregare perché è Dio, e lo stesso Padre era in Lui; tuttavia, pregava molto. Per lui una persona dovrebbe pregare non solo quando ha bisogno, ma perché questa è una parte integrante della sua vita, come mangiare, bere acqua o respirare.

    La prima parte di questa preghiera riconosce la paternità di Dio, che si manifesta attraverso la sua cura e bontà; e invita a glorificare il suo nome, cioè: “Padre nostro... sia santificato il tuo nome!" Tutte le cose che vengono dopo le parole - “Padre (nostro)” - dipendono da esse. Glorificare il nome di Dio è dare a Dio la sua gloria, fare spazio nella propria vita a questo Dio, facendo la sua volontà così come ha fatto Gesù: “Mio cibo è fare la volontà del Padre mio”. È necessario fare la volontà di Dio affinché il Suo Regno si compia sulla terra come in cielo.

    Dobbiamo rivolgerci al Padre con fede, non solo per chiedere qualcosa, ma con la consapevolezza di aver ricevuto molto. Ci dice la Parola: “Dalla sua bontà abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Questa testimonianza è la prova della cura amorevole di Dio che condivide i suoi doni con i suoi figli, aspettando che facciamo lo stesso per gli altri affinché la nostra fraternità sia espressione della sua paternità. È anche importante essere perseveranti e aspettare il tempo di Dio.

    Quando preghiamo il Padre Nostro dimostriamo che stiamo pensando non solo ai nostri bisogni ma anche a quelli degli altri. Il Padre Nostro ci insegna a chiedere il “pane quotidiano”. Questo ci fa ricordare il nostro impegno nella lotta contro ogni tipo di accumulo e spreco di cibo, che offende la fraternità, facendo soffrire i più bisognosi. Papa Francesco afferma: “Il consumismo ci ha portato a usare il superfluo oltre allo spreco del cibo quotidiano... Ricordiamoci che il cibo che gettiamo nella spazzatura è come se lo avessimo rubato dalla tavola dei poveri e degli affamati”.

    Per San Giovanni Calabria, la preghiera del Padre nostro “è il Vangelo in poche parole. Tutti i problemi dovrebbero essere pensati e studiati in armonia con la paternità di Dio”. Se diciamo “Padre nostro” è perché siamo convinti di essere fratelli di tanti altri. Dio non discrimina e non dimentica nessuno dei suoi figli. “Quando un gruppo religioso inizia a pensare e ad agire come se Dio fosse solo con loro e non con le altre persone, sta personalizzando Dio”. Una preghiera così non gli può essere gradita perché non pensa ad altri fratelli e sorelle.

    Nella nostra preghiera, non sempre riceviamo ciò che chiediamo. Per quale ragione? Forse non preghiamo ancora in modo giusto. San Geronimo ci consiglia: «E’ certo che Dio dà a chi chiede, che chi cerca trova e a chi chiama gli si apre; si vede chiaramente che chi non ha ricevuto, chi non ha trovato e neppure gli hanno aperto, è perché non ha chiesto bene, non ha cercato bene e non ha bussato bene alla porta». “L'ultima parte di questo brano del vangelo mostra cosa chiedere e cosa ci sarà dato, cioè lo Spirito Santo”. È il grande dono che il Padre ci fa. È solo con Lui che possiamo pregare come a Dio conviene. Questo Spirito ci assicura che “la vera preghiera non costringe Dio a cambiare i suoi piani per fare la nostra volontà”.

    Quindi, Dio non ci dona sempre ciò che gli chiediamo, ma ci dona sempre ciò di cui abbiamo bisogno, secondo la sua volontà. Così, oltre ad essere un modo di pregare la preghiera del Padre Nostro, è anche un modo di vivere. Mentre preghiamo rinnoviamo il nostro impegno con la fraternità, vivendola a partire dall'esperienza della paternità di Dio. Questo implica un atteggiamento giusto verso di Lui, cioè, ad avere un atteggiamento di figli, perché “chi non vive da figlio non impara ad essere fratello”. Lo Spirito ci aiuti a vivere le parole che diciamo quando preghiamo "Padre nostro".


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

quarta-feira, 20 de julho de 2022

VIVAMOS AQUILO QUE REZAMOS!

 

Reflexão a partir de Lc 11, 1-13




 

    Depois de ter dito na última vez qual deve ser a prioridade de nossa vida, falando justamente da escuta da sua palavra, desta vez Jesus nos ensina como rezar e por que rezar. Queremos, portanto, refletir sobre o grande valor da oração do Senhor, ou seja, o "Pai Nosso" e sobre os compromissos que somos convidados a assumir a partir desta oração. Como síntese dos ensinamentos de Jesus, esta oração revela a identidade cristã e quando a rezamos, afirmamos que somos uma unidade e membros de uma unica família, a família dos filhos e filhas de Deus.

    Por meio da oração, Jesus dá a seus discípulos um importante exemplo de vida, pois rezar era sua atitude diária. Nesta conversa de coração pra coração, Jesus chama Deus de “Aba” vivendo um relacionamento profundo e intimo com ele, assim como uma criança com seu pai. Portanto, orar é viver um relacionamento com Deus como entre pai e filho/a. Quando rezamos, sentimos Deus muito perto de nós. A oração abre nossos corações para reconhecer e acolher os seus dons. Se não rezamos, nossa fé enfraquece. Embora os discípulos de Jesus conhecessem muitas orações da religião deles, o espírito deles precisava de algo mais, ou seja, mais intimidade. Isso eles descobriram quando viram o Mestre rezando. Então um deles lhe pediu: “Ensina-nos a rezar!”

    Quando Jesus ensinou seus discípulos a orar, confiou-lhes as palavras que brotavam de seu relacionamento com o Pai e os lembrou da necessidade de ter uma atitude justa diante deste Pai bom, ou seja, uma atitude de filho que se dirige ao Pai com confiança. Se trata de uma atitude de abandono nas mãos dAquele que conhece as necessidades dos seus filhos e filhas antes que lhe peçam alguma coisa. Jesus não precisava rezar porque Ele é Deus e o próprio Pai está Nele; no entanto, ele rezou muito. Para ele, a pessoa deve rezar não apenas quando precisa, mas porque isso é parte integrante de sua vida, como comer, beber água ou respirar. 

    A primeira parte desta oração reconhece a paternidade de Deus, que se manifesta pelo seu cuidado e bondade; e nos convida a glorificar o seu nome, isto é: “Pai nosso... santificado seja o teu nome!” Todas as coisas que vêm depois desta expressão – “Pai nosso” - dependem dela. Glorificar o nome de Deus é dar a Deus o espaço que ele meceçe na nossa vida, fazendo sua vontade como Jesus fez, principalmente quando disse: “Meu alimento é fazer a vontade de meu Pai”. È necessario fazer a sua vontade para que o seu reino se realize na terra como no céu.

    Devemos recorrer ao Pai com fé, não apenas para pedir algo, mas com a consciência de que recebemos muito. Como diz a propria Escritura: “De sua bondade recebemos graça sobre graça”. Este testemunho é a prova do cuidado amoroso de Deus em partilhar os seus dons com os seus filhos, esperando que façamos o mesmo pelos outros para que a nossa fraternidade seja expressão da sua paternidade. Também é importante ser persistente e esperar o tempo de Deus.

