sexta-feira, 5 de novembro de 2021

LA GENEROSITÀ DEL CUORE

 

Riflessione su 1 Re 17,10-16; Eb 9, 24-28; Mc 12, 38-44

 


    La centralità della nostra riflessione è la parola “generosità” come atteggiamento fondamentale del credente. Dio non si lascia vincere in generosità. Chi è generoso verso di Lui riceve in sovrappiù. Questa esperienza è molto presente nel nostro quotidiano e molto evidente nella vita delle due vedove presentate dalla liturgia di oggi.

    Nel primo brano (1Re 17, 10-16) , Elia è inviato a una vedova a Sarepta. Questo incontro cambia completamente la prospettiva di vita di quella donna e di suo figlio i quali vivono una situazione drammatica, vale a dire: “…la mangeremo e poi moriremo”. La risposta generosa alla richiesta del profeta esprime un atteggiamento di abbandono fiducioso all’azione provvidente di Dio per cui nulla risulta impossibile. È a questo atteggiamento che siamo chiamati affinché l’azione della grazia di Dio sia efficace nella nostra vita.

Il brano della Lettera agli Ebrei sottolinea che Cristo ha annullato il peccato mediante la consegna totale di sé sulla croce. Questo è il mistero che ci ha salvato e che riviviamo in ogni Eucaristia che celebriamo. Tramite esso pregustiamo la generosità abbondante di Dio che tanto ci ha amato da dare suo Figlio per la nostra salvezza. Quindi, non è solo la memoria di un avvenimento storico ma l’opportunità di partecipazione alla stessa vita di Cristo, che ci invita a portare avanti la sua opera tramite la donazione della nostra vita come lui stesso ha fatto.

    Nella prima parte del Vangelo Gesù richiama l’attenzione dei suoi discepoli riguardo gli atteggiamenti degli scribi come un comportamento da evitare nella sua sequela. Loro gradiscono innalzarsi ed essere lodati dalla gente. Pregano per molto tempo ma senza la giusta intenzione. Si sentono superiori agli altri e sfruttano le vedove. Davanti a questo Gesù manifesta preoccupazione perché questo modo di vivere fa opposizione a quello che lui propone ai suoi.

    La gente capisce che c’è una grande differenza e soprattutto discordanza tra gli insegnamenti di Gesù e quelli degli scribi. Gesù insegna alla gente con l’autorità ricevuta dal Padre. Riguardo l’autorità degli scribi, è stata una convenzione post esilio babilonese in quanto dopo che gli israeliti sono tornati da questa esperienza drammatica, gli scribi assunsero un compito molto importante nella gestione della vita sociale e religiosa. “Durante l’esilio sono stati loro a scrivere i primi cinque libri della bibbia, la Torà. Soltanto loro erano in grado di giudicare e dare delle sentenze secondo la Legge” (cf F. Armellini, biblista). Loro esortano la gente ad essere fedeli all’Alleanza e a custodire la Legge come fondamento della loro vita. Ma anche se insegnavano alla gente a vivere la Legge il loro modo di vivere era lontano dal loro insegnamento.

    Siamo tutti d’accordo che l’abuso di autorità, la vanagloria e l’ipocrisia sono tentazioni costanti nella vita di chi ha la responsabilità di guidare le persone. Però non soltanto loro sono colpiti da questi mali. Sono vizi che accompagnano la nostra debole condizione umana di cui nessuno è esente. Abbiamo molte volte la tentazione di fare le cose per essere apprezzati, di sfruttare gli altri sentendoci superiori a loro, volendo essere serviti piuttosto che servire. Per combattere questa tendenza, dobbiamo sempre fissare lo sguardo su Gesù che aveva una logica diversa e una via infallibile per superare tutte le tentazioni, vale a dire, la logica e la via dell’amore e del dono di sé senza riserve. E’ solo per questa via che possiamo piacere a Dio.

    È questa la via che ha scelto la vedova di cui parla la seconda parte del Vangelo. “Lei non conosceva Gesù, non era battezzata” ma ha manifestato il modo giusto di essere discepoli di Gesù. E’ andata al tempio per fare un’offerta. Giusto in quel momento Gesù era seduto vicino al tesoro del tempio insieme ai suoi discepoli. Mentre la gente metteva i soldi nel tesoro richiamando l’attenzione di tutti per la quantità, è arrivata questa madre vedova che ha messo soltanto due monete. Questo gesto semplice e quasi nascosto, pieno di generosità, ha richiamato l’attenzione di Gesù che subito lo presenta ai suoi discepoli come modello da seguire.

    Gesù è in grado di vedere quello che gli altri non vedono perché è attento ai dettagli, a ciò che è nascosto, vale a dire: “l’essere umano vede l’apparenza ma Dio guarda il cuore”. Quindi, guardando il suo cuore, Gesù conclude che nella sua offerta, la vedova ha gettato tutto quello che aveva per vivere, cioè, ha messo la sua vita in gioco, ha donato tutta se stessa. Questa è l’offerta che piace a Dio. Lui non gradisce la quantità di cose che qualcuno è in grado di offrire o di fare nel suo nome ma la generosità del cuore. Troviamo il vero senso della vita quando siamo in grado di imitare Dio che nella sua generosità non ci offre qualcosa, ma se stesso.

    Il valore della nostra offerta è misurato secondo la generosità del nostro cuore. La grandezza del cuore di una persona non è misurata dalla grandiosità del regalo che offre ma dalla bellezza del suo gesto. Infatti, sono i piccoli gesti che fanno la differenza. Il grande bene che possiamo fare agli altri è essere per loro quello che siamo chiamati ad essere: fraterni, sinceri. Dove non c’è questo c’è l’ipocrisia che ci impedisce di coltivare rapporti veri con gli altri. Combattiamo questo cattivo atteggiamento imparando dalle persone umili che attorno a noi costruiscono fraternità senza richiamare tanto l’attenzione e che sono espressione della bontà e generosità di Dio.   


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

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