Una riflessione sul
testo di Giovanni 20, 19-31
Dio ci ha dato il dono di essere e
di vivere in Comunità per il nostro bene e per la nostra piena realizzazione.
Secondo il libro della Genesi “non è bene che l’uomo sia solo” (Genesi 2,18). Noi
siamo individualità, ma anche relazione. Quando coltiviamo l’individualità de
modo esagerato nasce l'individualismo, che è una minaccia alla vita
comunitaria, perché la persona individualista vive come se la Comunità non
esistesse, ostacolando la relazione tra i membri. Dall’ individualismo, nascono
molti altri mali. Il popolo africano davvero crede che l'esperienza di Comunità
dovrebbe essere fondamentale per la vita dell'essere umano e che fuori della
Comunità la vita perde il suo significato. Questa situazione è vera rispetto ai
nostri parenti e anche a livello comunitario ecclesiale, estensione della
nostra comunità familiare. È in questo senso che vogliamo riflettere
sull'esperienza comunitaria della fede come testimonianza della risurrezione di
Gesù.
Subito dopo la morte di Gesù, la comunità dei discepoli
sembrava aver dimenticato tutto quello che ha sperimentato con il maestro, ad
esempio: ospitalità, solidarietà, gratuità, ricerca per il Regno di Dio in
primo luogo, la passione per Dio e per l'essere umano, impegno profetico a
favore della vita, stile di vita semplice e distaccato, perdono senza limiti e il
sintonizzare la propria volontà con la volontà di Dio. Davanti a tutto questo,
i discepoli "chiudono le porte", semplicemente per paura. Ma Gesù non
li ha lasciati soli, rimane con loro, soprattutto quando la paura sembra togliere
la gioia di vivere.
Nella nostra realtà, troppe situazioni ci fanno sentire
la paura, ad esempio: violenza, terrorismo e varie altre minacce contro la
vita. La paura ci impedisce di vivere davvero la fede ed essere veri testimoni.
Da questo ci rendiamo conto di quanto sia importante vivere in comunità. Con
l’aiuto reciproco e l'azione di Dio che si manifesta vivo tra noi possiamo
certamente superare tutte le nostre paure e accettare con gioia ed entusiasmo
l'importante compito di promuovere la pace e la riconciliazione tra la gente.
Ma se non abbiamo una presenza di qualità nella Comunità avremo anche
difficoltà nell'essere testimoni, perché la persona può solo testimoniare ciò
che vive.
Le prime comunità credevano e vivevano
la fede nella solidarietà e questo faceva la differenza. E infatti, loro sono
stati identificati dalla autentica testimonianza di fede in Comunità:
"Vedete come si amano", così si diceva. Naturalmente, l'esperienza di
fede è una decisione personale, ma coinvolge anche la dimensione ecclesiale,
"perché la fede della chiesa precede, genera e nutre la nostra fede".
Pertanto, sappiamo che non siamo soli e che il nostro cammino di fede è il
risultato di un lungo e maturato percorso. Qui noi ricordiamo i nostri
genitori, catechisti, sacerdoti, religiosi e religiose e tante altre persone
significative per la nostra vita che continuano ad aiutarci per vivere la
nostra fede con autenticità. Che questo sia il nostro costante impegno, secondo
l'appello di San Giovanni Calabria: “la nostra fede sia concreta e coerente;
che non ci sia nessun contrasto tra la fede che noi professiamo ed il
comportamento che abbiamo ".
Fr. Ndega
Revisione: Giusi (Verona)
Nenhum comentário:
Postar um comentário