    Quando rezamos o Pai Nosso, mostramos que consideramos não apenas nas nossas necessidades, mas também as dos demais. O Pai Nosso nos ensina a pedir o “pão de cada dia”. Isso nos lembra nosso empenho na luta contra todo tipo de acúmulo e desperdício de alimentos, que ofende a fraternidade, fazendo sofrer os mais necessitados. Papa Francesco afirma assim: “O consumismo nos levou a usar o supérfluo além do desperdício da comida diária ... Lembremos que a comida que jogamos no lixo é como se a tivéssemos roubado da mesa dos pobres e famintos”.

    Para São João Calábria, a oração do Pai Nosso “é o Evangelho em poucas palavras. Todos os problemas devem ser pensados ​​e estudados em harmonia com a paternidade de Deus”. Se dizemos “Pai Nosso” é porque estamos convencidos de que somos irmãos de muitos outros. Deus não discrimina e não esquece nenhum de seus filhos. “Quando um grupo religioso começa a pensar e agir como se Deus fosse so pra eles e não com outras pessoas, está personalizando Deus”. Tal oração não pode agradá-lo porque exclui os demais irmãos e irmãs.

    Em nossa oração, nem sempre recebemos o que pedimos. Por que razão? Talvez ainda não rezamos direito. São Gerônimo nos aconselha: “É certo que Deus dá a quem pede, que quem procura encontra e quem chama se abre pra ele; é claro que quem não recebeu, quem não encontrou ou mesmo não se abriu para ele, é porque não pediu bem, não procurou bem e não bateu bem à porta”. A última parte desta passagem do evangelho “mostra o que pedir e o que nos será dado, ou seja, o Espírito Santo". É o grande dom que o Pai nos dá. É somente no Espírito que podemos rezar como convém a Deus. Este Espírito nos assegura que “a verdadeira oração não força Deus a mudar seus planos para fazer a nossa vontade”.

    Portanto, Deus nem sempre nos dá o que pedimos a ele, mas sempre nos dá o que precisamos, de acordo com sua vontade. Assim, além de ser uma forma de rezar, o Pai Nosso é também um modo de viver, um estilo de vida. Enquanto rezamos renovamos o nosso compromisso com a fraternidade, vivendo-a a partir da experiência da paternidade de Deus. Isso implica uma atitude correta em relação a ele, ou seja, ter uma atitude de filhos, porque “quem não vive como filho não aprende a ser irmão”. Que o Espírito nos ajude a viver as palavras que dizemos quando rezamos “Pai Nosso”.


Fr Ndega

TUISHI YALE TUSALIYO!

 

Kutafakari kutoka Lk 11, 1-13




 

    Baada ya kusema ni nini inapaswa kuwa kipaumbele maishani mwetu, siku ya leo Yesu anatufundisha jinsi ya kusali na kwa nini kusali. Basi, tunataka kutafakari kuhusu thamani kubwa ya sala ya Bwana, yaani, “Baba Yetu” na ahadi ambayo tunaalikwa kuchukua kutokana na sala hii. Kama muhtasari wa njili sala hii inadhihirisha utambulisho wa wakristo nasi tunaposali, tunataka kumaanisha kwamba sisi ni wamoja na wana wa familia moja, yaani familia ya watoto wa Mungu.

    Kupitia sala Yesu aliwapa wanafunzi wake mfano muhimu wa kuishi kwa sababu kwake kusali kulikuwa tabia yake ya kawaida. Katika mazungumzo hayo kutoka moyo kwa moyo, Yesu anamwita Mungu kama “Aba” na kuishi kwa uhusiano wa kina naye, kweli kama mtoto mdogo na baba yake. Basi, kusali ndivyo hivyo, uhusiano wa baba na mwana. Tunaposali tunahisi Mungu karibu sana nasi. Sala inaufungua moyo wetu kwa kuzitambua na kuzipokea zawadi zake. Ikiwa hatusali imani yetu inakuwa dhaifu daima. Ingawa wanafunzi wa Yesu walijua sala nyingi za dini yao nafsi yao ilihitaji uhusiano wa ndani. Walipomwona Mwalimu kusali waligundua mara njia kamili ambayo ilikosa kwa sala yao. Hivyo mmojawapo alimwambia, “tufundishe!”  

    Wakati Yesu alipowafundisha wanafunzi wake kusali, aliwakabidhi maneno aliyotokana na uhusiano wake na Baba na kuwakumbusha kuhusu haja ya kuwa na tabia kamili, yaani tabia ya mwana anayemwomba Baba kwa imani. Hii ni tabia ya kujisalimisha mikononi mwa Huyo anayejua mahitaji ya wana kabla ya wamwombe kitu. Yesu hakuhitaji kusali kwa sababu ni Mungu aliye mmoja na Baba; hata hivyo, alisali sana. Kwake mtu anapaswa kusali sio tu anapohitaji bali kwani hii ni sehemu muhimu ya maisha yake, kama vile kula chakula, kunywa maji ama kupumua.

    Sehemu ya kwanza ya sala hii ni utambulisho wa ubaba wa Mungu, ambao unaonyeshwa kupitia utunzaji na wema wake. Huu ni mwaliko wa kulitukuza jina la Mungu, yaani, “Baba yetu… jina lako litukuzwe!” na mambo yote yakujayo baada ya maneno “Baba yetu” yanayategemea maneno haya. Kulitukuza jina la Mungu ni kumpa Mungu utukufu wake kwa kufanya mapenzi yake kama Yesu alivyo, hasa aliposema “Chakula changu ni kufanya mapenzi ya Baba yangu.” Ni lazima kufanya mapenzi ya Mungu ili Ufalme wake utokee duniani kama mbinguni.

    Tunapaswa kumwelekea Baba huyo kwa imani kwa kuwa na uhakika kwamba tumepokea sana. Ni muhimu pia kuwa na uvumilivu na kuusubiri wakati wa Mungu. Tunaomba kwa ajili ya mkate na ya msamaha na ya upatanisho na ulinzi. Kulingana na Maandiko matakatifu, “kutokana na wema wake tumepokea neema juu ya neema”. Ushuhuda huu ni uthibitisho wa utunzaji wa upendo wa Mungu anayeshiriki zawadi zake na wana wake, kwa kutarajia kwamba tufanye vivyo hivyo kwa ajili ya wengine ili undugu kati yetu uwe maonyesho ya ubaba wake.

    Tunaposala Sala Baba Yetu tunaonyesha kwamba tunafikiria sio mahitaji yetu tu bali ya wengine pia. Sala hii inatufundisha kuomba kwa ajili ya lililo muhimu sana, yaani, “mkate wa kila siku”, kwa sababu tunapaswa kupigana na kila aina ya ukusanyaji na ubadhirifu wa chakula ambao unauharibu undugu, kwa kuwafanya maskini na wenye njaa wateseke. Kuhusu mambo haya Baba Mtakatifu Francisco asema: “Ulaji umetuongoza kutumia chepesi pamoja na ubadhirifu wa chakula cha kila siku... Tunapaswa kukumbuka kwamba chakula ambacho sisi hutupa takatakani ni kama tulikuwa tumeiba kutoka meza ya walio maskini na wenye njaa.”

