domingo, 5 de outubro de 2025

LA QUALITÀ DELLA NOSTRA FEDE


Una riflessione a partire da Ab 1,2-3; 2, 2-4; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17, 5-10


 

    Dopo aver riflettuto per due volte sul tema della ricchezza, ora siamo invitati a riflettere sul tema della fede. A volte facciamo fatica a credere veramente a causa di alcune situazioni che ci fanno pensare alla assenza di Dio. Però non è così: Dio ama sorprenderci.

    La prima lettura ci porta proprio un messaggio che motiva a perseverare nella fede, facendoci capire che Dio c’è, è vicino e si manifesta quando meno ci si aspetta. Ci dice don Calabria: “Quando le difficoltà sembrano aumentare, più fede e, allora, vedremo la Provvidenza manifestarsi abbondantemente”.

    San Paolo ha combattuto la buona battaglia della fede fino alla fine. Ora in carcere si sente motivato dalla forza di Dio e dall’aiuto del suo Spirito a esortare il suo discepolo Timoteo e ogni cristiano a ravvivare in sé stesso il dono di Dio, cioè, la fede, la conformazione a Cristo, per non perdere l’entusiasmo nella missione.

    Gli apostoli domandano a Gesù: “Accresci in noi la fede!”. Gesù non risponde alla richiesta ma preferisce dire: “Se aveste fede quanto un granello di senape…” Egli “sembra dire che la fede c’è o non c’è e quando c’è, anche se piccola, può operare cose prodigiose”.  La richiesta dei discepoli è stata sbagliata perché non è compito di Dio aumentare la nostra fede. Il suo compito è darci la fede e con questo dono rispondiamo a Lui. Gesù vuole far capire che la cosa più importante non è la quantità di fede ma la sua qualità. E questo dipende soltanto da noi.

    È soltanto per la fede che possiamo imparare che non si segue Gesù se non per farsi servi. Chi vive cercando grandezza, popolarità e privilegi sta seguendo una logica che non è quella di Cristo. Lui in persona ci ha dato l’esempio poiché è venuto non per essere servito ma per servire. Quindi, la misura della nostra fede passa per la nostra consapevolezza di essere servi e per la qualità del nostro servizio, ricordando quello che dice don Calabria, “Il bene va fatto bene”.

    L’apostolo San Giacomo scrive nella sua lettera: “Mostrami la tua fede senza le opere ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Questa verità è stata assunta con radicalità da Don Calabria come un programma di vita e la propone a tutti noi cristiani: “La nostra fede sia pratica, coerente; nessun contrasto tra la fede che professiamo e la condotta che abbiamo”. Il nostro comportamento può diventare un’affermazione o una negazione del Dio in cui crediamo. Allora, avviciniamoci a Lui con umiltà e supplichiamolo con amore: Signore, “nonostante la nostra debole fede, rendici tuoi servi fedeli!”

  

Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 20 de setembro de 2025

IL VERO PADRONE E IL VERO BENE

 

Una riflessione a partire da Am 8, 4-7; 1 Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13

 


    Dio desidera vita degna e libertà per i suoi figli e figlie. La vera adorazione a Lui si compie quando ci lasciamo guidare dalla sua parola e ci impegniamo a vivere rapporti più umani, più fraterni.

    Tramite il profeta Amos, nella prima lettura, vediamo come Dio è attento alla realtà del suo popolo e disapprova ogni forma di oppressione e sfruttamento che impedisce alle persone di vivere degnamente, specialmente l’ingiustizia contro i poveri e gli affamati. In Gesù diventa ancora più evidente questa premura divina. Infatti i bisognosi sono sempre stati priorità nella sua missione e lo deve essere anche per tutti coloro che lo seguono.

    Nella seconda lettura, l’apostolo Paolo ci consiglia di pregare per tutte le persone, specie per coloro che hanno la responsabilità di condurre e di governare, affinché possano compiere il loro servizio per il bene delle persone a loro affidate, così che tutti possiamo vivere una vita di serenità e di pace. Il potere emana da Dio, poiché solo Lui è sovrano sopra ogni cosa. Dove manca questa consapevolezza nasce l’autoritarismo e la dittatura. Come discepoli di Cristo, dobbiamo darci da fare per superare questa realtà all’interno delle nostre relazioni.

