sábado, 25 de janeiro de 2020

LA CHIAMATA FATTA AD OGNI PERSONA



Riflessione su Is 8, 23-9,3; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4, 12-23



       Il profeta Isaia parla di un futuro glorioso e pieno di gioia nel cammino del popolo di Dio. Tutto questo diventa realtà nella persona e nella missione di Gesù. Quando Giovanni è stato arrestato, quando cioè la profezia della Parola di Dio non era più proclamata, Gesù ha capito che era arrivato il suo turno. Lascia così la Giudea dove ha fatto l’esperienza del battesimo e del deserto e va in Galilea, considerata “paese dei pagani” a causa del gran numero di non ebrei che vi si stabilirono in quella zona. Gesù va abitare a Cafarnao, proprio nel territorio di Zabulon e di Neftali, portando luce e gioia ad un popolo che viveva l’aspettativa per la venuta del messia con tanta intensità.
     Gesù è la luce che queste persone stavano aspettando. Mentre altri (specie i Rabbini) facevano pensare a queste persone a un certo allontanamento divino a causa della loro situazione di impurità, Gesù invece, annuncia loro la vicinanza del Regno di Dio. Però è necessaria la conversione come atteggiamento fondamentale per accogliere questo Regno. Diceva infatti: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.
     Nella persona di Gesù il Regno diventa una realtà concreta. Credere e accettare questo regno vuol dire accettare di seguire Gesù che porta la proposta di una società totalmente nuova che cambia totalmente la vita di chi è coinvolto. Dove lui è accolto tutto cambia. La sua proposta di conversione è un invito a passare dalle tenebre alla luce. Gesù è luce perché con il suo insegnamento illumina le menti aprendole alla verità e rivelando il vero volto di Dio.
    Gesù poteva agire da solo, ma ha preferito chiamare collaboratori, che hanno risposto con piena disponibilità. Così passa e vede due fratelli, cioè fissa lo sguardo sulla famiglia che nei suoi rapporti e nel lavoro di ogni giorno va generando vita e costruendo la storia. Gesù si offre come punto di riferimento, chiamando questi fratelli a dare un senso vero alla loro quotidianità: “venite con me e vi farò pescatori di uomini”. Gesù è molto chiaro e la sua proposta è coinvolgente e affascinante. Da questi fratelli egli vuol costruire un mondo di fratelli. Questa proposta invita a lasciare tutto subito, cioè con totale disponibilità: le reti, la barca, la famiglia…    
     Per lui non sono stati sufficienti solamente quei primi collaboratori, ma ha continuato a camminare e chiamare. La sua chiamata è radicale, e così deve essere anche la risposta della gente. Coloro che lui ha chiamato erano gente semplice della Galilea, abituati alle sfide della vita. Gesù li vede e il suo sguardo penetra in profondità nei loro cuori. Questo è uno sguardo che vede dentro e lontano, che affascina perché invita a pescare diverso, a cambiare la loro vita. È un grande equivoco pensare che il brano parli solo della vocazione dei preti e delle suore. No, qui stiamo parlando della chiamata a seguire Gesù, a vivere il vangelo fatta ad ogni persona.
    La chiamata fondamentale fatta ad ogni persona è quella di andare dietro Cristo e con Cristo per dare un senso vero alla propria vita, come i primi discepoli che continuarono ad essere pescatori ma in modo diverso. Se ho una professione o se sono sposato o se ho una delle vocazioni di servizio ecclesiale o se sono ancora in ricerca, dopo il confronto con la parola di Gesù, non posso continuare lo stesso, non posso far finta di niente; devo prendere posizione, vivendo la mia vocazione o ricerca diversamente.  La quotidianità e la realtà della comunità sono stati molto importanti nella vita di Gesù e dei suoi primi discepoli. Questi sono per noi i luoghi dove Dio ci visita continuamente e ci propone una metanoia, cioè un cambiamento di mentalità, di modo d’agire, di ragionare, di vivere.
     Per vivere bene la vocazione bisogna lasciare qualcosa o molte cose. “Però è importante ricordare anche che discepolo non è chi lascia qualcosa, ma chi ha incontrato qualcuno. Quello che si perde è compensato abbondantemente con quello che si trova”. È proprio così la nostra avventura di seguire Gesù: non sappiamo dove va finire, ma lui sa. Bisogna avere il coraggio di fidarsi di lui che ha avuto il piacere di affidarci il suo Regno. Quindi siamo chiamati a unire la nostra vita alla sua per dare un senso nuovo alla nostra vita. Come i primi discepoli che hanno lasciato tutto e con prontezza hanno risposto al Signore che li chiamava, affidiamoci a Gesù, lasciando le nostre false sicurezze e tutto ciò che ci impedisce di vivere la nostra vocazione con totale disponibilità al servizio del Regno. 