Kwa Mt. Yohana Calabria, sala “Baba Yetu ni Injili kwa ufupi. Matatizo yote yapaswa kufikiriwa na kusomeka kwa maelewano na ubaba wa Mungu.” Ikiwa tunasema “Baba Yetu” ni kwa sababu tunasadiki kwamba sisi ni ndugu wa wengine wengi. Mungu hawabagui watu na hamsahau yeyote wa wana wake. “Kikundi chochote cha kidini kinapoanza kufikiri na kutenda kama kwamba Mungu yuko nao tu na sio watu wengine huko ni kumbinafsisha Mungu.” Sala kama hivyo haiwezekani kumpendeza Yeye kwa sababu haiwafikirii ndugu wengine.

Katika sala yetu mara nyingi hatupokei yale tunayoomba. Ni kwa sababu gani? Labda hatuombi ipasavyo. “Mstari wa mwisho wa injili hii unaonyesha nini cha kuomba na nini tutakachopewa, yaani Roho Mtakatifu”. Ndiye Yeye zawadi kubwa ambaye Baba anatupa naye anasali ndani yetu ili tusali kwa njia kamili. Roho huyo anatuhakikishia kwamba “sala ya kweli haimlazimishi Mungu kuyabadili mawazo yake ili ayafanye mapenzi yetu.” Basi, Mungu hatupatii daima yale tunayomwomba, bali anatupatia daima tunayohitaji, kulingana na mapenzi yake. Pamoja na kuwa njia ya kusali sala ya Baba Yetu ni njia ya kuishi. Tunaalikwa kuishi kwa undugu kutokana na uzoefu wa ubaba wa Mungu na kuwa na tabia kamili katika ushusiano wetu naye, yaani kuwa na tabia ya wana, kwa sababu mtu ambaye haishi kama mwana hapati kutenda kama ndugu. Roho Mtakatifu atusaidie kuishi maneno ambayo tunayasema tunaposali “Baba Yetu.”


Fr Ndega

sábado, 16 de julho de 2022

UKARIMU WA KIPEKEE

 

Tafakari kutoka Mwanzo 18: 1-10a; Kol 1: 24-28; Lk 10: 38-42



 

    Muhimu ya liturujia hii ni ukarimu kama uwezo wa kuwakaribisha watu vizuri. Ukarimu unawafanya watu kuwa wanadamu wa kweli na, kwa hivyo, waliofaa kwa kushirikiana katika kazi ambayo Bwana anataka kutimiza ulimwenguni.

    Somo la kwanza linasimulia kuhusu ziara ya Mungu aliyeonekan kupitia wageni wa tatu kwa Ibrahimu na Sara ambao, kwa njia yao ya kuwakaribisha, walitafuta kufanya kila liwezekanalo ili wageni hawa watukufu wajihisi wako nyumbani. Kwa shukrani kwa kujitolea huko, Mungu aliwapa wazee hawa wasio na watoto zawadi inayongojewa sana maishani mwao: kuzaliwa kwa mwana, mtoto Isako. Mungu anapenda kukaribishwa na kuleta maisha mapya katika maisha yetu. Na sisi pia tuwe tayari kwa ziara zake, kwa mipango yake.

    Katika somo la pili, mateso ambayo Paulo anayapata katika kutangaza injili kwa mataifa yanamletea furaha kubwa pia kwa sababu anajiona kuunganishwa na Kristo ambaye aliteseka na kujitoa mwenyewe ili wokovu wa Mungu uwafikie watu wote, hakuna aliyetengwa. Paulo anajiona kuwa mtumishi wa mpango huu, na kwa hili anatumia nguvu zake zote, akiteseka kwa ajili ya Kanisa. Mateso kwa ajili ya Kanisa ni mateso kwa ajili ya Kristo. Yeyote aliyemchagua Kristo hajifikirii nafsi yake mwenyewe kwa maana kwake yule aliye hai ni Kristo.

    Katika kifungu cha Injili, Yesu aliyechoka kwa maana ya safari, alikubali kwa hiari kukaribishwa nyumbani kwa marafiki zake kwa wakati wa kupumzika. Wakati huo ndani ya nyumba kuna dada wawili tu. Ndugu Lazaro hakika yuko kazini nje. Dada hao wawili walijaribu kutoa ukarimu unaostahili kwa mgeni huyo mtukufu, lakini kila mmoja kwa njia yake mwenyewe. Marta alishughulikia mazingira, Maria alitunza nafsi ya mwalimu; Martha kwa huduma, Mariamu kwa kusikiliza. Yanaonekana kuwa mambo tofauti na yanayopingana, lakini Yesu anatufundisha kutafsiri kwa njia tofauti:

    Tangu alipofika, Yesu aliona kwamba Martha alifadhaika alipokuwa akitumikia, akienda kutoka upande mmoja hadi mwingine bila lengo, bila rejeo, bila kuacha. Kweli kulikuwa na haja ya kumhudumia mgeni tu, na si kuwa na wasiwasi kwa ajili ya uwepo wake. Mariamu alifanya uamuzi tofauti, yaani alijiweka kama mfuasi miguuni pa bwana-mkubwa, kama yule asiye na la kufanya, akifikiria umuhimu zaidi yale ambayo Yeye alitaka kumfanyia kuliko yale ambayo angeweza kumfanyia Yesu. Tofauti ni kubwa sana lakini hili si tatizo: Yesu haoni huduma kama kinyume na kusikiliza.

    Hata ikiwa Yesu aliiona tabia ya Martha, labda hangalisema lolote ikiwa hangaliulizwa. “Ghafla Martha, akiwa amekasirishwa kwa sababu Mariamu hakumsaidia kufanya kazi za nyumbani, alimwuliza Yesu, kwa njia fulani ya mwenye kujisifu”, akimpa amri ya kumsahihisha dada yake; hapo tunaona hali yake kubwa ya kuchanganyikiwa. Ikiwa dada yake angalimsaidia katika njia yake ya kufanya, labda isingekuwa yeye tu katika fadhaa bali wote wawili. Kwa kifupi, ni jambo moja kuwa mwenyeji na jambo lingine kuwakaribisha. Martha alikuwa mwenyeji kwa Yesu lakini Mariamu ndiye aliyemkaribisha.

    Yesu alimkemea Martha kwa upole sana kwa sababu alitambua pia ukarimu na kujitolea kwake, lakini alimwambia kwa wazi kwamba hahitaji fadhaa yake. Kwa hili, ni lazima tukatae tafsiri inayosema kwamba Yesu hakuona huduma madhubuti kuwa ni muhimu. Kwa kukemea kwake, alitoa ushauri kwa Martha na kwa sisi sote kuhusu “umuhimu wa kimsingi wa kulisikiliza neno lake”. Mambo mengine ni muhimu lakini yanaweza kusubiri. Ni neno ambalo lazima liongoze nafsi yetu na matendo yetu. Kwa hivyo, kusikiliza kwake kwa kipaumbele hakupaswi kupuuzwa. Kwa maana hii, Mariamu wa Bethania ndiye mfano wetu.

