Una riflessione a partire da Mt 1, 24; 2,14: 2, 21
Carissimi
fratelli e sorelle, grazia e pace nei vostri cuori!
Ecco, siamo arrivati all’ultimo
giorno della nostra novena. Siamo stati dei privilegiati per il percorso fatto
e lo vogliamo coronare con “chiave d’oro”, riflettendo sul tema: San Giuseppe
modello di obbedienza. Il brano che useremo è formato da tre parti, corrispondenti ai tre sogni di Giuseppe. In tutte e tre le volte è molto chiaro
l’atteggiamento obbediente e fiducioso di Giuseppe, vale a dire: “Destatosi dal
sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con
sé la sua sposa”; “Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre”;
“Alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre”. Da Giuseppe viene sempre
chiesto di prendere con sé, di custodire e proteggere. Nel suo gesto di
destarsi o alzarsi senza lamentarsi o imporre delle condizioni, ci viene
offerto un atteggiamento modello per quanto riguarda la sintonia tra la richiesta
divina e la risposta umana. Abbiamo qui una fiducia reciproca: Giuseppe si fida
di Colui che si è fidato di lui.
Come dicevamo un’altra volta, San
Giuseppe è un uomo silenzioso; senza discutere obbedisce al Signore e fa come il Signore gli ha
comandato. Nessuna richiesta del Signore sembrava strana a Giuseppe. Egli
semplicemente si lascia portare. Questo prova che le sue disposizioni interne hanno
incarnato i voleri del Signore dal momento in cui “ebbe il coraggio di assumere
la paternità legale di Gesù, a cui impose il nome rivelato dall’Angelo;
Giuseppe non esitò ad obbedire, senza farsi domande sulle difficoltà cui
sarebbe andato incontro”. Può un vaso dire a chi lo sta plasmando: io ne
capisco più di te? La vita di
Giuseppe è il compimento di ciò che Geremia è stato chiamato a osservare alla
bottega del vasaio. “Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi
siete nelle mie mani, casa di Israele” (Gr 18, 6b). Così è Giuseppe: non esita,
semplicemente si fida.
“Analogamente a ciò che Dio ha
fatto con Maria, quando le ha manifestato il suo piano di salvezza, così anche
a Giuseppe ha rivelato i suoi disegni […]. In ogni circostanza della sua vita,
Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù
nel Getsemani. Giuseppe, nel suo ruolo di capo famiglia, insegnò a Gesù ad
essere sottomesso ai genitori (cfr Lc 2,51), secondo il comandamento di Dio
(cfr Es 20,12). Nel nascondimento di Nazareth, alla scuola di Giuseppe, Gesù
imparò a fare la volontà del Padre. Tale volontà divenne suo cibo quotidiano
(cfr Gv 4,34). Anche nel momento più difficile della sua vita, vissuto nel
Getsemani, preferì fare la volontà del Padre e non la propria e si fece
«obbediente fino alla morte […] di croce» (Fil 2,8)”.
L’obbedienza
si riferisce a chi segue ordine, a chi si conforma a un comando. Però difficilmente
si trova qualcuno che si sottomette ad altri senza condizioni. Quasi sempre
avrà qualcosa da contestare. Ecco perché l’obbedienza vissuta da San Giuseppe
diventa modello per tutti noi. Alla sua scuola si allena anche il Figlio di Dio
in vista della totale obbedienza al Padre celeste, secondo ciò che ci racconta
l’evangelista Luca 2, 41-51a. Il brano conclude affermando che è tornato con i
suoi padri ed era a loro sottomesso. “Nella
sottomissione di Gesù a sua Madre e al suo padre legale si realizza
l'osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è l'immagine
nel tempo dell'obbedienza filiale al suo Padre celeste. La quotidiana
sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e anticipava la
sottomissione del Giovedì Santo: «Non [...] la mia volontà...» (Lc 22,42).
L'obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta inaugurava già
l'opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto
(cfr Rm 5,19)”.
Carissimi
fratelli e sorelle, anche se l’atteggiamento di obbedienza è bello, umanamente
parlando, non è per niente facile obbedire come Giuseppe, proprio perché sembra
andare contro la nostra libertà e autonomia. Con il dominio della ragione, la
quale vuole contestare o giustificare tutto, diventa difficile essere
obbedienti senza discutere, senza condizioni. “Pensiamo più a noi stessi che
agli altri; ai nostri
interessi, ai nostri ideali e
nostri oggettivi… Parliamo, più che facciamo; discutiamo tanto più
che lavoriamo. Invece San Giuseppe non parla ma lavora, agisce subito senza
alcuna paura del suo futuro. Ha messo tutto sotto la Providenza di Dio. È il
padre dal coraggio creativo. Tutto ha fatto senza dubbio per Gesù e Maria, sua
famiglia”. Cosi facciamo la nostra obbedienza come San Giuseppe a motivo di
Gesù e sua Madre”. Il suo modo di obbedire è fidarsi di Dio più di ogni suo
ragionamento. Come lui, anche noi alla sua scuola, vogliamo imparare l’obbedienza
filiale, l’amore alla volontà di Dio, che non è un peso, ma alimento, vita. Era
proprio ciò in cui si appoggiava
Cristo: “Il mio alimento è fare la volontà del Padre che mi ha mandato”.
Salve,
custode del Redentore,
e sposo
della Vergine Maria.
A te Dio
affidò il suo Figlio;
in te Maria
ripose la sua fiducia;
con te
Cristo diventò uomo.
O Beato
Giuseppe, mostrati padre anche per noi,
e guidaci
nel cammino della vita.
Ottienici
grazia, misericordia e coraggio,
e difendici
da ogni male. Amen.
San Giuseppe!
Prega per noi!
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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