quinta-feira, 21 de julho de 2022

VIVIAMO QUELLO CHE PREGHIAMO!

 

Riflessione a partire da Lc 11, 1-13




 

    Dopo averci illustrato, nel Vangelo di domenica scorsa, quale deve essere la priorità della nostra vita parlando proprio dell’ascolto della sua parola, oggi Gesù ci insegna come pregare, perché pregare e che cosa chiedere nella preghiera. Vogliamo quindi riflettere sul grande valore della preghiera del Signore, cioè del "Padre nostro" e sugli impegni che siamo invitati ad assumere a partire da questa preghiera. Come sintesi degli insegnamenti di Gesù, questa preghiera rivela l'identità cristiana e quando preghiamo, vogliamo significare che siamo un’unità e membri di un’unica famiglia, la famiglia dei figli e figlie di Dio.

    Attraverso la preghiera, Gesù dà ai suoi discepoli un importante esempio di vita poiché pregare era il suo atteggiamento quotidiano. In questo colloquio da cuore a cuore, Gesù chiama Dio “Abba” vivendo con Lui un rapporto profondo, proprio come un bimbo con il suo papà. Quindi, pregare è vivere un rapporto con Dio come tra padre e figlio/a. Quando preghiamo sentiamo Dio molto vicino a noi. La preghiera apre il nostro cuore a riconoscere e accogliere i suoi doni. Se non preghiamo la nostra fede si indebolisce. Sebbene i discepoli di Gesù conoscessero molte preghiere della loro religione, il loro spirito aveva bisogno di qualcosa in più, cioè, più intimità. Questo lo hanno capito vedendo il loro Maestro pregare. Allora uno di loro chiede: "Insegnaci a pregare!"

    Quando Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare, consegna loro le parole che scaturiscono dal suo rapporto con il Padre e ricorda loro la necessità di avere un atteggiamento giusto davanti a un Padre così, vale a dire, un atteggiamento di figlio che si rivolge al Padre con fiducia. Questo è l’atteggiamento di abbandono nelle mani di Colui che conosce i bisogni dei figli prima ancora che chiedano qualcosa. Gesù non aveva bisogno di pregare perché è Dio, e lo stesso Padre era in Lui; tuttavia, pregava molto. Per lui una persona dovrebbe pregare non solo quando ha bisogno, ma perché questa è una parte integrante della sua vita, come mangiare, bere acqua o respirare.

    La prima parte di questa preghiera riconosce la paternità di Dio, che si manifesta attraverso la sua cura e bontà; e invita a glorificare il suo nome, cioè: “Padre nostro... sia santificato il tuo nome!" Tutte le cose che vengono dopo le parole - “Padre (nostro)” - dipendono da esse. Glorificare il nome di Dio è dare a Dio la sua gloria, fare spazio nella propria vita a questo Dio, facendo la sua volontà così come ha fatto Gesù: “Mio cibo è fare la volontà del Padre mio”. È necessario fare la volontà di Dio affinché il Suo Regno si compia sulla terra come in cielo.

    Dobbiamo rivolgerci al Padre con fede, non solo per chiedere qualcosa, ma con la consapevolezza di aver ricevuto molto. Ci dice la Parola: “Dalla sua bontà abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Questa testimonianza è la prova della cura amorevole di Dio che condivide i suoi doni con i suoi figli, aspettando che facciamo lo stesso per gli altri affinché la nostra fraternità sia espressione della sua paternità. È anche importante essere perseveranti e aspettare il tempo di Dio.

    Quando preghiamo il Padre Nostro dimostriamo che stiamo pensando non solo ai nostri bisogni ma anche a quelli degli altri. Il Padre Nostro ci insegna a chiedere il “pane quotidiano”. Questo ci fa ricordare il nostro impegno nella lotta contro ogni tipo di accumulo e spreco di cibo, che offende la fraternità, facendo soffrire i più bisognosi. Papa Francesco afferma: “Il consumismo ci ha portato a usare il superfluo oltre allo spreco del cibo quotidiano... Ricordiamoci che il cibo che gettiamo nella spazzatura è come se lo avessimo rubato dalla tavola dei poveri e degli affamati”.

    Per San Giovanni Calabria, la preghiera del Padre nostro “è il Vangelo in poche parole. Tutti i problemi dovrebbero essere pensati e studiati in armonia con la paternità di Dio”. Se diciamo “Padre nostro” è perché siamo convinti di essere fratelli di tanti altri. Dio non discrimina e non dimentica nessuno dei suoi figli. “Quando un gruppo religioso inizia a pensare e ad agire come se Dio fosse solo con loro e non con le altre persone, sta personalizzando Dio”. Una preghiera così non gli può essere gradita perché non pensa ad altri fratelli e sorelle.

    Nella nostra preghiera, non sempre riceviamo ciò che chiediamo. Per quale ragione? Forse non preghiamo ancora in modo giusto. San Geronimo ci consiglia: «E’ certo che Dio dà a chi chiede, che chi cerca trova e a chi chiama gli si apre; si vede chiaramente che chi non ha ricevuto, chi non ha trovato e neppure gli hanno aperto, è perché non ha chiesto bene, non ha cercato bene e non ha bussato bene alla porta». “L'ultima parte di questo brano del vangelo mostra cosa chiedere e cosa ci sarà dato, cioè lo Spirito Santo”. È il grande dono che il Padre ci fa. È solo con Lui che possiamo pregare come a Dio conviene. Questo Spirito ci assicura che “la vera preghiera non costringe Dio a cambiare i suoi piani per fare la nostra volontà”.

    Quindi, Dio non ci dona sempre ciò che gli chiediamo, ma ci dona sempre ciò di cui abbiamo bisogno, secondo la sua volontà. Così, oltre ad essere un modo di pregare la preghiera del Padre Nostro, è anche un modo di vivere. Mentre preghiamo rinnoviamo il nostro impegno con la fraternità, vivendola a partire dall'esperienza della paternità di Dio. Questo implica un atteggiamento giusto verso di Lui, cioè, ad avere un atteggiamento di figli, perché “chi non vive da figlio non impara ad essere fratello”. Lo Spirito ci aiuti a vivere le parole che diciamo quando preghiamo "Padre nostro".


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

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