    Kweli Yesu anatafuta marafiki na si watumishi: “Siwaiti ninyi watumishi... Nimewaita rafiki kwa sababu nimewajulisha yote ambayo Baba aliniambia”. Sisi si watumishi bali ni marafiki wa bwana arusi, tulioitwa kutumikia. Utumishi wetu utakuwa maonyesho ya mapenzi yake ikiwa sisi ni marafiki zake. Sio wingi wa mambo tunayofanya ambayo ni muhimu, lakini ubora wa mahusiano yetu. Tunafikiri ya kufanya mengi kwa ajili ya Bwana, lakini anataka tu bora tuwezavyo. Ikiwa uchaguzi wetu haupatani na matarajio yake, tunachofanya kwa jina lake huwa bure. 

    Ili kuepuka kutumia maisha yetu kwa ajili ya Kristo bila kufanya utume wetu kuwa bure, ni lazima tujifunze "kujiweka kwa tabia ya unyenyekevu na tulivu kwa ajili ya kusikiliza maneno yake ili kujaribu kujua na kutimiza mapenzi yake". Utumishi na hali ya kiroho ni mambo mawili ya kweli ambayo yanapaswa kupata ushirikiano wao na kila moja kukuta nafasi sahihi katika maisha yetu ili Bwana, akitugeukia, atambue kile alichotambua katika Mariamu, yaani, sehemu bora, chaguo bora zaidi, kwa sababu ilifanywa kwa hekima n asio kwa fadhaa.


Fr Ndega

LA HOSPITALIDAD QUE HACE LA DIFERENCIA.

 

Reflexión a partir de Gn. 18, 1 – 10 a; Col 1, 24 – 28; Lc 10, 38 – 42




 

El tema central de esta liturgia es la hospitalidad. Ésta vuelve a las personas más humanas, y por lo tanto más idóneas para colaborar en la obra que el Señor quiere realizar en el mundo.

La primera lectura habla de la visita de Dios Trinidad a Abraham y Sara que, en la forma de ellos de acoger buscan hacer lo mejor posible para que estos nobles huéspedes se sientan en casa. En reconocimiento a tal dedicación, Dios da a esta pareja de ancianos sin hijos el regalo más esperado de sus vidas, el nacimiento del hijo Isaac. Dios ama ser acogido y traer vida nueva a nuestra vida. Que nosotros también podamos estar disponibles a sus visitas, a sus planes.

En la segunda lectura, el sufrimiento que Pablo experimenta al anunciar el Evangelio a las naciones le causa gran alegría porque se siente unido a Cristo que sufrió y se ofreció para que la salvación de Dios llegue a todas las personas, y que nadie quede excluido. Pablo se considera un ministro de este plan, y por eso usa todas sus fuerzas sufriendo en favor de la Iglesia. Sufrir por la Iglesia es sufrir por Cristo. Quien eligió a Cristo no piensa en sí mismo porque para él el vivir es Cristo.

El Evangelio nos habla que Jesús, cansado del viaje, acepta de buena voluntad hospedarse en la casa de sus amigos por un tiempo de descanso. En aquel momento en la casa están solamente las dos hermanas. El hermano Lázaro seguramente estaba trabajando fuera. Las dos hermanas intentan dar un recibimiento digno al noble huésped, pero cada una a su manera. Marta se ocupa del ambiente, María se ocupa de la persona (el Maestro); Marta con el servicio, María con la escucha. Parecen cosas separadas y opuestas, pero Jesús nos enseña a interpretar de una manera diferente.

Desde que llegó, Jesús notó que Marta estaba agitada mientras servía, yendo de un lado para el otro sin un centro, un punto de referencia, sin parar. En realidad, había necesidad de servir al huésped, pero no de agitarse con su presencia. María hizo una elección diferente, o sea, se puso como discípula a los pies del maestro, como si no tuviese nada para hacer, dando más importancia a lo que Él quería hacer por ella que a lo que ella podía hacer por él. La diferencia es enorme, pero no es ese el problema: Jesús no ve el servicio en oposición a la escucha.

Aunque Jesús haya notado el comportamiento de Marta, tal vez él no haya dicho nada si no hubiera sido provocado. “A cierta altura, Marta, irritada por el hecho de que María no la ayudaba en las tareas domésticas, pidió a Jesús, de manera poco elegante”, esto es, dándole una orden para ser transmitida a la hermana, tal era el estado de confusión. Si su hermana la hubiese ayudado en su manera de actuar, entonces no habría sido sólo ella la agitada, sino las dos. Resumiendo, una cosa es hospedar y otra es acoger. Marta hospeda a Jesús, pero fue María quien lo acogió.

Jesús reprende a Marta con gran ternura porque reconoce también su dedicación y solicitud, pero deja bien claro que no necesita de su agitación. Con eso debemos rechazar la interpretación que dice que Jesús no consideró el servicio concreto como necesario. Con su crítica llamó la atención de Marta y de todos nosotros para “la importancia fundamental de oír su palabra”. Otras cosas son importantes, pero pueden esperar. Es la palabra que debe guiar nuestro ser y nuestras acciones. Por lo tanto, su escucha prioritaria no debe ser con negligencia. En ese sentido, María de Betania es nuestro modelo.

En verdad, Jesús busca amigos y no siervos: “No los llamo siervos… los llamo amigos por les di a conocer todo lo que oí de mi Padre”. No somos siervos, sino amigos del esposo, llamados a servir. Nuestro servicio será una expresión de su voluntad se somos sus amigos. No es la cantidad de cosas que hacemos lo que importa, sino la calidad de nuestras relaciones. Creemos que es interesante hacer lo máximo para el Señor, pero él sólo quiere lo mejor de nosotros. Se nuestras elecciones no corresponden con sus expectativas, lo que hacemos en su nombre se vuelve inútil. Para gastar la vida por Cristo sin volver inútil nuestro apostolado, debemos aprender a colocarnos en una actitud de escucha continua y dócil de sus palabras, para buscar conocer y cumplir su voluntad. El servicio y la espiritualidad son dos realidades que deben encontrar su integración y su debido lugar en nuestra vida para que el Señor, dirigiéndose a nosotros, reconozca lo que reconoció en María, esto es, la mejor parte, la mejor elección, porque fue hecha con sabiduría y no con agitación.


Fr Ndega

Tración: Nómade de Dios

sexta-feira, 15 de julho de 2022

A ACOLHIDA QUE FAZ A DIFERENÇA

 

Reflexão a partir de Gn 18, 1-10a; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42



 

    O tema central desta liturgia é a acolhida. Esta torna as pessoas mais humanas e, portanto, mais idôneas para colaborar na obra que o Senhor quer realizar no mundo.

    A primeira leitura fala da visita de Deus Trindade a Abraão e Sara que, no modo deles de acolher, procuram fazer o melhor possível para que estes nobres hóspedes se sintam em casa. Em reconhecimento a tal dedicação, Deus dá a este casal de idosos sem filhos o presente mais esperado da vida deles: o nascimento do filho Isaque. Deus ama ser acolhido e trazer vida nova à nossa vida. Que nós também possamos ser disponíveis às suas visitas, aos seus planos.

    Na segunda leitura, o sofrimento que Paulo experimenta ao anunciar o evangelho às nações lhe causa grande alegria porque se sente unido a Cristo que sofreu e se ofereceu para que a salvação de Deus chegue a todos as pessoas, ninguém excluído. Paulo se considera um ministro deste plano, e por isso usa todas as suas forças, sofrendo em favor da Igreja. Sofrer pela Igreja é sofrer por Cristo. Quem escolheu Cristo não pensa em si mesmo porque para ele o viver é Cristo.

