segunda-feira, 13 de outubro de 2025

FIDUCIA NELLA PAROLA CHE LIBERA


Una riflessione a partire dal 2 Re 5, 14-17; 2 Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19




 

    La liturgia odierna punta sulla forza liberatrice della Parola e sulla necessità di ringraziare il Signore per i suoi doni. Tramite la parola del profeta, lo straniero Naamàn fa l’esperienza dell’amore e della misericordia di Dio e ringrazia per il dono ricevuto. La parola di Dio è libera e ci rende liberi. Il nostro compito è quello di annunciarla libera da ogni mentalità che riduce la sua forza profetica.

    Nel cammino verso Gerusalemme, Gesù guarisci dieci lebbrosi e rimane sorpreso nel vedere che solo uno torna indietro a rendere gloria a Dio. A causa della sua fede, riceve una grazia ancora più grande: la salvezza.

    I lebbrosi erano considerati condannati da Dio a causa del loro peccato; e proprio per questo erano esclusi dalla comunità. Infatti la legge proibiva di avvicinarsi a loro e chi si avvicinava a una persona lebbrosa diventava anch’esso impuro. Gesù invece si avvicina senza paura di essere contaminato, anzi, si avvicina loro per “contagiarli” con il suo amore, con la sua tenerezza, con la sua misericordia.

    I sacerdoti erano incaricati di riconoscere una guarigione e ufficializzare la riammissione alla comunità. Questo spiega il motivo di Gesù di avere inviato i lebbrosi dai sacerdoti. Però, la guarigione avviene non per l’obbedienza a una prescrizione legale ma per fiducia ad una parola scaturita da un sguardo attento e da un cuore compassionevole del dolore umano: “appena li vide, disse loro”. La parola che libera.

    Ma il testo porta anche una certa delusione da parte di Gesù nel vedere che soltanto uno è tornato per ringraziarlo per il bene fatto. Gesù non è uno che cerca applausi e riconoscimenti per un’opera buona ma spera che rendiamo gloria a Dio per la sua generosità nei nostri confronti. La salvezza è gratuità divina ma richiede la nostra adesione di fede. La vera fede scaturisce da un cuore che sa riconoscere e ringraziare per i doni ricevuti. È un atteggiamento che ci apre a una realtà che va oltre l’esperienza terrena.

    “Ringraziare non è solo un atto di buona educazione, bensì un atto di amore riconoscente e, rivolto a Gesù, è un atto che apre alla salvezza, come fu per il samaritano”. Che possiamo essere riconoscente e grati a Dio per i doni che riceviamo ed essere generosi verso di lui e verso gli altri. E siccome Dio non si lascia vincere in generosità ci darà molto di più.


FR Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi


domingo, 5 de outubro de 2025

LA QUALITÀ DELLA NOSTRA FEDE


Una riflessione a partire da Ab 1,2-3; 2, 2-4; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17, 5-10


 

    Dopo aver riflettuto per due volte sul tema della ricchezza, ora siamo invitati a riflettere sul tema della fede. A volte facciamo fatica a credere veramente a causa di alcune situazioni che ci fanno pensare alla assenza di Dio. Però non è così: Dio ama sorprenderci.

    La prima lettura ci porta proprio un messaggio che motiva a perseverare nella fede, facendoci capire che Dio c’è, è vicino e si manifesta quando meno ci si aspetta. Ci dice don Calabria: “Quando le difficoltà sembrano aumentare, più fede e, allora, vedremo la Provvidenza manifestarsi abbondantemente”.

    San Paolo ha combattuto la buona battaglia della fede fino alla fine. Ora in carcere si sente motivato dalla forza di Dio e dall’aiuto del suo Spirito a esortare il suo discepolo Timoteo e ogni cristiano a ravvivare in sé stesso il dono di Dio, cioè, la fede, la conformazione a Cristo, per non perdere l’entusiasmo nella missione.

    Gli apostoli domandano a Gesù: “Accresci in noi la fede!”. Gesù non risponde alla richiesta ma preferisce dire: “Se aveste fede quanto un granello di senape…” Egli “sembra dire che la fede c’è o non c’è e quando c’è, anche se piccola, può operare cose prodigiose”.  La richiesta dei discepoli è stata sbagliata perché non è compito di Dio aumentare la nostra fede. Il suo compito è darci la fede e con questo dono rispondiamo a Lui. Gesù vuole far capire che la cosa più importante non è la quantità di fede ma la sua qualità. E questo dipende soltanto da noi.

    È soltanto per la fede che possiamo imparare che non si segue Gesù se non per farsi servi. Chi vive cercando grandezza, popolarità e privilegi sta seguendo una logica che non è quella di Cristo. Lui in persona ci ha dato l’esempio poiché è venuto non per essere servito ma per servire. Quindi, la misura della nostra fede passa per la nostra consapevolezza di essere servi e per la qualità del nostro servizio, ricordando quello che dice don Calabria, “Il bene va fatto bene”.

    L’apostolo San Giacomo scrive nella sua lettera: “Mostrami la tua fede senza le opere ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Questa verità è stata assunta con radicalità da Don Calabria come un programma di vita e la propone a tutti noi cristiani: “La nostra fede sia pratica, coerente; nessun contrasto tra la fede che professiamo e la condotta che abbiamo”. Il nostro comportamento può diventare un’affermazione o una negazione del Dio in cui crediamo. Allora, avviciniamoci a Lui con umiltà e supplichiamolo con amore: Signore, “nonostante la nostra debole fede, rendici tuoi servi fedeli!”

  

Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi