segunda-feira, 22 de janeiro de 2018

ESPERIENZA CHE PORTA IL SENSO VERO ALLA NOSTRA VITA


Riflessione su Sam 3: 3-10.19; 1Cor 6: 13-15.17-20; Gv 1,35-42

La nostra vocazione è una storia d’amore perché la sua origine è Dio che dona se stesso quando chiama qualcuno perché sia suo/sua servo/a. Per questo ogni vocazione porta con sé una verità profonda, vale a dire: se esiste Dio, egli ama; e se ama, egli chiama. Se esiste libertà, la sua origine è Dio; se esiste essere umano, esiste come essere libero perché viene da Dio. E se esiste vita, è perché sia donata come il proprio Dio fa. In ogni vocazione è Dio stesso che prende l’iniziativa realizzando un rapporto d’amore con la persona chiamata per il suo servizio.
La vocazione di Samuele, raccontata nel primo testo, è un modello per tutte le vocazioni. Dio gli viene incontro in una occasione veramente speciale, lo chiama per nome dimostrando che lo conosce. Fin da ragazzo Samuele è stato offerto dalla sua mamma per servire Dio ed è stato cresciuto nel tempio. Dio ha accettato l’offerta e decide di rivelare a Samuele la sua volontà. E’ chiaro che Samuele ha avuto bisogno di un processo di discernimento per capire l’intenzione di Dio per la sua vita. Il sacerdote Eli è stato la mediazione di Dio per aiutare Samuele a discernere la voce che gli parlava a partire dal suo intimo e rispondere con prontezza. Dio chiamò Samuele per tre volte. Vuol dire che l'invito di Dio a Samuele è stato espresso più volte. Dio non si stanca mai di chiamare le persone perché questo è il suo modo di dimostrare amore per ognuno. È necessario stare attenti e cercare aiuto per discernere la voce di Dio tra le molte voci che si fanno sentire e rispondere alla sua chiamata con generosità e prontezza.
Secondo San Paolo, siamo tempio di Dio e la nostra vocazione è essere membra del corpo di Cristo. Attraverso il nostro battesimo Dio ci ha fatto sua dimora: “Non sapete che voi siete tempio di Dio e che il suo Spirito dimora in voi?” Quindi come membra del corpo di Cristo, la nostra identità è essere con gli altri. Non siamo stati creati per vivere da soli o per noi stessi ma per la comunione. Noi viviamo la nostra vocazione insieme agli altri e aiutati dagli altri. Dio ha voluto usare la realtà del nostro corpo per mostrare la sua divinità. Quando permettiamo che il suo Spirito ci conduca, siamo in grado di rivelare il Dio che dimora in noi. Anche senza conoscenza siamo aiutati a compiere la nostra vocazione perché apparteniamo a Dio.
Il vangelo parla della vocazione dei primi discepoli di Gesù, secondo la versione di Giovanni. Tutto comincia con l’esperienza. Giovanni Battista certamente ha avuto l’opportunità di conoscere Gesù e proprio per questo è stato in grado di indicarlo come “Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. La sua testimonianza è stata fondamentale perché i suoi discepoli potessero seguire il vero Maestro. Quando Gesù li vide ha posto loro la domanda fondamentale della loro esistenza, vale a dire: “Che cosa cercate?” Più avanti, nell’ultima parte del vangelo di Giovanni la domanda non sarà più “che cosa cercate” ma “chi cercate?” perché veramente i discepoli non cercano qualcosa ma qualcuno. I due discepoli rispondono a Gesù con un’altra domanda: “Maestro, dove dimori?” questa domanda rivela che davvero volevano conoscere il maestro e rimanere con lui. Questa esperienza ha portato nel loro cuore la passione per Gesù e la passione per annunciarlo perché gli altri potessero avere la stessa opportunità di sperimentare una nuova vita come è accaduto a loro. Così Andrea trovando suo fratello Simone gli ha detto: “Abbiamo trovato il Messia”, cioè abbiamo trovato colui che ha portato il senso vero alla nostra vita.
Ci sono delle esperienze che preferiamo lasciar perdere e ce ne sono altre che sono fondanti perché marcano profondamente la nostra vita e senza di esse nulla ha senso per noi. Questo tipo di esperienza richiede un perdersi per trovarsi veramente. È a questo che ci invita Gesù quando propone “venite e vedrete” – Vedrai che bello! Questa è l’esperienza che il nostro cuore desidera in modo molto profondo. Non possiamo conoscere Gesù in fretta soltanto per sentito dire. Trattasi di un processo che richiede lungo tempo ed esperienza costante della sua presenza. Lui stesso vuole rivelarsi a noi, ma la sua rivelazione si scopre passo dopo passo; è ciò che accade in questo testo in cui Gesù è chiamato prima “Agnello di Dio, poi “Maestro” e più tardi Andrea lo chiamerà  “Messia”.
Se vogliamo conoscere Gesù davvero dobbiamo accettare l’invito di partecipare alla sua quotidianità e rimanere con lui permettendo che la nostra vita sia coinvolta nella sua e trovi in essa la sua vera identità e senso. In questo processo le mediazioni che Dio ci invia sono veramente importanti, per esempio, la sua Parola, la realtà della comunità, i nostri fratelli bisognosi, l’accompagnamento spirituale, ect. Senza un processo di discernimento tramite realtà come queste, diventa difficile scoprire la chiamata di Dio e discernere la sua voce che ci chiama. Permettiamo di essere condotti dalla sua Parola e siamo aperti alla realtà attorno a noi perché possiamo vivere la nostra vocazione con impegno e fedeltà secondo la volontà di colui che ci ha chiamato.

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi

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