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi

segunda-feira, 20 de janeiro de 2020

ECCO L’AGNELLO DI DIO



Riflessione su Is 49, 3.5-6; 1Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34



       Vogliamo riflettere sulle tre testimonianze che la liturgia di questa domenica ci propone e che ci aiutano a vivere la nostra vocazione. In primo luogo, la testimonianza del servo del Signore (prima lettura); in secondo luogo, la testimonianza di S. Paolo come apostolo per volontà di Dio (seconda lettura); e, terzo, la testimonianza di Giovanni Battista su Gesù come l'Agnello di Dio (Vangelo). In tutte queste testimonianze, è sempre Cristo il nostro punto di riferimento e il nostro essere testimone è sempre a partire da una esperienza vissuta con Lui; così la nostra missione sarà sempre una partecipazione alla sua missione.

    Per quanto riguarda la testimonianza del servo del Signore scritto durante l’esilio babilonese, possiamo trovarlo nella seconda parte del libro di Isaia. Ci colpisce molto quanto questo servo è consapevole dell’origine divina della sua vocazione del supporto di Dio nella sua vita. Dio conosce il suo servo perché lui stesso lo ha preparato dal seno di sua madre e lo presenta in forma molto affettuosa perché la vita del suo servo gli è cara. La vita di chi serve il popolo di Dio è gradita a Dio, perché non cerca se stesso, ma la gloria di Dio. Il rapporto d’amore con il suo Signore è la ragione della sua fedeltà. Questa è l’esperienza che genera identità e dà senso alla missione. 

     Nella seconda lettura, San Paolo è consapevole del fatto che la sua chiamata come apostolo di Gesù Cristo è la volontà di Dio. Egli ha vissuto la sua vocazione con grande passione e disponibilità assoluta per l'evangelizzazione. La sua esperienza di vita ci aiuta a capire il senso profondo della nostra partecipazione al sacerdozio di Cristo mediante il battesimo. Come battezzati siamo membri del corpo di Cristo e chiamati ad agire per l'edificazione di questo suo corpo, che è la chiesa. In ogni battezzato sta presente tutta la Chiesa. Ciò che accade nella vita di un membro è responsabilità di tutto il corpo.

       All’inizio di questo brano di Vangelo troviamo l’espressione “Il giorno dopo”. Certamente ci viene la curiosità di sapere cos’è successo il giorno prima. Giovanni era già diventato famoso e questo causava preoccupazione. Allora, viene inviata da Gerusalemme una delegazione per interrogarlo: “19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo»”. Giovanni non si mette a parlare di se stesso ma di qualcun altro. La sua missione è vivere per annunciare la presenza di un Altro e preparare le persone per accoglierlo.
     
      Ci colpisce il modo entusiasmante e bello di Giovanni quando parla di Gesù. Più tardi quando Gesù troverà l’opportunità parlerà bene anche lui di Giovanni. Abbiamo molto da imparare da questi due. Giovanni, che è stato visitato dal Salvatore quando era ancora nel ventre di Elisabetta, e che è stato raggiunto dalla Parola nel deserto, per due volte afferma che fino ad allora, ancora non aveva conosciuto Dio. Questo ci fa pensare che la vera conoscenza di Dio si dà quando ammettiamo la nostra ignoranza di Lui. Più pensiamo di conoscere Dio, più Egli ci sorprende sempre!