    In continuazione, abbiamo la parabola dell’amministratore disonesto con la quale Gesù sembra proporre un cattivo comportamento ai suoi discepoli. Invece, ci parla della necessità di essere fedeli nel compito che ci è stato affidato da Dio. Non siamo noi i proprietari dei doni di Dio, ne siamo soltanto amministratori, e Lui vuole affidarci di più, quella ricchezza vera. Però, bisogna agire con saggezza, avendo un atteggiamento giusto dinanzi alle cose: “usare le cose per avere le relazioni e non le relazioni per avere le cose”. 

    “Il vangelo non disprezza la ricchezza ma l’accumulo di essa”. Gesù non dice che il denaro non è importante; però, avverte che se non lo usiamo bene sarà lui il nostro padrone. Così, “non potete servire Dio e le ricchezze” significa che non possiamo lasciarci prendere e schiavizzare dalle cose che possediamo al punto di mettere il nostro rapporto con esse allo stesso livello o al di sopra del rapporto che abbiamo con Dio. “Fate amici con la ricchezza disonesta!” non è un invito ad avere ricchezza né ad essere disonesti ma ad avere amici.  E quando la ricchezza è disonesta? Quando va accumulata. Quello che è stato fatto per tutti non va accumulato ma condiviso e così si crea fraternità, si crea amicizia. Che possiamo riscoprire queste realtà, l’unico e vero bene da accumulare.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

domingo, 24 de agosto de 2025

LA SALVEZZA NON È MERITO, MA DONO

 

 

Una riflessione a partire da Lc 13, 22-30




 

    Gesù è in cammino verso Gerusalemme. Questa direzione ha un senso più spirituale che geografico. Egli va a compiere la sua opera di salvezza in questa città famosa per l’uccisione dei profeti e che Isaia prevede come immagine e punto di riferimento della salvezza che Dio prepara per tutti i popoli, nonostante le cattive azioni delle sue autorità religiose. In altre parole, il più importante non è la città di Gerusalemme in sé stessa, ma l’evento salvifico che sta per accadere in essa.

(caro fratello, cara sorella, tu sei una “Gerusalemme”; il più importante non sono le tue miserie, ma la grazia di Dio in te)

    Lungo il cammino Gesù viene seguito da molte persone e quando viene interrogato circa il numero di quelli che si salvano, Egli non risponde direttamente. Coglie, invece, l'occasione per chiedere più impegno personale nella sua sequela come condizione per entrare nel regno. Non basta essere suoi discepoli per ottenere la salvezza. Così, propone la porta stretta come una sfida.

    La porta stretta è la via che conduce alla vita e sono pochi quelli che la trovano. Perché? “Questa è la porta della pazienza, della dedizione, della generosità, della gentilezza, della gratitudine, della saggezza e del lavoro”. Per quanto riguarda la porta larga, questa è una via facile che porta alla rovina e ci sono molti che la percorrono. La porta larga la percorriamo quando ci sentiamo a posto, vivendo una religione di apparenze, quando viviamo nell’indifferenza, come se Dio non ci fosse o come se tutto dovesse finire qui.

    “Signore, aprici! Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze!” abbiamo qui un’allusione all’Eucaristia e al catechismo, attraverso i quali dimostriamo di avere una “certa” conoscenza di Dio. Possiamo parlare bene di Gesù per mostrare che lo conosciamo. Potremmo anche pensare che parlare meglio degli altri ci garantisca un vantaggio in modo da ricevere alcune ricompense da Dio. Ma, secondo il brano, le parole non bastano per entrare nel regno di Dio. La salvezza non è un nostro merito, ma un dono di Dio.

    L’esperienza che abbiamo di Lui non ci rende migliori degli altri in modo da assicurarci la salvezza. Alla fine, non vogliamo rimanere bussando alla porta chiusa, disperati dicendo di aver fatto tante cose per Dio e aver dimenticato di aver fatto tanto per gli altri. Che la grazia di Dio ci guidi a fare la sua volontà e trovare la vita.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

domingo, 17 de agosto de 2025

VENGO A PORTARE LA DIVISIONE


Riflessione a partire da Ger 38,4-6.8-10; Eb 12, 1-4; Lc 12, 49-53



     La liturgia oggi ci presenta l’effetto dell’azione della Parola di Dio nella nostra vita e nell’intera società. La prima lettura racconta la persecuzione sofferta da Geremia a motivo della sua fedeltà alla Parola di Dio; successivamente l’intervento di Dio, salvando la vita del profeta, testimonia che nulla può fermare la forza della Parola. Lascia che questa possa cambiare anche il tuo cuore.

    Dalla seconda lettura ci viene l’invito a tenere lo sguardo su Gesù per testimoniare con perseveranza gli interventi salvifici di Dio nella nostra storia. Solo mantenendo uno sguardo contemplativo verso Gesù possiamo cambiare lo sguardo verso gli altri e le cose; “se cambiamo il nostro modo di guardare le persone, certamente, le persone e le cose che guardiamo cambiano”.   

    “Sono venuto a portare non pace, ma divisione”. Questa espressione ci spaventa, specialmente in questo periodo così bisognoso di pace. Si tratta di una frase che sembra mettere in crisi molte immagini di Gesù che conosciamo. Però bisogna capire bene il senso del suo discorso. Gesù non è venuto a suscitare guerre tra le persone, cioè, guerre fratricide, ma a portare un messaggio d'amore e di salvezza. Egli non ha mandato i suoi discepoli a portare la divisione, ma la pace, il perdono, la riconciliazione e l'amore dei nemici. E, allora, ha detto una bugia? No, sicuramente. Il problema è che davanti a questo splendido messaggio di bontà che viene proposto, le persone possono reagire in due modi: accogliendo o rifiutando il vangelo. L’opposizione può avvenire anche all'interno della stessa famiglia. E qui c’è la rottura e la divisione.

    Provando il suo battesimo, cioè la sua passione, Gesù dona il suo Spirito, accendendo il fuoco del suo amore in ogni cuore. La sua Parola penetra nel nostro intimo mettendo in evidenza le nostre vere intenzioni. Quando tu accogli la Parola di Dio con sincerità, oltre ad essere il messaggio d’amore del Padre verso di te, essa ti fa vedere anche quello che non va, cioè, i tuoi peccati. Alla visione dei tuoi peccati provi inquietudine. Dentro di te non c’è più pace, che poi pace non era affatto. Per questo, affermò qualche volta San Paolo: “Se credi di stare in piede, attento per non cadere”. Nessuno è giusto, nessuno è a posto davanti a Dio. Chi accoglie la Parola di Dio ingaggia una guerra dentro di sé. E cosa fa la Parola? Essa rovina il male che si annida nel cuore dell’essere umano.

    Il cristiano che ha accolto la Parola di Dio radicalmente, è come una spada che taglia nell'ambiente dove vive e lavora. Dove c'è un vero discepolo di Gesù c'è sempre una guerra in atto poiché la mentalità del vangelo e quella del mondo sono diverse. Siamo fatti discepoli per fare la differenza, non per vivere nell’indifferenza.  Immaginate quanti scandali commettiamo a causa della nostra mancanza di radicalità evangelica. Ma non perdiamoci d’animo! Oggi, Gesù ci invita a non aver paura di vivere con autenticità la nostra fede anche se questo ci porta molte prove. La certezza di essere sostenuti dalla sua grazia e dal fuoco del suo amore ci motivi ad essere suoi gioiosi e coraggiosi testimoni.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

domingo, 10 de agosto de 2025

AL PADRE È PIACIUTO DARCI IL REGNO

 

Una riflessione a partire da Lc 12, 32-48




 

    Usando un linguaggio pieno di tenerezza, Gesù rivolge a chi lo segue un messaggio di consolazione e di speranza: Il Padre ha voluto affidare a voi il suo regno. A questo piccolo gregge viene chiesto un atteggiamento di veri discepoli, vale a dire: non temere e vigilare, avere fiducia in Dio e condividere quello che si ha. Perché? Perché chi a chi crede gli basta il Regno”. La scoperta che ogni discepolo è chiamato a fare giorno dopo giorno è quella del regno come un tesoro nascosto in un campo; la persona che lo trova non perde tempo, va, vende tutto quello che possiede e compra quel campo. È a questa esperienza che il Signore invita i suoi discepoli: “dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.

