sábado, 18 de abril de 2020

ESSERE STRUMENTO DELLA DIVINA MISERICORDIA



Riflessione su Atti 2,42-47; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31



      
       La domenica di oggi è chiamata “Domenica della misericordia”. Abbiamo tanto da imparare su questa caratteristica fondamentale della nostra identità cristiana! Gesù ci assicura: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7) e non c’è un’altra via per essere un vero discepolo. Abbiamo un’unica sorgente: Il Padre; abbiamo un’unica chiamata: essere misericordiosi. Secondo Papa Francesco: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. Questo è fonte di gioia, di serenità e di pace”.

      Il primo brano riassume l’identità delle prime Comunità cristiane in quattro aspetti fondamentali: “l’insegnamento degli apostoli, la fraternità, la frazione del pane (Eucaristia) e le preghiere”. Questi quattro aspetti diventano la misura della identità delle Comunità cristiane di tutti i tempi. L’unità fra di loro si fa rivelatrice della presenza e azione di Gesù Risorto, motivando tante persone a fare l’esperienza della misericordia di Dio.

      Scrivendo alle comunità cristiane in tempi di crisi, Pietro infonde loro consolazione e coraggio invitando a lodare Dio per la sua grande misericordia. Egli con la risurrezione di Cristo, ci ha rigenerati per una speranza viva, che non delude mai. Il cristiano è chiamato alla gioia, nonostante le prove e le difficoltà della vita. Nella sua identificazione con Cristo, cerca di vivere con autenticità la sua fede in ogni situazione per raggiungere l’obiettivo, cioè la salvezza.

        Dopo aver visto la violenza fatta dalle autorità giudaiche al loro Maestro, i discepoli di Gesù hanno vissuto un clima di paura. Non volevano sperimentare la stessa fine; tuttavia hanno continuato a trovarsi anche in privato. Molte cose che hanno imparato da Gesù erano per loro ragione di identità. Quindi, anche se erano in pericolo, non erano persone senza speranza, perché colui che li ha chiamati a seguirlo non li ha lasciati soli; voleva che fossero suoi testimoni.

       Sapendo che avevano bisogno di aiuto, Gesù si manifestò a loro nel cenacolo, a porte chiuse, e stette in mezzo a loro perché voleva essere il punto di riferimento nella loro vita. Il Risorto è libero e vuole rendere liberi coloro che lo seguono. I discepoli sono ancora schiavi delle loro paure, dei loro dubbi, del loro indurimento di cuore e della loro mentalità messianica delusa. Gesù viene proprio per aiutarli a superare tutto ciò che impedisce loro di essere veri testimoni.

       Il primo risultato di questa manifestazione è la gioia, confermando che essere discepolo di Gesù è essere portatore di gioia. La gioia apre le porte del cuore per ricevere il dono della pace e dello Spirito Santo. Con il suo Spirito, Cristo Risorto conferma la missione di questa comunità, simbolo della nuova umanità totalmente rigenerata dalla sua croce e risurrezione. Coltivando la comunione con Cristo e tra di loro, i discepoli sono inviati alla gente come strumenti della divina misericordia.

      Tommaso non era presente all’incontro comunitario quando il Signore Risorto si è rivelato con i suoi doni. Certamente egli ha preferito fare un’esperienza diversa. Per primo, la sua assenza nella comunità ci fa pensare a coloro che hanno difficoltà a partecipare alla vita della comunità. Questa situazione può essere un rischio per la sua esperienza personale di fede e anche essere ostacolo alla fede degli altri, poiché Tommaso ha avuto difficoltà a credere nella testimonianza degli altri.

      D’altra parte possiamo dire che la figura di Tommaso richiama la comunità a una testimonianza più autentica e convinta della sua fede. Non è sufficiente dire “abbiamo visto il Signore”, ma c’è bisogno di riconoscerlo e proclamare senza paura “mio Signore e mio Dio”. A causa di Tommaso, Gesù fa questa bellissima proclamazione: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.

         Tramite i suoi apostoli, Gesù ci dà il dono della fede chiedendoci di vivere questa fede in una esperienza comunitaria, amandoci ed aiutandoci reciprocamente gli uni gli altri come segno concreto del loro coinvolgimento nel processo di risurrezione che il Signore ci propone ogni giorno. La persona ha difficoltà a credere se crede da solo. La nostra fede è risultato dell’esperienza ecclesiale, perché la fede della Chiesa precede, genera e nutre la nostra fede. Senza la partecipazione nella Comunità abbiamo difficoltà a riconoscere i segni della presenza di Gesù Risorto in mezzo a noi e la nostra fede diventa debole e anche ostacolo alla fede degli altri.

     Questo testo ci aiuta a riconoscere l’importanza di condividere la vita in comunità. Il Signore risorto ha voluto rivelarsi a noi attraverso l’aiuto di altri. Dobbiamo essere attenti alla tendenza della società, al suo modo individualistico di vivere che ha influenzato tanto le nostre relazioni fraterne. Attraverso l’individualismo altri mali arrivano. Noi dobbiamo accogliere Gesù al centro della nostra esperienza comunitaria ed assumere il ruolo della comunità come fondamentale nella nostra vita in modo da poter superare le nostre paure, le incredulità e cosi, a dare una testimonianza efficace nella realtà che ci circonda.


Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi

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