sábado, 22 de fevereiro de 2014

SE NON È PER VIVERE CON UN SENSO, NON VALE LA PENA VIVERE


Mentre celebriamo la vita, celebriamo un grande mistero, un dono prezioso che viene da Dio. In Cristo questo dono riceve un carattere di pienezza ed è per lui che capiamo che la vita non finisce qui. L’eredità di vita lasciata da chi è venuto prima di noi ha un valore molto grande per noi che siamo chiamati a continuare nella fede, vivendo con senso. E infatti, se non è per vivere con un senso, non vale la pena vivere. Anche se non possiamo più vedere le persone che se sono venute prima di noi, il valori che hanno vissuto e lasciato sono la prova che il loro passaggio tra noi non è stato invano. San Giovanni Calabria, diceva: "Se abbiamo Dio in noi, faremo il bene così, solo con il nostro passaggio". Pregare per i propri cari, ad esempio, è manifestazione fraterna del nostro riconoscimento di come loro continuano a essere importanti per tutti noi, perché la morte non è un fine assoluto; completa solo una fase della vita. Nei momenti di dolore, di perdita e di nostalgia, lasciamoci aiutare dalla preghiera degli amici e illuminare dalla Parola di Dio che ci fortifica nella fede e ci aiuta a impegnarci nella vita.
Come cristiani, la nostra caratteristica principale è la speranza. Cosi si esprime San Paolo: "Se Cristo non è risorto, è vana la nostra fede e la nostra speranza è priva di senso". Il Dio in cui crediamo è il Dio della vita e quando la dona a noi ci unisce a sé stesso, facendoci diventare suoi diletti figli e figlie. Per quanto possiamo soffrire mentre siamo in questa vita, nulla è paragonabile alla gioia che potremo  provare con la gloria che ci sarà rivelata. In questo senso noi impariamo da Gesù stesso che, nonostante il dolore e la sofferenza che ha vissuto sulla Croce, teneva la sua incrollabile fiducia nell'azione provvidente di Dio: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Questo dovrebbe essere il grido fiducioso e costante del nostro spirito, nutrendo la certezza che Dio non ci abbandona né rimane in silenzio su quello che ci sta succedendo. La risposta di Dio nella morte di Gesù viene dopo, con la risurrezione che è l'anticipazione della nostra  risurrezione e quindi garanzia della nostra vita piena, perché egli non è il Dio dei morti, ma dei viventi, cioè Dio non vuole la morte. In Gesù Lui si rivela come risurrezione e vita.
         E perché le persone muoiono? Gesù ci ha insegnato a coltivare la fede in un Dio ABBA’, che sta tornado a noi con tutta la forza del suo amore compassionevole e liberatore. Egli ci attrae a sé con legami di tenerezza e vuole tenerci con sé. Allo stesso tempo, lui ci viene sempre incontro  e chiede di essere accolto. La nostra vita su questa terra è un passaggio che deve continuare il suo cammino in un’altra dimensione perché siamo chiamati alla pienezza. Consapevole di questa realtà, il saggio Agostino ha detto: "Ci hai fatti per te, o Dio, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te". Per coloro che hanno fede, la morte, dunque, è una casa di Dio, che tutti dobbiamo attraversare per vivere in pienezza. Arriverà il momento fondamentale della nostra vita in cui ci incontreremo con Dio, davanti al quale non ci verrà chiesto se siamo parte di qualsiasi religione o quante volte siamo andati in chiesa, ma quanto siamo stati in grado di amare. Le scelte che facciamo lungo il cammino vanno impostando  il corso della nostra vita. Per volontà di Cristo, la nostra vita dovrebbe raggiungere la pienezza, che già comincia nella cura quotidiana, nei piccoli gesti di affetto a casa e nell’impegno comunitario. Così manteniamo la comunione con Dio, che è la fonte prima e inesauribile di vita.

Fr. (padre) Ndega
Revisione: Giusi e Valeria

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