    O evangelho non fala que Jesus, cansado ​​da viagem, aceita de bom grado hospedar-se na casa de seus amigos para um tempo de descanso. Naquele momento na casa estão apenas as duas irmãs. O irmão Lázaro certamente estava trabalhando fora. As duas irmãs tentam dar uma acolhida digna ao nobre hóspede, mas cada uma à sua maneira. Marta se ocupa do ambiente, Maria se ocupa da pessoa (do mestre); Marta com serviço, Maria com a escuta. Parecem coisas separadas e opostas, mas Jesus nos ensina a interpretar de uma maneira diferente:

    Desde que chegou, Jesus notou que Marta estava agitada enquanto servia, indo de um lado para o outro sem um centro, um ponto de referência, sem parar. Na realidade havia necessidade de servir o hóspede, mas não de se agitar com sua presença. Maria fez uma escolha diferente, ou seja, colocou-se como discípula aos pés do mestre, como se não tivesse nada para fazer, dando mais importância ao que Ele queria fazer por ela do que ao que ela poderia fazer por ele. A diferença é enorme, mas não é esse o problema: Jesus não vê o serviço em oposição à escuta.

    Mesmo que Jesus tinha notado o comportamento de Marta, talvez ele não teria dito nada se não tivesse sido provocado. “A certa altura, Marta, irritada pelo fato de Maria não ajudá-la nos afazeres domésticos, pediu a Jesus, de maneira um tanto deselegante”, isto é, dando-lhe uma ordem para ser repassada à irmã, tal era o seu estado de confusão. Se sua irmã a tivesse ajudado em sua maneira de agir, então não teria sido apenas ela em agitação, mas ambas. Resumindo, uma coisa é hospedar e outra é acolher. Marta hospeda Jesus, mas foi Maria quem o acolheu.

    Jesus repreende Marta com grande ternura porque reconhece também a sua dedicação e solicitude, mas deixa bem claro que não precisa da sua agitação. Com isso, devemos rejeitar a interpretação que diz que Jesus não considerou o serviço concreto como necessário. Com a sua critica, chamou a atenção de Marta e de todos nós para "a importância fundamental de ouvir a sua palavra". Outras coisas são importantes, mas podem esperar. É a palavra que deve guiar nosso ser e nossas ações. Portanto, sua escuta prioritária não deve ser negligenciada. Nesse sentido, Maria de Betânia é nosso modelo.

    Na verdade, Jesus procura amigos e não servos: “Não vos chamo servos... Chamei-vos amigos porque vos dei a conhecer tudo o que ouvì do meu Pai”. Não somos servos, mas amigos do esposo, chamados a servir. Nosso serviço será uma expressão de sua vontade se formos seus amigos. Não é a quantidade de coisas que fazemos que importa, mas a qualidade de nossos relacionamentos. Achamos que è interessante fazer o maximo para o Senhor, mas ele só quer sò o nosso melhor. Se nossas escolhas não correspondem às suas expectativas, o que fazemos em seu nome se torna inútil. Para gastar a vida por Cristo sem tornar inútil o nosso apostolado, devemos aprender a «colocar-nos numa atitude de escuta contínua e dócil das suas palavras para buscar conhecer e cumprir a sua vontade». O serviço e a espiritualidade são duas realidades que devem encontrar a sua integração e o seu devido lugar na nossa vida para que o Senhor, se dirigindo a nós, reconheça o que reconheceu em Maria, isto é, a parte melhor, a melhor escolha, porque foi feita com sabedoria e não com agitação.


Fr Ndega

L’ACCOGLIENZA CHE FA LA DIFFERENZA

 

Riflessione a partire da Gn 18, 1-10a; Col 1, 24- 28; Lc 10, 38-42




 

    Il tema centrale di questa liturgia è l’accoglienza. Essa rende le persone più umane e, quindi, più adatte a collaborare nell’opera che il Signore vuole realizzare nel mondo.

    La prima lettura racconta la visita di Dio Trinità ad Abramo e Sara che, nel loro modo di accogliere cercano di fare tutto il possibile affinché questi nobili ospiti si sentano a casa. In riconoscenza a tanta premura, Dio regala a questa coppia di anziani senza figli il dono più atteso della loro vita: la nascita di un figlio, il bambino Isacco. Dio ama essere accolto e portare vita nuova all’interno del nostro vissuto. Che possiamo anche noi essere disponibili alle sue visite, ai suoi piani.

    Nella seconda lettura la sofferenza che Paolo vive nell’annuncio del vangelo alle nazioni gli causa una grande gioia perché si sente unito a Cristo che ha sofferto e si è offerto perché la salvezza di Dio raggiunga tutti gli uomini, nessuno escluso. Di questo disegno Paolo si considera ministro, e per questo impiega tutte le sue forze, soffrendo in favore della Chiesa. Sofferenza per la Chiesa è sofferenza per Cristo. Chi ha scelto Cristo non pensa a sé stesso perché per lui il vivere è Cristo.

    Nel brano di Vangelo ci viene proposto Gesù che, stanco dal viaggio, accetta volentieri di essere ospitato presso la casa dei suoi amici per un tempo di riposo. In quel momento nella casa ci sono solo le due sorelle. Il fratello Lazzaro certamente è al lavoro fuori. Le due sorelle cercano di offrire una accoglienza degna al nobile ospite, ma ciascuna a modo suo. Marta si occupa dell’ambiente, Maria si occupa della persona (del maestro); Marta con il servizio, Maria con l’ascolto. Sembrano cose separate e contrapposte, ma Gesù ci insegna a interpretare in un modo diverso:

    Da quando è arrivato, Gesù ha notato che Marta mentre serviva si agitava, andando da una parte all’altra senza un centro, un punto di riferimento, senza fermarsi. In realtà c’era bisogno di servire l’ospite, ma non di agitarsi per la sua presenza. Maria ha fatto una scelta diversa, vale a dire, si è messa come discepola ai piedi del maestro, come se non avesse niente da fare, dando più importanza a quello che Egli voleva fare per lei che a ciò che lei poteva fare per lui. La differenza è enorme ma non è questo il problema: Gesù non vede il servizio in contrapposizione all’ascolto.

     Anche se Gesù aveva notato il comportamento di Marta, forse non avrebbe detto niente se non fosse stato interpellato. “Ad un certo punto Marta, irritata dal fatto che Maria non l’aiutasse nelle faccende domestiche, interpella Gesù, in modo un po’ scortese”, dandogli un ordine, affinché lo ripassasse alla sorella, tale era il suo stato di confusione. Se sua sorella l’avesse aiutato in quel suo modo di fare, allora non sarebbe stata solo lei in agitazione ma entrambe. Insomma, una cosa è ospitare e un’altra cosa è accogliere. Marta ospita Gesù ma è stata Maria ad accoglierlo.

