Una riflessione a partire da Mt 13,54-56
Carissimi
fratelli e sorelle, grazia e pace nei vostri cuori!
Ogni passo che facciamo in questa
novena di San Giuseppe, sentiamo ardere nel nostro cuore il desiderio profondo
di seguire Gesù così, a modo Giuseppe. Accogliendo Gesù in casa sua, insieme
con Maria, Giuseppe è continuamente alla scuola della Parola. A volta mi trovo
a immaginare che mentre il papà Giuseppe si metteva a insegnare il ragazzo Gesù
nella sua bottega ha avuto anche dell’opportunità stupende di ascoltare altre
tante cose da quel giovane messia. Erano cose che al momento, rimanevano
all’ombra ma che pian piano chiariva il compito di Giuseppe in quella famiglia
e rafforzava sempre di più il rapporto tra padre e figlio. Gesù amava Giuseppe
e ha voluto imparare lo stesso mestiere del suo papà legale. Questo breve pensiero
ci introduce nel tema di questa ottava meditazione, vale a dire: San Giuseppe
buon lavoratore e il testo illuminatore è Mt 13, 54-56.
Il brano ci riporta al contesto della
visita di Gesù alla sua terra Nazareth. Lui viene chiamato di figlio del
falegname, non come una grata riconoscenza o un elogio, ma come espressione di
disprezzo e ironia e “per affermare che Gesù era un uomo normale proprio come
loro”. Tuttavia in nessun momento Gesù sente vergogna di essere chiamato così,
anzi, assumendo la condizione umana, si auto proclama figlio dell’uomo e si
lascia chiamare anche figlio del falegname, riconoscendo la sua origine storica
e l’aiuto di colui che lo ha insegnato a lavorare. Infatti, da Giuseppe Gesù
imparò “il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane
frutto del proprio lavoro”. Riguardo la sapienza di Gesù, la sua origine è divina.
Però ha avuto anche molte opportunità di vedere che il mistero di Dio viene
rivelato ai piccoli e ai semplici e anche espresso dalla loro vita, come nel
caso di S. Giuseppe dal quale ha imparato tanto.
Riguardo a questo, ci dice San
Giovanni Paolo II: “Il testo evangelico precisa il tipo di lavoro, mediante il
quale Giuseppe cercava di assicurare il mantenimento alla Famiglia: quello di
carpentiere. Questa semplice parola copre l'intero arco della vita di Giuseppe.
Per Gesù sono questi gli anni della vita nascosta, di cui parla l'Evangelista
dopo l'episodio avvenuto al tempio: «Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e
stava loro sottomesso» (Lc 2,51) Questa «sottomissione», cioè l'obbedienza di
Gesù nella casa di Nazareth, viene intesa anche come partecipazione al lavoro
di Giuseppe. Colui che era detto il «figlio del carpentiere» aveva imparato il
lavoro dal suo «padre» putativo. Se la Famiglia di Nazareth nell'ordine della
salvezza e della santità è l'esempio e il modello per le famiglie umane, lo è
analogamente anche il lavoro di Gesù a fianco di Giuseppe carpentiere”.
San Giuseppe assicurava la vita
economica della sua famiglia lavorando come falegname. Il fatto che le persone
si connettessero rapidamente e conoscessero Gesù con il lavoro di suo padre
come falegname è un'indicazione che il signor Giuseppe aveva una vasta rete ed
era ben noto come abile falegname. I clienti non solo provengono dal loro
villaggio di Nazareth, ma possono anche provenire da altri villaggi. Attraverso
questo lavoro di falegnameria, Giuseppe ha guadagnato il necessario per favorire
vita degna all’interno della sua casa. Questa è la vera manifestazione della
sua responsabilità nei confronti della sua famiglia, vale a dire garantire la
loro vita economica.
Guardando questa figura e il modo
responsabile con cui portò avanti il suo compito come capo della Sacra
Famiglia, ci viene da dire che Dio ha trovato in Giuseppe quello servo buono e
fedele di cui parlerà Gesù ai suoi discepoli, non perché compiva bene degli
ordini, ma perché nello svolgere il suo mestiere e nel provvedere a coloro che
li sono stati affidati, donò continuamente sé stesso. Questo ci fa pensare alla
responsabilità che abbiamo nella società e nella Chiesa come un atto di fiducia
di Dio nei nostri confronti e alla necessità di crescere nella consapevolezza
di essere stati chiamati a corrispondere alle aspettative di Dio, dando il
meglio di noi come partecipazione degna alla stessa sua opera creatrice.
Riconoscendo il progresso dei popoli e le cose belle che l’essere umano è in
grado di realizzare ispirato dalla sapienza dell’Alto, il documento Gaudium et
Spes definisce il Creato come “Creazione di Dio e creatività umana”. Il lavoro
non solo nobilita l’essere umano ma è anche destinato a conservare la dignità
del Creato. Per rafforzare ciò che abbiamo detto scrive Papa Francesco nella sua
lettera apostolica Patris Corde:
“Il lavoro diventa partecipazione all’opera
stessa della salvezza, occasione di realizzazione non solo per sé stessi, ma
soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia […]. La
persona che lavora, qualunque sia il suo compito, collabora con Dio stesso,
diventa un po’ creatore del mondo che lo circonda. La crisi del nostro tempo,
che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per
tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro
per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso. Il lavoro
di San Giuseppe ci ricorda che Dio stesso, fatto uomo, non ha disdegnato di
lavorare”. Affidiamo a San Giuseppe tutti i lavoratori, perché – per il suo
esempio e la sua intercessione – siano fedeli alle proprie responsabilità
davanti a Dio, alla Chiesa, alla propria famiglia, alla società. Imploriamo al
buon lavoratore Giuseppe “perché possiamo trovare strade che ci impegnino a
dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!”.
Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.
San Giuseppe! Prega per noi!
Fr Ndega
Nenhum comentário:
Postar um comentário