sábado, 28 de março de 2020

LA SPERANZA CHE NON DELUDE



Riflessione su Ezechiele 37, 12-14; Rom 8, 8-11; Giovanni 11, 1-45





          La nostra vita è un grande mistero. Essa è un dono di Dio e trova la sua pienezza in Gesù Cristo, per questo è senza fine, cioè la vita non finisce dopo l’esperienza terrena. E dinanzi l’esperienza evidente della morte, cosa finisce in noi? Soltanto la parte biologica. Tutto è stato creato a partire dal nulla, ma non camminiamo verso un nulla o verso la dannazione, ma verso la piena realizzazione della nostra vita in Gesù Cristo, risurrezione e vita.

      Il profeta Ezechiele porta parole di consolazione a un popolo che durante l’esilio babilonese sembrava di essere come morto e chiuso nella tomba. La centralità del messaggio è la promessa del Dio fedele che ama il suo popolo e vuole che esse viva in piena libertà. Condividendo con noi il suo Spirito, Dio si rivela come fonte della vita rendendoci partecipi della sua stessa vita. Così stiamo già vivendo su questa terra la realtà che ci attende presso di Lui.

       In questa prospettiva, San Paolo ci invita a considerare che il popolo che è di Dio è aperto alla vita e la promuove. Il cammino di fede è un cammino di vita costantemente rinnovata dallo Spirito di Dio che vive in noi per farci figli di Dio e discepoli del suo Figlio. Siamo chiamati a vivere la vita dell’eterno e con la forza di questo Spirito realizzeremo pienamente questa vocazione, sperimentando una resurrezione simile alla quella di Gesù.

      Il vangelo racconta la risurrezione/rianimazione di Lazaro, fratello di Marta e Maria. Questi tre fratelli vivono un’esperienza di amicizia molto profonda con Gesù. Il brano dice che Gesù li amava. Quando Egli riceve la notizia della morte del suo amico e va a trovarlo, piange. Gesù non è indifferente né impassibile, “egli non è estraneo alle vicende e ai sentimenti umani, anzi è veramente uno di noi, che condivide la nostra condizione”. In Cristo, Dio si lascia colpire dal dolore e sofferenza delle persone non per lasciarle nella stessa situazione ma per farle esperimentare una nuova realtà.  

       Ci colpisce il fatto che le due si incontrano con Gesù in momenti diversi, senza una previa combinazione, ma portano nel loro cuore la stessa certezza, vale a dire: “Signore, se tu fossi stato qui, mio ​​fratello non sarebbe morto! (Gv 11,21)”. La persona che vive un rapporto d’amore con Cristo riconosce che senza di lui tutto perde il senso. I molti incontri di questi tre fratelli con Gesù li hanno resi capaci d’accoglierlo e riconoscerlo come il Messia di Dio, la Risurrezione e la Vita.

         La notizia che Marta porta alla sorella Maria, vale a dire “Il Maestro è qui e ti chiama” è un invito a lasciare tutto per stare con Lui e sintonizzarsi con il suo cuore. Questo invito anticipa la chiamata che Gesù farà al suo fratello, chiamandolo alla vita, chiamandolo a sé: “Lazzaro! Vieni fuori!” Queste parole mostrano un modo proprio di Dio d’agire, chiamando a se’ coloro che egli ama. L’invito a Maria a incontrarsi con Gesù e a Lazzaro a lasciare la tomba, sono un invito a lasciare il dolore per trovare la gioia, lasciare il buio per trovare la luce, lasciare la morte al fine di ottenere la vita.

         La resurrezione di Lazzaro è un annunzio della resurrezione di Cristo e della certezza della nostra risurrezione in Cristo. Questo motiva la nostra speranza e dà senso alla nostra fede. Per questo San Paolo dice: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra fede e anche la nostra speranza è vana”. Il Dio in cui crediamo è il Dio della vita e quando ci dà la vita, si unisce a noi rendendoci i suoi figli amati. Per questo, la sofferenza in questa vita, a causa della nostra condizione debole, non può essere paragonata alla gloria che ci sarà svelata nella nostra futura condizione.

     Mentre siamo qui, impariamo a consegnarci come ha fatto Gesù, che anche nel momento di dolore e della sofferenza si abbandonò con totale fiducia nella provvidenza di Dio, vale a dire: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Questo dovrebbe essere il grido della nostra anima convinti che Dio non ci lascia, né rimane in silenzio dinanzi a ciò che ci accade. Davanti alla morte di Gesù, la risposta di Dio è stata la risurrezione del suo Figlio. In questo avvenimento si fonda la nostra fede ed essa motiva la speranza di resurrezione anche per noi, battezzati in Cristo e membra vive del suo Corpo.

       Siamo invitati a proclamare la fede in Gesù che ha vinto la morte e riconoscere che la sua risurrezione ci ha fatto partecipare della eternità. Dio ci attira a sé con la sua compassione e tenerezza per renderci veramente pieni. Proclamare la fede nella risurrezione dei morti è rendersi conto che Dio continua a fare meraviglie per il suo popolo contro tutte le aspettative negative sulla vita umana e sulla realtà di dolore che viviamo. Lo scopo della nostra vita è quello di trovare la pienezza e la pienezza è Dio, come bene ha detto Agostino, vale a dire “Dio, ci hai creati per te e il nostro cuore vive inquieto finché non riposiamo in te”.

       Per chi ha fede, la morte è un riposo in Dio, cioè una consegna definitiva nelle mani di Colui che si prende cura di noi perché ci ama e vuole che viviamo da amati. “Affrettiamoci ad amare!”. Il momento fondamentale della nostra vita arriverà nel momento in cui incontreremo Dio faccia a faccia in un modo unico. Quando staremo dinanzi a lui non ci sarà chiesto se abbiamo partecipato ad alcuna religione oppure quante volte andiamo in chiesa, ma quanto abbiamo amato veramente. Anche se sono le nostre scelte che definiranno la direzione della nostra vita, non dobbiamo dimenticare che la volontà di Dio è che la nostra vita raggiunga la pienezza che è già cominciata nel proprio atto di credere in Lui.

Fr Ndega

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