Gesù rimprovera Marta con molta tenerezza perché riconosce anche la sua dedizione e premura, però lascia intendere in modo ben chiaro che non ha bisogno della sua agitazione. Con questo, dobbiamo rifiutare l’interpretazione che dice che Gesù non ha considerato il servizio concreto come necessario. Con il suo rimprovero, Egli ha richiamato l’attenzione di Marta e di tutti noi riguardo “l’importanza fondamentale dell’ascolto della sua parola”. Le altre cose sono importanti ma possono aspettare. È la parola che deve guidare il nostro essere e il nostro agire. Quindi, il suo ascolto prioritario non va trascurato. In questo senso Maria di Betania è il nostro modello.

Veramente Gesù cerca degli amici e non dei servi: “Non vi chiamo servi… vi ho chiamato amici perché vi ho fatto conoscere tutto ciò che il Padre mi ha mandato”. Non siamo servi ma amici dello sposo, chiamati a servire. Il nostro servizio sarà espressione della sua volontà se siamo suoi amici. Non è la quantità delle cose che facciamo che conta, ma la qualità dei nostri rapporti. Pensiamo di fare il massimo per il Signore, ma lui vuole soltanto il nostro meglio. Se le nostre scelte non corrispondono alle sue aspettative diventa inutile quello che facciamo nel suo nome. Per spendere la vita per Cristo senza rendere vano il nostro apostolato bisogna che impariamo a “metterci in un atteggiamento di continuo e docile ascolto delle sue parole per cercare di conoscere e compiere la sua volontà”.  Servizio e spiritualità sono due realtà che devono trovare nella nostra vita la loro integrazione e la loro giusta posizione affinché il Signore rivolgendosi a noi riconosca ciò che ha riconosciuto in Maria, vale a dire la parte migliore, la scelta migliore, perché fatta con saggezza e non con agitazione.    


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 9 de julho de 2022

COMO POSSO ME TORNAR PRÓXIMO...?

 

Reflexão a partir de Lc 10: 25-37




 

    Neste texto, um doutor da lei se aproxima de Jesus e lhe faz duas perguntas: a primeira: "O que devo fazer para herdar a vida eterna?"; e a segunda: "Quem é meu próximo?" Na primeira pergunta, Jesus o ajudou a redescobrir o essencial da Lei, ou seja, “amar a Deus e amar o próximo”. O mandamento de amar a Deus encontra-se no livro de Deuteronômio (6,5) e o de amar o próximo, em Levítico (19:18). Se Jesus disse ao doutor da lei que bastava fazer isso para ter a vida eterna, é porque “a Lei indica o caminho para a vida eterna se uma pessoa ama a Deus e ao próximo”.

    No Antigo Testamento, Deus estabeleceu uma Aliança com o povo de Israel como um pai com seus filhos. Como símbolo concreto desta Aliança temos os Dez Mandamentos que têm como objetivo favorecer um bom relacionamento com Deus e entre eles. Secondo la mentalidade judaica, o próximo não pode ser qualquer um que eu vejo, mas somente aquele que tem um vínculo de sangue comigo. Assim, um estranho não pode ser meu próximo. Essa mentalità os impede de ter um bom relacionamento principalmente com os samaritanos considerados seus inimigos porque misturaram o sangue deles com o de estrangeiros.

    Através da segunda pergunta, “Quem é o meu próximo?”, o doutor da lei esperava que Jesus aceitasse essa visão excludente. Mas Jesus contou a parábola do “Bom Samaritano”. Secondo esta parábola, um homem desceu de Jerusalém para Jericó e foi atacado por ladrões que o deixaram quase morto. Tanto o sacerdote como o levita viram aquele homem caído no caminho e passou adiante, mas quando o samaritano o viu, teve compaixão dele e o ajudou. Os dois primeiros são símbolo daqueles que devem obedecer à lei e, segundo esta lei, não podem tocar ou ser tocados por “algo impuro” quando devem ir ao templo. Eles desviaram o caminho porque passar perto da pessoa necessitada e sangrando os impediria de louvar e servir plenamente a Deus. Eles esqueceram que “é mal não fazer o bem em nome de Deus ou da religião”.

    Por causa da obediência deles à lei do puro-impuro, os dois primeiros negaram a solidariedade ao homem necessitado. Enquanto, por meio de sua atitude compassiva, “o samaritano mostrou solidariedade” porque não teve que obedecer à lei do puro-impuro. “O Bom Samaritano não pensou em si mesmo, pensou no outro.” Através desta parábola, Jesus mostra que a questão fundamental não é “quem é o meu próximo?”, mas “como posso me tornar próximo?” Jesus corrige essa mentalidade em relação ao próximo e mostra que o verdadeiro amor a Deus se realiza com a participação na vida daqueles que Ele ama, especialmente dos necessitados.

    Para Jesus, o verdadeiro amor se manifesta por meio de gestos de ternura e compaixão. O próprio Jesus é o verdadeiro "Bom Samaritano" que tomou sobre si a nossa situação de sofrimento e curou as nossas feridas do pecado. Por outro lado, Ele se identifica com aqueles que “caídos à beira do caminho”. Somos capazes de reconhecer a presença de Cristo nas pessoas que costumamos encontrar e naqueles que nos pedem ajuda? A verdadeira adoração a Deus passa por relacionamentos verdadeiramente humanos com aqueles ao nosso redor. Celebrar a Eucaristia é sinal de fraternidade se há fraternidade entre nós. Caso contrário, não é o Corpo e Sangue de Cristo que celebramos. É impossível ter um relacionamento verdadeiro com Deus quando nos esquecemos dos irmãos e irmãs em suas necessidades.

     Não podemos viver indiferentes em relação aos demais, assim como Caim fez, ou seja, “Por acaso sou o guardião do meu irmão?” (Gn 4: 9). Esta é uma atitude de indiferença, que nos faz negar nossa identidade cristã. Não preciso saber quem é meu próximo para amá-lo e ajudá-lo. Amar os outros e ajudá-los são parte integrante da minha identidade. Ai de mim se não o fizer! Hoje, para nós cristãos, nosso próximo é aquele que reconhecemos como necessitado e decidimos acompanhá-lo para lhe assegurar uma vida digna, mesmo quando esse processo exige o uso de nosso tempo e recursos. Que a graça do Senhor nos ajude a agir como "bons samaritanos".


Fr Ndega


sexta-feira, 8 de julho de 2022

COME POSSO DIVENTARE PROSSIMO…?

 

Riflessione a partire da Lc 10, 25-37




 

    In questo brano un dottore della legge si avvicina a Gesù e gli fa’ due domande: la prima, “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”; e la seconda: “Chi è il mio prossimo?” Sulla prima domanda Gesù aiuta a riscoprire l'essenza della Legge, cioè «amare Dio e amare il prossimo». Il comandamento di amare Dio si trova nel libro del Deuteronomio (6,5) e quello di amare il prossimo, nel Levitico (19,18). Se Gesù dice al dottore della legge che bastava farlo per avere la vita eterna è perché «la Legge indica la via della vita eterna se una persona ama Dio e il prossimo».

    Nell'Antico Testamento Dio ha stabilito l'Alleanza con il popolo d'Israele come suoi figli. Come vero simbolo di questa Alleanza abbiamo i Dieci Comandamenti che hanno come meta un buon rapporto con Dio e con il prossimo. Ma, secondo la mentalità ebraica, il prossimo non è chiunque, ma colui con cui si ha un legame di sangue e quindi gli estranei non possono essere considerati prossimo. Questo modo di pensare impedisce loro di avere un buon rapporto soprattutto con i Samaritani che erano considerati come loro nemici, perché hanno mescolato il loro sangue con quello degli estranei.

