domingo, 5 de novembro de 2017

COSÌ SIAMO IDENTIFICATI COME DISCEPOLI DI GESÙ


Riflessione su Ml 1,14b-2,2b.8-10; 1Ts 2,7b-9.13; Mt 23: 1-12

  
       Attraverso il profeta Malachìa, Dio ammonisce i capi religiosi a causa della mancanza di autenticità e coerenza nell’esercizio del loro ministero. La mancanza di una giusta condotta di questi capi ha portato molti ad allontanarsi da Dio. Questo risultato è totalmente opposto alla identità di coloro che sono stati scelti per agire nel nome del Signore. Alla fine, popolo e capi, tutti sono chiamati a un rapporto diverso con Dio tramite l’ascolto attento alla sua Parola e la fedeltà all’alleanza come vie giuste per riprendere il loro impegno secondo la sua volontà. Chi ha la responsabilità di guidare gli altri è chiamato ad essere strumento della bontà e cura di Dio.

       A partire dell’esempio di Paolo e i suoi compagni impariamo che il vero evangelizzatore ha un atteggiamento di cura per i suoi ascoltatori come fa la madre per i suoi figli. Insieme alle parole che lui/lei annuncia c’è anche la testimonianza come espressione concreta di una vita che è stata cambiata a partire dal rapporto costante con la Parola. L’atteggiamento giusto da parte di chi riceve la Parola è quello dell’accoglienza tramite lo sforzo di conformare la propria vita alla Parola ascoltata. La Parola in se stessa ha la forza di operare dentro ciascuno i cambiamenti di cui ha bisogno ma questo è possibile soltanto con l’adesione personale di fede.

     Quando manca una testimonianza autentica di chi annuncia la parola, diventa difficile una adesione vera. È questa la ragione della critica di Gesù ai farisei e capi del popolo. All’inizio del vangelo Gesù apprezza l’insegnamento degli antichi, incentivando il rispetto ad esso. Tuttavia non accetta il modo come esso è stato interpretato da parte dei capi. Egli critica duramente la mancanza di coerenza tra ciò che dicono e come si comportano. Gesù li considera modelli cattivi per la gente e specialmente per i suoi discepoli. Gli incontri di Gesù con questi capi sono sempre motivo di conflitti perché davanti alle sue proposte loro preferiscono rispondere con indurimento di cuore e trappole, che ammettere che davvero hanno bisogno di cambiamento.

     Gesù sta parlando ai suoi discepoli e sa che molti di loro sono abituati a obbedire a questi capi perché considerano che la loro autorità viene da Mosè (cattedra di Mosè) e ciò che insegnano, è il risultato di una lunga esperienza come popolo di Dio. La legge che sempre ha condotto la vita di questo popolo è espressione della alleanza di amore che Dio ha istituito. Ma Gesù è l’unico che può interpretare correttamente ciò che è stato detto e la sua vita lo conferma: “Costui parla come chi ha autorità”, diceva la gente. Nella prima parte Gesù fa una critica durissima sul loro stile di vita che toglie il senso profetico dell’insegnamento antico e che diffonde una mentalità che corrompe la gente e la allontana da Dio.

     Per evitare che suoi discepoli riproducano questo modello di società dove gli interessi personali sono il punto di riferimento, Gesù ricorda loro ciò che è essenziale nel piano di Dio per il suo popolo e la vera identità di coloro che decidono di diventare suoi discepoli. È possibile comprendere questa parte istruttiva a partire dalla vita di Gesù stesso, il Maestro vero che è venuto non per essere servito ma per servire. La sua vita di svuotamento e servizio è l’annuncio della nuova realtà che egli propone a tutti quelli che lo seguono. La sua logica è la logica del dono, dell’amore portato sino alla fine. La volontà del Padre è il suo cibo, cioè, il punto di riferimento di tutto ciò che egli vive ed annuncia. A partire da lui i suoi discepoli non vivono più per se stessi, e nemmeno cercano i loro interessi ma ciò che piace a Dio, e sono considerati grandi nel regno dei cieli perché servono. 

     È la logica di Gesù che deve orientare la nostra esistenza come discepoli. Quando si diventa discepolo di Gesù si rinuncia a se stessi. Non siamo diventati discepoli per essere ostacolo per la fede della gente ma perché attraverso le nostre opere le persone possano avvicinarsi a Dio, trovando ragione per diventare anche loro strumenti della bontà di Dio. Siamo stati educati a partire da una conoscenza teorica della fede basata in formule e corriamo il rischio di pensare che questo è sufficiente per vivere una fede vera. Per Gesù ciò che importa è la testimonianza di vita attraverso il servizio generoso agli altri. L’apostolo Giacomo dice che la fede cristiana si mostra tramite le opere. Alla fine è così che siamo identificati come discepoli di Gesù.   

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi

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