       Gesù stava passando e Giovanni era attento al suo passaggio e all’ispirazione dall’alto. La sua voce si fa sentire, presentandolo come “l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” “L'agnello, nella Bibbia, come del resto in altre culture, è il simbolo dell'essere innocente, che non può fare del male ad alcuno, ma solo riceverlo”. Ricordiamo l'agnello pasquale, preparato e mangiato quella notte della fuga dall’Egitto. Il suo sangue fu segno di salvezza. Abbiamo anche l’immagine del servo sofferente della profezia di Isaia che portava su di sé i peccati di tutti. Abramo è impedito di sacrificare il suo figlio e al suo posto Dio fa trovare un agnello. Anche questo agnello è immagine del sacrificio del Figlio unigenito di Dio, l’innocente che soffre.

       Portando su di sé le sofferenze e i dolori del mondo Cristo ha dato un nuovo senso alla sofferenza e al dolore umano. “L’ha cambiato dall'interno: da segno di maledizione, ne ha fatto uno strumento di redenzione. Gesù non ha dato però solo un senso al dolore, gli ha conferito anche un potere nuovo, una misteriosa fecondità. Guardiamo cosa scaturì dalla sofferenza di Cristo: la risurrezione e la speranza per tutto il genere umano”. La nostra grande risposta dinanzi al dolore umano è Gesù Cristo. C’è dolore ma è un dolore redento. C’è una grande differenza tra soffrire con Cristo e soffrire senza Cristo. Se soffriamo con Cristo anche la nostra sofferenza diventa redentrice.

       Nelle sue lettere l’apostolo Paolo ci racconta la sua esperienza di patire nella sua carne quello che manca alla passione di Cristo. Egli e tanti altri hanno fatto l’esperienza di essere agnelli come Cristo, trovando in essa il vero senso per la loro vita. Tutti noi che siamo discepoli, siamo invitati ad essere “agnelli” anche noi, entrando nella dinamica del vero Agnello, Colui che toglie i peccati del mondo perché è in grado di donare la vita per coloro che egli ama. La sua logica è la logica dell’amore, del dono di sé. Unendo la nostra vita alla sua diamo un senso nuovo alla nostra. Quindi non cerchiamo il sacrificio ma mettiamoci a disposizione del Signore, secondo le chiamate e le opportunità che Egli ci offre per farci capire che non siamo da soli in qualsiasi situazione in cui la nostra vita si trova.

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi


sábado, 11 de janeiro de 2020

KATIKA MWANA MPENDWA SISI TU WAPENDWA PIA



Kutafakari kuhusu Isa. 42:1-4, 6-7; Mdo. 10:34-38; Mt 13: 13-17




      Tunasherehekea sikukuu ya ubatizo wa Bwana Wetu Yesu Kristo. Hii ni mwisho wa Wakati wa Krismasi na mwanzo wa Wakati wa Kawaida. Kama ubatizo ni mwanzo wa maisha yake hadharani, katika liturjia hii ni nafasi ili tuandamane naye katika kazi yake ya kawaida huko Palestina. Hii ni nafasi maalum pia ya kuukumbuka ubatizo wetu na kuweka upya ahadi ya kuwa Wakristo, kwa kuishi wito wetu wa wana wa Mungu kama Kristo alivyo.

     Yesu ndiye mtumishi wa Bwana, aliyetabiri na Isaya, kulingana na somo la kwanza. Mungu mwenyewe anajulisha mtumishi wake kama yule ambaye anatenda kulingana na mapenzi yake kwa sababu hatumii mamlaka yake kwa manufaa yake mwenyewe bali anapenda kuishi kama “agano la watu na nuru ya mataifa.” Hivyo uwepo wake duniani ni mafanikio ya wokovu  wa Mungu  kwa wote hasa kwa ajili ya walio na shida nyingi.

       Kulingana na kitabu cha Matendo, Petro anatangaza amani kwa kupitia Yesu aliyefanya kazi njema kwa maisha ya watu kwa sababu Mungu alikuwa pamoja naye. Vivyo hivyo kwa sisi sote tuliobatizwa katika Kristo, yaani tunaalikwa kuishi kama Kristo kwa kuendelea utume wake kwa manufaa ya Kanisa na wokovu wa binadamu kwa sababu yeye yuko pamoja nasi. Tumshukuru Mungu kwa zawadi ya ubatizo wetu ulio ushiriki katika uhai wake wenyewe.

