Una riflessione a partire da Lc 2,22-23
Carissimi
fratelli e sorelle, grazia e pace nei vostri cuori!
Siamo
ormai nel sesto giorno della nostra novena e davvero stiamo imparando tanto da
questo uomo Giuseppe. Se nella volta scorsa abbiamo riflettuto sul suo
sposalizio con la Beata Vergine Maria, vissuto con amore, gioia e fedeltà, ora,
vogliamo considerare tutto questo in relazione alla sua vita interiore, al suo
rapporto con Dio. Infatti, il tema di questa sesta meditazione è San Giuseppe uomo di preghiera e il
testo che ci aiuterà come riferimento è quello di Lc 2, 22-23.
Siamo nel contesto della
presentazione del Bambino Gesù al
tempio. Giuseppe accompagna Maria in questo rituale seguendo quello che
prescrive la Legge del Signore. L’atteggiamento di Giuseppe è quello di uomo
giusto perché custodiva nel cuore questa Legge (Sl 118, 11.17), cioè, aveva
intimità, relazione profonda con la Parola di Dio, poiché per i giudei la Legge
è Parola di Dio e la Parola di Dio è la Legge. Si tratta di una legge che non schiavizza o porta alla
morte, ma che fa vivere (Sl 118, 50) e porta alla gioia (Sl 118, 77.174). È in
questa scuola che Giuseppe è stato educato. Ha imparato a custodire nel cuore i
voleri del Signore come faceva molto bene la Madonna. Ecco perché si capivano a
vicenda! Erano intimi della Parola e guidati da Essa. Come succedeva a Maria
così anche a Giuseppe: viveva una quotidianità abitata dalla esperienza della
Parola (Sl 118, 97). Nella sua relazione con il Signore certamente ripeteva
tante volte: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sl118,
105).
Anche se abbiamo già parlato del
silenzio di San Giuseppe, riflettendo sulla sua carità, è conveniente
riprenderlo riguardante la preghiera. È tramite questo silenzio che possiamo capire
il suo profilo interiore. Il silenzio di Giuseppe era un silenzio fecondo
perché abitato dal confronto quotidiano con la Parola/Legge del Signore e in
“un clima di profonda contemplazione del mistero nascosto da secoli, che prese
dimora sotto il tetto di casa sua”. Sicuramente ci sono stati tanti giusti come
Giuseppe, che custodivano la Parola/Legge del Signore nel proprio cuore, ma
nessuno, al di là della Madonna, ha avuto l’onore e il privilegio di Giuseppe. Ecco
la ragione della fecondità delle sue azioni e della sua capacità di donarsi,
come esprime in modo molto bello San Paolo VI:
“Il sacrificio totale, che Giuseppe
fece di tutta la sua esistenza alle esigenze della venuta del Messia nella
propria casa, trova la ragione adeguata nella «sua insondabile vita interiore,
dalla quale vengono a lui ordini e conforti singolarissimi, e derivano a lui la
logica e la forza, propria delle anime semplici e limpide, delle grandi
decisioni, come quella di mettere subito a disposizione dei disegni divini la
sua libertà, la sua legittima vocazione umana, la sua felicità coniugale,
accettando della famiglia la condizione, la responsabilità ed il peso, e
rinunciando per un incomparabile virgineo amore al naturale amore coniugale che
la costituisce e la alimenta” («Insegnamenti di Paolo VI», VII [1969] 1268).
A partire da questo profillo
interiore e capacità contemplativa, possiamo definire San Giuseppe come una
persona di preghiera. Anzitutto, la vera preghiera non ha lo scopo di far conoscere
a Dio le nostre situazioni, lotte, problemi, sofferenze, ecc., che, secondo
Gesù, può diventare un “spreco di parole”, poiché “il Padre vostro sa che avete
bisogno di tutte queste cose prima che le chiediate”. La vera preghiera,
invece, consiste “nell’ascoltare, afferrare e compiere la volontà di Dio”. Ecco
perché nella preghiera che Gesù insegnerà, oltre a chiedere di dire “Padre
nostro” chiederà anche che la disposizione dei discepoli sia quella di fare la
volontà di questo Padre: “Non tutti che dicono Signore, Signore, entreranno nel
regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Ora, Colui
che è il nostro modello di totale obbedienza alla volontà del Padre, “ha
imparato ad essere fedele ed obbediente dagli esempi del Fiat di Maria e del Fiat
di Giuseppe”.
Nel coltivare la sua vita interiore,
Giuseppe cercava di dare un senso ai suoi rapporti, al suo lavoro e alle sue
preoccupazioni mostrandoci che “per essere un buon e vero seguace di Cristo non
servono grandi cose, ma basta avere le virtù dell'ordinario, semplice e umano,
ma sincero e autentico”. L’ordinario non è il banale, poiché abitato da una
Presenza paterna/materna che ci accoglie e ci accompagna teneramente. Quindi,
“impariamo da san Giuseppe ad essere persone
di preghiera, a coltivare una vita profonda, a saper comprendere e cogliere il
senso del nostro lavoro, fatica e impegno, ad essere più responsabili per la
vita degli altri e per aiutare le persone ad avvicinarsi a Dio”. È proprio
così: più ci avviciniamo a Dio, più Egli ci invia agli altri.
Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe, mostrati padre
anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e
coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.
San Giuseppe! Prega per noi!
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