Una riflessione a partire da 2 Cr 36, 14-16. 19-23; Ef 2, 4-10; Gv 3, 14-21
Il popolo di
Israele fa una rilettura della sua storia e vede tanti interventi divini nei
suoi confronti anche dinanzi a tanta infedeltà. Per manifestare il suo affetto
per il suo popolo Dio gli invia dei messaggeri ma la costante mancanza di corrispondenza
attira la rovina per il popolo: invasione, distruzione, profanazione, esilio. Siccome
l’amore, la compassione di Dio è più forte di ogni peccato, Egli si servirà
anche di un re straniero e ateo per liberare il suo popolo. È bello pensare che
tutto ciò che Dio fa è sempre per il nostro bene, anche quando non lo meritiamo.
Egli vuole solo che seguiamo le sue vie, la sua volontà.
Scrivendo agli
efesini, Paolo ribadisce che Dio ci ha fatto rivivere con Cristo concedendoci
la grazia della salvezza. E perché ci ha fatto questo? A causa del grande amore
con il quale ci ha amato. Con quale finalità? Affinché possiamo essere fecondi
nelle opere buone. Ma attenti: non facciamo opere per ricevere i doni di Dio ma
le facciamo perché i doni li abbiamo già ricevuti. Non sono le nostre opere che
ci garantiscono la salvezza; esse sono una risposta a un dono che ci è stato
fatto da Dio in Gesù Cristo.
L’incontro di
Gesù con Nicodemo è successo subito dopo che egli ha scacciato i venditori dal
tempio e Nicodemo era uno dei farisei presenti a quell’evento. Quello è stato
un richiamo a un nuovo rapporto con Dio. Anche se Nicodemo non ha capito molto
bene, il gesto di Gesù lo ha colpito profondamente. Per questo si mise a
cercarlo e si è fatto suo discepolo di nascosto. Egli andò da Gesù durante la
notte forse per paura dei suoi compagni farisei che non andavano d’accordo con
Gesù. Aveva l’esperienza religiosa, cioè, era maestro in Israele ma qualcosa di
fondamentale gli mancava.
Nel brano
scelto per oggi, Gesù parla dell’episodio del serpente nel deserto come simbolo
dell'offerta della sua vita. Come Mosè aveva fatto fondere un serpente in bronzo per poi
innalzarlo, con la finalità di guarire gli ebrei morsicati dai serpenti, così
Cristo, innalzato sulla croce, libera i discepoli dal morso del peccato e della
morte. Dice il profeta: “Guarderanno a Colui che hanno trafitto”. La croce
viene presentata come esaltazione, glorificazione e non come sconfitta.
Guardiamo in alto non per brontolare o accusare Dio per quello che non va ma
per ringraziarlo per il dono della salvezza, per il suo amore e la sua bontà.
La prova
suprema dell’amore di Dio per noi è stata l’offerta del suo Figlio non per
giudicare o condannare ma per salvare. La
nostra salvezza avviene per un’azione amorosa del Padre che ci dona il Figlio.
Davanti a questo non dobbiamo rimanere spettatori. A noi viene chiesta
l’adesione per la fede, condizione fondamentale per provare la vita che
scaturisce dalla offerta di Cristo nel suo mistero pasquale.
Anche noi siamo invitati a rileggere la nostra
vita alla luce di questo mistero e trovare in esso il suo vero senso. Cristo ci
chiede di unire la nostra vita alla sua per dare un senso vero e nuovo alla
nostra. La vita eterna non comincia dopo la morte. Credere in Gesù crocifisso e
glorificato è ormai sperimentare una vita nuova. Capire ed accogliere la parola
di Gesù e ciò che vuole realizzare nella nostra vita corrisponde a una nuova
nascita. Questa Eucaristia ci aiuti in questo.
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