      Katika Injili tuko na mkutano maalum kati ya Yesu na Yohana ambaye alikuwa akibatiza. katika wakati wa kwanza Yohane alikataa kumbatiza Yesu kwa sababu alijifikiria mwenyewe kama sauti tu wala asiyestahili kufungua ukanda wa viatu vyake. Baadaye Yesu mwenyewe atatambua ukuu wa Yohane akiweka unyenyekevu wake kama mfano kwa safari yetu. Yohana aliwabatiza watu kwa maji kama ishara ya kugeuka kwao kutoka dhambi. Lakini Yesu hakuwa na dhambi, basi, kwa nini alikubali kubatizwa?

    Kwa Yesu ilikuwa nafasi ya kuonyesha mshikamano wake kuhusu kazi ya ajabu ya Yohana, kuthibitisha kwamba Mungu anatarajia watu wake warudi kwake. Wakati wa ubatizo wa Yesu Mungu mwenyewe alimjulisha akisema: “Wewe ni Mwanangu mpendwa, nimependezwa nawe”. Sauti hii itasikika tena katika tukio la milima. Huko milimani Mungu Baba alionyesha pendo lake kumhusu Mwanawe akiwaalika wote wamsikilize na kuishi kama wapendwa kama Yesu. Matukio mawili yalenga kutuhusisha katika ushirika wake na Baba.

       Yesu alionyesha pia unyenyekevu akijifananisha na binadamu ambaye ana udhaifu na kuhitaji kuishi katika ushirika na Mungu. Yesu alikuja si kuishi kujitengwa na watu bali aishi kuhusishwa katika safari yao. Kabla ya Yesu maji yalikuwa na nguvu ya kutakasa mwili pekee yake. Kutokana na uzoefu huu Yesu aliyatakasa maji ili yawe na nguvu ya kutakasa pia roho ya watu, yaani maji ya ubatizo.

      Baada ya kupokea ubatizo wa Yohana na kujulishwa kama Mwana mpendwa wa Mungu Yesu aliwezeshwa na Roho Mtakatifu ili aanze kazi yake akipendekeza uzoefu huu kwa wote ambao wanataka kuwa watoto wapendwa wa Mungu. Tunaweza kusema kwamba ubatizo ambao Yesu anapendekeza ni uwezo wa kushiriki katika uzoefu wake wa Mwana wa Mungu. Ubatizo huu ni ishara ya utambulisho wa Kikristo, yaani Ubatizo wa Roho Mtakatifu na kwa moto, kulingana na maneno ya Yohane Mbatizaji.

      Ubatizo huu una nguvu ya kufanya mabadiliko katika maisha ya mtu yeyote kwa sababu unamfanya kuzaliwa katika familia ya Mungu. Alama yetu kama watoto wa Mungu haiwezi kufutika. Ipo daima! Tunaweza kuishi maisha mapya ambayo ni zawadi ya Kristo mwenyewe na matokeo ya utume wake. Ubatizo wetu, pamoja na maondoleo ya dhambi, unadhamini ushiriki katika uzima wa Mungu mwenyewe.

      Kupitia alama hii ya nje tunakufa kweli kwa maisha ya dhambi, na pia tunapitia ufufuko wa maisha mapya katika Kristo aliye mshindi dhidi ya dhambi na mauti. Yeye ni mwanga wa kweli ambao unamtia nuru kila mtu. Yeyote akimfuata hatatembea gizani bali atakuwa na nuru ya milele. Kupitia mwendo huu tumekuwa wana wa nuru ili tutembee katika mwanga wa Mungu kila siku ya maisha yetu. Ekaristi hii itusaidie kuishi lengo hili la safari yetu ya Kikristo, walio wana wapendwa wa Mungu.

