sábado, 7 de julho de 2018

OSTACOLI ALLA PROFEZIA



Riflessione su Ez 2, 2-5; 2Cor 12,7-10; Mc 6, 1-6


       La rivelazione è sempre iniziativa di Dio, egli non ha bisogno di avvenimenti straordinari per rivelarsi alle persone. Egli ci sorprende sempre, superando le nostre aspettative umane. La sua logica è tutta un’altra cosa. Questa è la logica della profezia nel passato e anche di oggi. Dio si serve di persone semplici che incontriamo ogni giorno e di segni semplici e quotidiani della vita per comunicarsi a noi. Per riconoscerlo occorre saper andare oltre le apparenze (l’essere umano guarda le apparenze ma il Signore guarda il cuore); occorre saper vedere col cuore, prima ancora che con gli occhi. Solo così possiamo renderci conto di ciò che il Signore sta facendo nella nostra vita.

      Il popolo di Israele è stato deportato in esilio in Babilonia e con esso è andato anche Ezechiele che era uno dei sacerdote di allora. In un tempo in cui la distruzione di Gerusalemme ha messo in discussione la fedeltà e le promesse di Dio, Ezechiele è stato chiamato ad essere profeta del Dio vivente in mezzo alla sua gente che si è ribellata contro il Signore. La missione del profeta Ezechiele è quella di far capire a tutti che la distruzione di Gerusalemme annunciata e compiuta è stata il risultato dei loro peccati. Il profeta troverà molta resistenza ma è sostenuto dallo Spirito che lo rende fedele nella missione. A causa della fedeltà di Dio alle sue promesse, il contenuto del messaggio profetico oltre all’annuncio di punizione, porta anche la promessa di salvezza. Quindi, la missione del profeta è motivare alla fiducia e alla speranza.

      L’apostolo Paolo ha avuto la grazia di ricevere alcune rivelazioni da parte di Dio. Questa grazia è venuta accompagnata anche dalle resistenze che l’apostolo ha incontrato durante la sua missione. Lui ha chiesto a Dio di liberarlo di tale spina e Dio gli ha risposto: “Per te basta la mia grazia”. Ogni persona scelta e inviata in missione deve essere consapevole che la sua perseveranza e fedeltà sono dovuti non solo alle sue forze ma alla grazie di Dio che la sostiene. Più la persona è consapevole della sua debolezza più si abbandona alla azione della grazia di colui che l’ha chiamata. Secondo San Giovanni Calabria, “Dio si serve di strumenti umili e docili per rivelare i suoi grandi disegni all’umanità. Egli non sa cosa fare con gli orgogliosi, anzi li allontana da sé”.
 
       Dopo la bellissima esperienza vissuta sulla riva del mare, Gesù va nuovamente dal suo popolo, da sua parentela, cioè, a Nazareth. Questo è il posto dove Gesù dovrebbe essere veramente accolto. Invece no. Gesù trova resistenza da parte di coloro che pensano che la loro conoscenza sull’origine umana di Gesù è già abbastanza per avere un vero e profondo rapporto con lui. Per loro è troppo difficile riconoscere l’opera di Dio in questo compaesano che hanno visto crescere, che ha vissuto con loro la normalità della vita. La loro conoscenza su Gesù non è stata un aiuto ma un ostacolo per un’apertura necessaria alla rivelazione che Egli portava loro. Come conclusione, Gesù non ha compiuto nella loro vita ciò che ha voluto fare come il rivelatore del volto misericordioso del Padre. Loro sono stati ingannati proprio dalla loro conoscenza di Dio.   

       La grande critica di questo testo è sulla difficoltà di credere. Per conoscere tante cose nel mondo ci basta l’intelligenza. Però non possiamo dire lo stesso quando si tratta dell’esperienza di Dio. Dobbiamo stare attenti perché le idee o immagini di Dio che acquistiamo con la nostra intelligenza possono impedirci di riconoscerlo veramente. Non possiamo accontentarci solo con la conoscenza di cose su Dio; dobbiamo permettere che egli stesso si riveli a noi con tutta la potenza del suo amore. E per arrivare a questo ci vuole fede. Desideriamo che accadano dei cambiamenti nel mondo e nella nostra vita, ma nelle nostre scelte e atteggiamenti non sempre dimostriamo che siamo persone credenti. Ci comportiamo ancora come quel popolo del quale ci parla la prima lettura: “Una razza di ribelli che si sono rivoltati contro di me”. “Veramente se ai nostri giorni non avvengono miracoli perché sono impossibili, ma non avvengono per la mancanza di fede”.

      La resistenza che Gesù ha trovato tra i suoi parenti e compaesani non solo nel senso religioso per quanto riguarda l’aspettativa messianica ma anche nel senso di rapporto umano non è molto diversa di ciò che accade molto spesso nei nostri rapporti con gli altri. “Quanta fatica facciamo ad uscire dai nostri schemi e dal nostro modo di incasellare le persone e la realtà che ci circonda! Alle volte con i nostri pregiudizi abbiamo fretta di giudicare gli altri sul loro modo di vivere, sulle loro intenzioni ed identità”. Questo non tocca a noi. A noi tocca imparare sempre, sapere ascoltare prima di parlare. Nessuno diventa testimone se non ha fatto l’esperienza e nessuno diventa profeta se non sa ascoltare. Anche per le nostre scelte fondamentali l’esperienza dell’ascolto diventa il punto di riferimento perché possiamo discernere bene e prendere la decisione giusta.

Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi

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