    Attraverso la seconda domanda: “Chi è il mio prossimo?” Il dottore della legge si aspettava che Gesù accettasse questa visione escludente. Ma Gesù racconta la parabola del “Buon samaritano”. Secondo questa parabola un uomo scese da Gerusalemme a Gerico e fu aggredito da ladri che lo lasciarono quasi morto. Sia il sacerdote che il levita videro quell’uomo caduto lungo la via e passarono oltre, ma il samaritano quando lo vide, ne sentì compassione e lo aiutò. I primi due sono simbolo di coloro che devono obbedire alla legge e, secondo questa legge, non si può toccare o essere toccati da “qualcosa di impuro” e quindi hanno cambiato strada perché passare vicini alla persona nel bisogno e sanguinando impedirebbe loro di lodare e servire Dio pienamente. Hanno dimenticato che «è un male non fare del bene in nome di Dio o della religione».

    A motivo dell’obbedienza alla legge del puro-impuro i primi due hanno negato vicinanza all’uomo bisognoso. Mentre, attraverso il suo atteggiamento compassionevole, “il samaritano ha mostrato vicinanza” perché non doveva obbedire alla legge del puro-impuro. “Il buon samaritano non ha pensato a sé stesso, ha pensato all’altro.” Attraverso questa parabola Gesù mostra che la domanda fondamentale non è “chi è il mio prossimo?”, ma “come posso essere prossimo?” Gesù corregge questa mentalità riguardo il prossimo e mostra che il vero amore a Dio si compie con la partecipazione alla vita di chi Egli ama, specialmente di chi è nel bisogno.

    Per Gesù, il vero amore si manifesta ancora di più attraverso i gesti di tenerezza e compassione. Gesù stesso è il vero “Buon samaritano” che ha preso su di sé la nostra situazione di sofferenza e ha guarito le nostre ferite dal peccato. Inoltre, Si identifica con coloro che sono “caduti lungo la via”. Siamo in grado di riconoscere la presenza di Cristo nelle persone che incontriamo abitualmente e in coloro che chiedono il nostro aiuto? La vera adorazione a Dio passa attraverso rapporti veramente umani con chi ci sta accanto. Celebrare l'Eucaristia è segno di fraternità se c’è fraternità tra noi. Altrimenti, non è il Corpo e il Sangue di Cristo che celebriamo. È impossibile avere un vero rapporto con Dio quando dimentichiamo gli altri nei loro bisogni.

     Non possiamo vivere indifferenti nei confronti degli altri, come fece Caino, vale a dire: “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gn 4:9). Questo è un atteggiamento di indifferenza, che ci fa negare la nostra identità cristiana. Non ho bisogno di sapere chi è il mio prossimo per amarlo e aiutarlo. Amare il prossimo e aiutarlo sono parte integrante della mia identità. Guai a me se non lo faccio! Oggi, per noi cristiani, il prossimo è colui che riconosciamo come bisognoso e decidiamo di accompagnarlo per assicurargli una vita dignitosa anche quando questo processo richiede l’impiego del nostro tempo e delle nostre risorse. Che la grazia del Signore ci aiuti ad agire come “Buoni samaritani”.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

NINAWEZAJE KUWA JIRANI?

 

Kutafakari kuhusu Lk 10, 25-37


 



 

    Katika injili ya siku ya leo mwanasheria alimwendea Yesu na alimwuliza maswali mawili, yaani la kwanza “nifanye nini ili niurithi uzima wa milele?”; na la pili, “Jirani yangu ni nani?” kuhusu swali la kwanza Yesu alimsaidia kugundua tena umuhimu wa sheria, yaani “kumpenda Mungu na kumpenda jirani”. Amri ya Kumpenda Mungu tunapata katika kitabu cha Kumbukumbu la Sheria (6:5) na ya Kumpenda jirani inapatikana katika kitabu cha Walawi (19:18). Ikiwa Yesu alimwambia mwanasheria kwamba yatosha kutenda hivyo ili apate uzima wa milele ni kwa sababu “Torati yaonyesha njia ya uzima wa milele ikiwa mtu anampenda Mungu na jirani yake.”

    Katika Agano la Kale Mungu alianzisha Agano na Watu wa Israeli akiwafanya wana wake. Kama ishara halisi ya Agano hili tuko na Amri kumi ambazo zinalenga ushusiano mwema na Mungu na jirani. Lakini, kulingana na mawazo yao ya kiyahudi, jirani siyo yule ambaye anaishi karibu nao bali ndiye yule aliye na uhusiano wa damu nao. Basi, wageni hawawezi kuwa jirani kwao. Hivi mawazo haya yawazuia kuwa na uhusiano mwema hasa na Wasamaria waliofahamiwa kama maadui wao kwa sababu waliichangamana damu yao na ya wageni.

    Kupitia swali la pili, yaani “Jirani yangu ni nani?” mwanasheria alitarajia Yesu akubaliane na mawazo haya ya kivuo. Lakini Yesu alisimulia mfano wa Msamaria Mwema. Kulingana na mfano huu mtu mmoja alishuka toka Yerusalemu kwenda Yeriko na kushambuliwa na wanyang’anyi ambao walimwacha karibu na kufa. Wote wawili, yaani kuhani na Mlawi walipomwona mtu walipita kando lakini Msamaria alipomwona mtu alimwonea huruma na kumsaidia. Wawili wa kwanza  ni ishara ya wale ambao wanapaswa kuitii sheria, na kulingana na sheria hii, hawawezi kugusa ama kuguswa na “kitu kichafu”. Walitumia njia nyingine kwa sababu kuwa karibu na mtu yule aliye na haja ya msaada kungewazuia kumsifu na kumtumikia Mungu kamili. Walisahau kwamba “ni jambo baya kutofanya mazuri kwa kutumia jina la Mungu au la dini”.

    Kwa sababu ya sheria ya utakaso wawili wa kwanza walidharau yule aliye mwenzao kushindwa kuonyesha ujirani. Kupitia tabia yake ya huruma, “Msamaria alionyesha ujirani mwema” kwa sababu hakuhitaji kuitii sheria ya utakaso. “Msamaria mwema hakujifikiria mwenyewe, alimfikiria mwingine.” Kupitia mfano huu Yesu anaonyesha kuwa swali la msingi sio “ni nani jirani yangu?,” bali ninawezaje kuwa jirani kwa mwenzangu?” Yesu anasahihisha mtazamo kuhusu jirani na kuonyesha kuwa upendo wa kweli kwa Mungu unatokea pamoja na kushiriki katika maisha ya wale anaowapenda hasa walio na shida.