Fr Ndega

NEL FIGLIO AMATO SIAMO AMATI ANCHE NOI



Riflessione a partire di Isa. 42, 1-4, 6-7; Atti. 10, 34-38; Mt 13, 13-17




        Celebriamo la festa del Battesimo di nostro Signore Gesù Cristo che segna la fine del Tempo di Natale e l’inizio del Tempo Ordinario. Se il battesimo di Gesù è l’inizio della sua vita pubblica, a partire da questa liturgia ci viene data l’opportunità di accompagnarlo nell’esercizio del suo ministero in Palestina. Questa è anche un'occasione per ricordare il nostro battesimo e rinnovare il nostro impegno cristiano, vivendo la vocazione di figli di Dio, come Cristo.

       A Gesù si applica la profezia di Isaia sul servo del Signore, secondo la prima lettura. Dio stesso presenta il suo servo come colui che fa la sua volontà perché non vive per se stesso, ma ama vivere come “un’alleanza del popolo e luce delle nazioni”. Così la sua presenza nel mondo è il compimento della salvezza di Dio per tutti.

      Secondo il Libro degli Atti, Pietro proclama la pace attraverso Gesù che ha fatto del bene alle persone perché Dio era con Lui. Allo stesso modo, tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo, cioè, siamo diventati “altri cristi”, siamo invitati a vivere come Lui, continuando la sua missione per il bene della Chiesa e la salvezza dell'umanità perché Lui è con noi. Ringraziamo Dio per il dono del nostro battesimo che è condividere la sua vita.

     Nel Vangelo abbiamo un incontro particolare tra Gesù e Giovanni che stava battezzando. All’inizio, Giovanni rifiutò di battezzare Gesù perché si considerava una voce soltanto, indegno anche di chinarsi per sciogliere i lacci delle sue scarpe. Ma accetterà per l’insistenza di Gesù. Più avanti, Gesù stesso riconoscerà la grandezza di Giovanni mettendo la sua umiltà come esempio per il nostro cammino. Giovanni battezzava il popolo con acqua come segno di conversione. Ma Gesù non aveva bisogno di conversione, allora perché accettò di essere battezzato?

       Per Gesù questa fu un’occasione per mostrarsi solidale con i peccatori, compiendo la profezia di Isaia: Egli è il servo del Signore umile e mite, che non disprezza nessuna traccia di bene e opera per la salvezza di tutti”. Allora, sin dal battesimo, vediamo come Gesù manifesta il suo essere misericordioso per il suo gesto di mescolarsi con i peccatori e coinvolgersi nel loro quotidiano. Con il suo gesto Gesù apprezza anche l’opera di Giovanni, confermando che Dio cerca un popolo ben disposto che torni a Lui con tutto il cuore.

       Dice il testo che appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua e la voce del Padre si fece sentire: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. Il Padre si compiace del Figlio perché fa la sua volontà, che è salvare i peccatori. Questa voce sarà udita di nuovo nell’evento della trasfigurazione. Sulla montagna Dio Padre ha mostrato il suo amore per suo figlio invitando tutti ad ascoltare e vivere da amati come Gesù. I due eventi sono un invito a coinvolgersi nella stessa comunione che il Figlio prova con il Padre.

       Lo Spirito scende e rimane su di Lui. Dopo questa esperienza, Gesù si sente motivato dallo Spirito Santo a iniziare la sua opera di salvezza proponendo la grazia di una nuova nascita a tutti coloro che sono chiamati ad essere figli amati nel Figlio. Il battesimo che Gesù suggerisce è la capacità di partecipare alla sua stessa vita. Il segno distintivo che ci viene stampato, cioè, la nuova identità di figli di Dio non può essere spazzato via. Rimane per sempre! Questa nuova vita è dono di Cristo stesso e compimento della sua missione.

    Attraverso questo segno esteriore moriamo veramente alla vita di peccato, e sperimentiamo la risurrezione per una nuova vita in Cristo. Questo ci porta a contrapporre  tutto ciò che va contro la dignità di questa vita. Siamo fatti cristiani per fare la differenza in un mondo che si allontana sempre di più dalla proposta di vita predicata da Giovanni e incarnata da Gesù. Egli è vera luce che illumina tutti. Chi lo segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Così, a partire da lui la nostra nuova condizione come figli amati è quella di contribuire a far conoscere sempre di più il progetto d’amore del Padre per tutti i suoi figli.

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi