sexta-feira, 15 de julho de 2022

L’ACCOGLIENZA CHE FA LA DIFFERENZA

 

Riflessione a partire da Gn 18, 1-10a; Col 1, 24- 28; Lc 10, 38-42




 

    Il tema centrale di questa liturgia è l’accoglienza. Essa rende le persone più umane e, quindi, più adatte a collaborare nell’opera che il Signore vuole realizzare nel mondo.

    La prima lettura racconta la visita di Dio Trinità ad Abramo e Sara che, nel loro modo di accogliere cercano di fare tutto il possibile affinché questi nobili ospiti si sentano a casa. In riconoscenza a tanta premura, Dio regala a questa coppia di anziani senza figli il dono più atteso della loro vita: la nascita di un figlio, il bambino Isacco. Dio ama essere accolto e portare vita nuova all’interno del nostro vissuto. Che possiamo anche noi essere disponibili alle sue visite, ai suoi piani.

    Nella seconda lettura la sofferenza che Paolo vive nell’annuncio del vangelo alle nazioni gli causa una grande gioia perché si sente unito a Cristo che ha sofferto e si è offerto perché la salvezza di Dio raggiunga tutti gli uomini, nessuno escluso. Di questo disegno Paolo si considera ministro, e per questo impiega tutte le sue forze, soffrendo in favore della Chiesa. Sofferenza per la Chiesa è sofferenza per Cristo. Chi ha scelto Cristo non pensa a sé stesso perché per lui il vivere è Cristo.

    Nel brano di Vangelo ci viene proposto Gesù che, stanco dal viaggio, accetta volentieri di essere ospitato presso la casa dei suoi amici per un tempo di riposo. In quel momento nella casa ci sono solo le due sorelle. Il fratello Lazzaro certamente è al lavoro fuori. Le due sorelle cercano di offrire una accoglienza degna al nobile ospite, ma ciascuna a modo suo. Marta si occupa dell’ambiente, Maria si occupa della persona (del maestro); Marta con il servizio, Maria con l’ascolto. Sembrano cose separate e contrapposte, ma Gesù ci insegna a interpretare in un modo diverso:

    Da quando è arrivato, Gesù ha notato che Marta mentre serviva si agitava, andando da una parte all’altra senza un centro, un punto di riferimento, senza fermarsi. In realtà c’era bisogno di servire l’ospite, ma non di agitarsi per la sua presenza. Maria ha fatto una scelta diversa, vale a dire, si è messa come discepola ai piedi del maestro, come se non avesse niente da fare, dando più importanza a quello che Egli voleva fare per lei che a ciò che lei poteva fare per lui. La differenza è enorme ma non è questo il problema: Gesù non vede il servizio in contrapposizione all’ascolto.

     Anche se Gesù aveva notato il comportamento di Marta, forse non avrebbe detto niente se non fosse stato interpellato. “Ad un certo punto Marta, irritata dal fatto che Maria non l’aiutasse nelle faccende domestiche, interpella Gesù, in modo un po’ scortese”, dandogli un ordine, affinché lo ripassasse alla sorella, tale era il suo stato di confusione. Se sua sorella l’avesse aiutato in quel suo modo di fare, allora non sarebbe stata solo lei in agitazione ma entrambe. Insomma, una cosa è ospitare e un’altra cosa è accogliere. Marta ospita Gesù ma è stata Maria ad accoglierlo.

Gesù rimprovera Marta con molta tenerezza perché riconosce anche la sua dedizione e premura, però lascia intendere in modo ben chiaro che non ha bisogno della sua agitazione. Con questo, dobbiamo rifiutare l’interpretazione che dice che Gesù non ha considerato il servizio concreto come necessario. Con il suo rimprovero, Egli ha richiamato l’attenzione di Marta e di tutti noi riguardo “l’importanza fondamentale dell’ascolto della sua parola”. Le altre cose sono importanti ma possono aspettare. È la parola che deve guidare il nostro essere e il nostro agire. Quindi, il suo ascolto prioritario non va trascurato. In questo senso Maria di Betania è il nostro modello.

Veramente Gesù cerca degli amici e non dei servi: “Non vi chiamo servi… vi ho chiamato amici perché vi ho fatto conoscere tutto ciò che il Padre mi ha mandato”. Non siamo servi ma amici dello sposo, chiamati a servire. Il nostro servizio sarà espressione della sua volontà se siamo suoi amici. Non è la quantità delle cose che facciamo che conta, ma la qualità dei nostri rapporti. Pensiamo di fare il massimo per il Signore, ma lui vuole soltanto il nostro meglio. Se le nostre scelte non corrispondono alle sue aspettative diventa inutile quello che facciamo nel suo nome. Per spendere la vita per Cristo senza rendere vano il nostro apostolato bisogna che impariamo a “metterci in un atteggiamento di continuo e docile ascolto delle sue parole per cercare di conoscere e compiere la sua volontà”.  Servizio e spiritualità sono due realtà che devono trovare nella nostra vita la loro integrazione e la loro giusta posizione affinché il Signore rivolgendosi a noi riconosca ciò che ha riconosciuto in Maria, vale a dire la parte migliore, la scelta migliore, perché fatta con saggezza e non con agitazione.    


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

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