sábado, 8 de outubro de 2022

LA PAROLA ED IL RINGRAZIAMENTO

 

Riflessione a partire di 2Re 5, 14-17; 2Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19




 

    La centralità di questa riflessione punta su due cose: la forza liberatrice della Parola e l’invito al ringraziamento. Secondo il primo testo, tramite la parola del profeta, lo straniero Naamàn fa l’esperienza dell’amore e della misericordia di Dio e ringrazia per il dono ricevuto. La testimonianza dell’apostolo Paolo ci fa concludere che la parola di Dio è libera e ci rende liberi. Il nostro compito è quello di annunciarla libera da ogni mentalità che riduce la sua forza profetica.

    Alcuni giorni fa abbiamo visto che Gesù aveva preso la ferma decisione di andare a Gerusalemme per compiere la sua opera di salvezza. Lungo il cammino, passando di villaggio in villaggio, annunciava la buona notizia del Regno di Dio. Essendo vicino a uno di questi villaggi gli vennero incontro dieci lebbrosi gridando: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi”. E Gesù appena li vide, conoscendo la loro situazione e sensibile al dolore umano, li mandò dai sacerdoti e li guarì mentre erano in cammino. Uno di loro, un samaritano, straniero, riconoscendo il dono ricevuto, tornò da Gesù per ringraziarlo e, a motivo della sua fede, ricevette una grazia ancora più grande: la salvezza.

    La lebbra in quel tempo, come altre malattie era considerata un castigo divino, rendendo la persona disgraziata e proprio per questo esclusa dalla comunità. Doveva tenersi lontano dal villaggio, portando dei campanacci legati ai piedi come avviso per gli altri e gridare: “non avvicinatevi, sono lebbroso!”  La legge infatti proibiva di avvicinarsi a qualcuno e chi si avvicinava una persona lebbrosa diventava anch’esso impuro. Dinanzi a questa situazione, ci domandiamo: come mai i lebbrosi escono dal villaggio incontro a Gesù? Come mai normalmente Gesù si avvicina a questa gente? Come mai potendo guarirli subito, Gesù li manda dai sacerdoti?

    I villaggi, nei vangeli, non sempre hanno un significato positivo. Ricordiamo che Gesù quando guarisce un cieco a Betsaida lo guarisce fuori dal villaggio e gli chiede di non tornare al villaggio che in questo caso indica quella mentalità che fa opposizione a Gesù; per la persona guarita è importante non tornare alla mentalità di prima, alla vita che aveva prima dell’incontro con Gesù. La società dell’epoca di Gesù riteneva che gli ammalati, specie i lebbrosi, erano stati condannati da Dio a causa dei loro peccati. Gesù invece si avvicina senza paura di essere contaminato, anzi, si avvicina loro per “contaminarli” con il suo amore, la sua tenerezza, la sua misericordia.

    I sacerdoti rappresentano l’istituzione religiosa, ed erano incaricati di riconoscere una guarigione e ufficializzare la riammissione alla comunità. Questo spiega il motivo di Gesù di inviare i lebbrosi dai sacerdoti. È interessante notare che Gesù li invia come se fossero già stati guariti e loro si fidano della sua parola; non sono guariti perché andavano dai sacerdoti, ma perché sono stati motivati spinti dalla parola di Gesù e si sono messi in cammino. La guarigione avviene non per l’obbedienza a una prescrizione legale ma per fiducia ad una parola scaturita da uno sguardo attento e da un cuore compassionevole del dolore umano: Gesù ha detto la parola che porta la vita.

        Il testo porta anche una certa delusione di Gesù nel vedere che soltanto uno dei lebbrosi guariti è tornato a ringraziarlo per il bene ricevuto. Gesù non è uno che cerca applausi e riconoscimenti per un’opera buona ma spera che rendiamo gloria a Dio per la sua generosità nei nostri confronti. La salvezza è gratuità divina ma chiede la nostra adesione di fede. La vera fede scaturisce da un cuore che sa riconoscere e ringraziare per i doni ricevuti. “Ringraziare non è solo un atto di buona educazione, bensì un atto di amore riconoscente e, rivolto a Gesù, è un atto che apre alla salvezza, come fu per il samaritano”. Possiamo dire che anche per ringraziare “di cuore” ci vuole fede. Che possiamo essere riconoscente e grati a Dio per i doni che riceviamo e essere generosi nei suoi confronti e nei confronti degli altri. E siccome Dio non si lascia vincere in generosità ci darà molto di più.               


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

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