    Tre volte è ripetuto un invito a vigilare: “siate pronti, siate simili a quelli che aspettano, tenetevi pronti”. “A che cosa? Allo splendore dell'incontro. E non con un Dio minaccioso, ladro di vita, che è la proiezione delle nostre paure (…); ma con l'impensabile di Dio: un Dio che si fa servo dei suoi servi, che “li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Che si china davanti all'uomo, con stima, rispetto, gratitudine. Il capovolgimento dell'idea di un Dio padrone”.

    Gesù si riferisce ai suoi discepoli chiamandoli servi e amministratori ai quali sono stati affidati molti doni. Le immagini presentate dall’evangelista, vale a dire: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”, traducono gli atteggiamenti di vigilanza del servo buono e fedele che attende il ritorno del suo signore. Invece di pensare ad una giustizia selettiva divina, pensiamo, invece, alla gioia che Dio prova quando viviamo le opportunità che Egli ci dona non in dissipazioni o spadroneggiando ma costruendo fraternità e prendendoci cura a vicenda.

    La generosità del Signore nei nostri confronti non ha limiti. Egli non ci esige nulla, ma ha buone aspettative su di noi. Per quel servo, che ha posto il tesoro nelle cose, l'incontro alla fine della notte con il suo signore sarà la triste sorpresa di avere fra le mani solo il pianto, le briciole di una vita sbagliata. È importante ricordare questo: non siamo padroni, siamo solo amministratori dei doni di Dio. Nei nostri confronti Egli non agisce come un ladro che viene a rubare vita, ma come un Padre che viene a donarla.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi


Fr 

segunda-feira, 21 de julho de 2025

IL VALORE DELLA BELLA ACCOGLIENZA

 

Una riflessione a partire da Gn 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42




 

    Il tema centrale di questa liturgia è l’accoglienza. Essa rende le persone più umane e, quindi, più adatte a collaborare nell’opera che il Signore vuole realizzare nel mondo.

Il primo brano che ci viene proposto parla della visita di Dio ad Abramo e Sara. Loro lo accolgono offrendo il loro meglio affinché Egli si senta a casa. In riconoscenza a tanta premura, Dio regala a questa coppia di anziani un figlio, il bimbo Isacco. Dio ama essere accolto e portare vita nuova all’interno del nostro vissuto. Che possiamo anche noi essere disponibili alle sue visite e fare spazio ai suoi piani.

Nella seconda Lettura la sofferenza che Paolo vive nell’evangelizzazione gli è motivo di gioia perché si sente unito a Cristo che ha sofferto e si è offerto perché la salvezza di Dio raggiunga tutte le persone. Di questo disegno Paolo si considera ministro, e per questo impiega tutte le sue forze, soffrendo in favore della Chiesa e, quindi, di Cristo stesso. Chi ha scelto Cristo non pensa a sé stesso perché per lui il vivere è Cristo.

Nel Vangelo Gesù accetta volentieri di essere ospitato presso la casa dei suoi amici a Betania e viene accolto da Marta e Maria, le quali cercano di offrire una accoglienza degna al nobile ospite, ma ciascuna a modo suo. Marta si occupa dell’ambiente, Maria si occupa della persona; Marta con il servizio, Maria con l’ascolto. Sembrano cose separate e contrapposte, ma Gesù ci insegna a vedere in un modo diverso:

    Marta mentre serviva si agitava, andando da una parte all’altra senza un centro, un punto di riferimento, senza fermarsi. Maria invece, si è messa come discepola ai piedi del maestro, come se non avesse niente da fare, dando più importanza a quello che Egli voleva fare per lei che a ciò che lei poteva fare per lui. Gesù rimprovera Marta con molta tenerezza perché riconosce anche la sua dedizione e premura, però lascia intendere che non ha bisogno della sua agitazione. 