    Kwa Yesu, upendo wa kweli unaonyeshwa kupitia ishara za upole na huruma. Yesu mwenyewe ni Msamaria Mwema kwa namna ya kipekee ambaye alichukua hali yetu na kuponya majeraha yetu ya dhambi. Tena anajitambulisha na wale ambao “wameanguka kando ya njia za maisha”. Je, tunaweza kutambua uwepo wake Kristo katika watu ambao kwa kawaida tunakutana na hao ambao wanauomba msaada wetu? Kumwabudu Mungu kwa kweli kunatokea kupitia uhusiano mwema na ufanisi na wengine. Kusherehekea Ekaristi ni alama ya undugu ikiwa undugu uko miongoni mwetu, vinginevyo, sio Mwili na Damu ya Kristo tunayosherehekea. Haiwezekani kufanya uhusiano wa kweli na Mungu wakati tunapowasahau wenzetu katika mahitaji yao.

     Hatuwezi kuishi kwa kutojali kuhusu hali ya wengine kama ilivyotokea kwa Kaini, yaani “Je mimi ni mlinzi wa ndugu yangu?” (Mw 4:9). Hali hii ni kutojali iliyo njia ya kukanusha utambulisho wetu wa Wakristo. Sihitaji kujua ni nani jirani yangu ili nimpende na kumsaidia. Nimekuwa mwanafunzi wa Kristo ili kuwa jirani wa wote ka ma Kristo alivyo. Kumpenda jirani ni kumsaidia kushinda hali mbaya ya maisha yake. Kwa upande wetu tulio Wakristo, jirani ni yule tunayomgundua kama aliye na haja nasi twamua kuwa jirani kwake kwa kuandamana naye kumhakikishia maisha ya heshima hata ikiwa mwendo huu unapodai tutumie muda wetu na rasilimali zetu. Neema ya Bwana itusaidie kutenda kama “msamaria mwema”.


Fr Ndega

sábado, 2 de julho de 2022

FURAHA ISIYOKATISHA TAMAA

 

Tafakari kuhusu Is 66: 10-14; Gal 6: 14-18; Lk 10: 1-12




     Muhtasari wa ujumbe wa maandiko haya ni uhakika kwamba sisi hatuko tu kwenye utume bali pia sisi ni utume hapa duniani. Si sifa yetu bali ni uzuri na ukarimu wa yule aliyetuita na kututuma kwa ajili ya wokovu wetu na wa wengine. Kuwa mmisionari ni kuitwa kwa furaha ambayo inautegemea uaminifu kwa Mungu mwaminifu. “Yeye anataka kuuanzisha moyo wa Mwana wake ndani yetu” na kwa ajili ya hilo anataka tupatikane na tuwe wakarimu.

    Akitumia lugha ya mama, Isaya anatoa mwaliko wa furaha kwa sababu ya kile ambacho Bwana anakaribia kutimiza katika maisha ya watu wake. Uwepo wa kudumu wa Mungu katikati ya watu wake hushinda nyakati za usumbufu na kukatishwa tamaa kwa kufungua nafasi za matumaini na furaha hata kama kila kitu kinaonekana kupotea. Kama watu hawa, sisi pia tunaombwa kuwa na imani isiyochoka katika utendaji wa Bwana kwa sababu Yule anayeahidi ni mwaminifu daima.

    Somo la pili linatoa mabishano makubwa: baadhi ya Wakristo wa Kiyahudi, ambao bado waliendelea kushikamana na mila zao za Kiyahudi, walitaka kuwalazimisha wapagani kutahiriwa kama wao. Kwa sababu hii Paulo anasema kwamba tukihukumu hivyo tunaufanya msalaba wa Kristo kuwa bure. Kwa njia ya msalaba Kristo alishinda kifo nao ulimwengu wa kale pia ulisulubiwa! Sisi ni viumbe wapya. Ni jukumu letu kuishi kama wamefufuka, tukiacha tabia za zamani, mawazo ya zamani, kila kitu ambacho kinapingana na hali yetu mpya.

    Kifungu cha Injili kinatujulisha kwamba Yesu pamoja na mitume kumi na miwili tena aliita na kuwatuma watu wengine 72 ili kuinjilisha. Nambari hii, katika Agano la Kale ilikuwa ishara ya jumla ya mataifa na kumaanisha utume wa ulimwenguni kote, yaani, kuinjilisha sio tu kazi ya mapadre na watawa bali inahusisha kila mtu anayebatizwa. Yesu anawatuma wawili-wawili, akiweka uzoefu na uhusiano wa jumuiya kama rejeo la shughuli zao. Utume ni ahadi ambayo mtu achukua sio peke yake. Tunahitaji msaada wa jumuyia kwa mafanikio ya kazi yetu ya kuinjilisha.

    Wanafunzi wanapaswa wawe watu wa sala kama tukio la msingi, yaani, kama msingi unaodumisha jengo la kuwepo kwao. Ni lazima wafahamu kwamba mavuno yana bwana wake, yaani Baba mwema na mkarimu, ambaye anajua mahitaji ya watoto wake kabla ya amwombe chochote. Akitumia neno mavuno, Yesu anataja umuhimu wa kuthamini kila mahali tunapofika kwa sababu Roho Mtakatifu ametutangulia kwa mbegu za Neno la milele. Kwa hiyo, mtu hatoki nje ya bustani yake kuelekea jangwani mwa wengine, bali aenda kutoka bustani moja hadi nyingine.

    Mungu hahitaji maombi yetu; ni sisi tunaohitaji kuomba kwa sababu tunapoomba tunakua katika ufahamu wa kuwa watoto na wanafunzi wanaopendwa sana; tunakuwa vile tulivyo kwa wito. Wanafunzi ni kama wana-kondoo katikati ya mbwa-mwitu, kwa sababu wameitwa kumwilisha utambulisho wa Mwana-Kondoo wa kweli, Yeye anayeondoa dhambi za ulimwengu kwa sababu anaweza kutoa maisha yake kwa ajili ya rafiki zake. Ni katika utambulisho huu - wa upendo, wa kujitolea - kwamba maisha yao yanapata maana yake ya kweli. Kuinjilisha ni kujitolea.

    Miongoni mwa mahangaiko ya Yesu pia kuna tatizo la miliki ambayo tunaitegemea sana kwa ajili ya kufanya baadhi ya shughuli. Yesu anatuomba busara, unyenyekevu, kujitenga na usalama hio wa uwongo ambao mara nyingi zinaelekea kuchukua nafasi ya Mungu maishani mwetu. Amini kwa Riziki takatifu ya Mungu ni tabia ya msingi ya mmisionari wa kweli na inakuwa tangazo la kinabii la upendo na utunzaji wa Mungu kwa watoto wake. Kuishi katika wingi wa mali kunahatarisha uaminifu wa ujumbe tunaotangaza kwa kuwa kikwazo kwa imani ya wengine.

     Wanafunzi wanarudi wakiwa wamejawa na furaha kwa sababu walipata mafanikio katika utume, hasa kuelekea pepo waliojisalimisha kwao kwa sababu ya jina la Yesu. Lakini bwana aliwaomba wawe macho kwa aina hii ya furaha inayoweza kutudanganya. Furaha ya kweli haitokani na mafanikio kwa kazi iliyofanywa au kuwa maarufu katika ulimwengu huu. Utukufu wa dunia hii hudumu sana. Furaha ya kweli ni kukaribishwa na Baba kama watoto wapendwa na kushiriki katika utume wa Mwana, kwa kupokea uhai wake mwenyewe. Tuweze kupata kufanana na maisha ya Yule ambaye tumeitwa kumtangaza kwa maisha kabla kwa maneno.


Fr Ndega