sábado, 12 de novembro de 2022

PERSEVERARE IN MEZZO ALLE PROVE

 

Riflessione a partire da Ml 3, 19-20; 2Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19

 




    La liturgia ci sta conducendo pian piano verso la fine dell’anno liturgico e la frase che può riassumere la riflessione di oggi è questa: camminiamo nella speranza, anche in mezzo alle prove. Il Signore ci assicura che non sono le prove l’ultima parola nella nostra vita. Dobbiamo considerare che la nostra vita appartiene a Dio e che lui la conduce secondo un piano di sapienza e bontà.

    Secondo il profeta Malachia, il male deve essere eliminato alla radice e il Signore è il primo interessato perché questo avvenga. Egli non è indifferente ai nostri atteggiamenti: si rifiuterà ad accogliere chi ha deciso di vivere lontano da lui ma chi ha deciso di vivere secondo la sua volontà lo ricompenserà per ogni bene fatto.

    La testimonianza di gratuità e generosità dell’apostolo Paolo nell’annuncio del vangelo è modello per ogni cristiano che vuole che la sua vita sia gradita a Dio. Il cristiano non deve cercare riconoscimento o ricompensa per il servizio che fa per il vangelo, anzi deve essere grato per il compito che gli è stato affidato.

    All’inizio del vangelo troviamo un’allusione alla bellezza delle pietre e i doni votivi del tempio di Gerusalemme che attiravano l’ammirazione di tutti i visitanti. Il tempio era orgoglio dei giudei, espressione del loro potere politico, economico e religioso. I gruppi che facevano opposizione a Gesù e il suo messaggio, vale a dire, i farisei, scribi e dottori della legge, assolutizzavano questo spazio al punto di confondere la sua finalità. In un altro passo, con una frusta in mano, li aiuterà a ripensare la loro posizione. Così, Gesù si mostra molto libero e capace di relativizzare quella dimora di Dio, che è soggetta alla caducità, facendo capire che il titolo di assoluto va riservato a Dio solo.

    Nel seguito, Gesù annuncia la distruzione di quel luogo. Questa rivelazione motiva alcuni dei suoi discepoli a chiedere riguardo i segni, il giorno e l’ora di questo drammatico avvenimento. Allora, usando un linguaggio simbolico, Gesù rivela il senso della storia e la missione della comunità dei discepoli in mezzo a una realtà ostile, che agirà con violenza nei suoi confronti. Questo sconvolgerà la fede dei discepoli portandoli alla mancanza di entusiasmo ma Egli li incoraggia a perseverare fino in fondo in vista della salvezza. Non basta essere discepolo, bisogna perseverare fino alla fine.

    Infatti, al tempo in cui è stato scritto questo vangelo, la comunità cristiana viveva un periodo di crisi a motivo delle ininterrotte persecuzioni, che causavano la morte di alcuni dei suoi membri (i martiri) e che portavano altri a rinunciare alla loro identità di seguaci di Gesù. Davvero sembrava la fine del mondo. Coloro che perseveravano si domandavano: “Cosa vuol dire tutto questo?”. Il ricordo degli insegnamenti di Gesù è stato fondamentale per una ripresa di quello che dava vero senso alla loro vita, consapevoli che se Gesù è il punto di riferimento di tutto, allora, la vita e la storia non camminano per una fine ma per un vero fine: Gesù stesso.

    Gesù è vincitore del peccato e della morte e farà vincitori tutti coloro che lo seguono. La sua Parola ci dice che le prove e difficoltà accompagnano la nostra condizione di cristiani, però ci assicura anche che “è per la nostra perseveranza che saremo salvi”. In un altro passo dice: “Non vi terrorizzate. Devono infatti accadere queste cose, ma non sarà subito la fine" (Lc 21,9). Ed il vangelo di Marco aggiunge che tutti questi segnali sono "appena l’inizio dei dolori di parto!" (Mc 13,8). “Ora, i dolori del parto, pur essendo molto dolorosi per la madre, non sono segno di morte, bensì di vita! Non sono motivo di timore, bensì di speranza! Questo modo di leggere i fatti porta tranquillità alle comunità perseguitate” e a tutti noi, specie quando dobbiamo affrontare i nostri momenti di buio.

    La nostra testimonianza coraggiosa deve portare la gente a ripetere ciò che dicevano i maghi in Egitto davanti ai segni e al coraggio di Mosè e Aronne: “Qui c’è il dito di Dio” (Es 8,15). Siccome non sempre riusciamo a capire gli avvenimenti attorno a noi, dobbiamo avere fiducia nel Padre, consapevoli che “siamo nelle sue mani e, quindi, in buone mani. Nulla sfugge al suo sguardo. Tutto è guidato da un piano suo di saggezza e bontà” (Calabria). Quindi, dalla nostra parte, fiducia in colui che sta conducendo la storia. Anche se ci avvengono le prove, ci accompagna anche la speranza che non delude mai. “La vita cristiana è un cammino, non triste, ma gioioso”. Quindi, viviamo con gioia ed entusiasmo la nostra vocazione e tutto sarà bello per noi e per gli altri!


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

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