    Con il suo rimprovero, Egli ha richiamato l’attenzione di Marta e di tutti noi riguardo “l’importanza fondamentale dell’ascolto della sua parola”. Le altre cose sono importanti ma possono aspettare. È la parola che deve guidare il nostro essere e il nostro agire. Quindi, il suo ascolto prioritario non va trascurato.

    Possiamo dire che una cosa è ospitare e un’altra cosa è accogliere. Marta ospita Gesù ma è stata Maria ad accoglierlo. Pensiamo di fare il massimo per il Signore, ma lui vuole soltanto il nostro meglio. Servizio e spiritualità sono due realtà che devono trovare nella nostra vita la loro integrazione e la loro giusta posizione affinché il Signore rivolgendosi a noi riconosca ciò che ha riconosciuto in Maria, vale a dire la parte migliore, la scelta migliore, perché fatta con saggezza e non con agitazione.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi    

domingo, 1 de junho de 2025

LA NUOVA MODALITÀ DI PRESENZA DI GESÙ

 Una riflessione a partire da Lc 24, 46-53




 

La festa di oggi parla di una presenza/assenza di Gesù, una nuova modalità della sua presenza. Dopo essere risorto dai morti Egli apparve per molto tempo ai suoi discepoli per infondere incoraggiamento e passare alcune consegne, vale a dire: confermò loro nella missione, li donò la sua pace e lo Spirito Santo. Voleva dire proprio questo: “Ora tocca a voi”. Questo non vuol dire che si è lavato le mani, anzi, aggiunse: “Sarò con voi sempre.” Egli non è più visibile ma può essere credibile. Non è più vivo, in carne e ossa fra i discepoli, ma resterà in ogni persona attraverso lo Spirito.

    Se alle volte ci chiudiamo in noi stessi per paura, lo Spirito ci viene a ricordare che non siamo soli e ci infonde coraggio per raccontare con gioia la bellezza di essere innamorato di un Dio che si fa vicino e si mette a servizio dell’essere umano, che ci dona tutto e non ci esige nulla. Luca menziona due aspetti per esprimere come i discepoli devono continuare la missione affidatagli dal maestro.  

Il primo aspetto è quello della tavola: mentre era a tavola dà loro delle istruzioni. I discepoli ricevono indicazioni per la missione vivendo l’intimità e familiarità con il maestro attorno a tavola. Questo rimanda all’eucaristia e ai tanti insegnamenti che ci vengono offerti mentre viviamo questa esperienza di comunione con il maestro e tra di noi. L’eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa vive dell’eucaristia. Tutto nella nostra pastorale parte dall’eucaristia e converge verso di essa.

    Il secondo aspetto è quello di Betania: “Li condusse fuori, verso Betania. Betania ci ricorda l’esperienza di amicizia che Gesù viveva con Marta, Maria e Lazzaro. Questo rafforza la certezza che Gesù vuole mantenere una relazione personale con ciascuno. Se prima era insieme con i discepoli, ora è dentro di loro perché “quando Gesù è salito al cielo il cielo stesso è sceso sulla terra”. 

    La forza dall’Alto che ci viene donata ci assicura che Gesù, il nostro capo, è salito al cielo non per separarsi da noi ma per prepararci un posto. Senza merito nostro, possiamo entrare in cielo perché, portando la nostra umanità con sé ci rende partecipe della sua stessa condizione. Questo vuol dire che sarà sempre con noi perché siamo in lui. Mentre camminiamo su questa terra siamo pellegrini di una speranza che non delude, perché il nostro traguardo è Cristo; “la sua luce illumina la strada, la sua grazia ci fortifica nel cammino e la sua misteriosa presenza ci protegge e ci conforta”.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi