Una riflessione a partire da Lc 2,22-24
Cari fratelli e sorelle, grazia e pace nei vostri
cuori!
Ecco, siamo
già al terzo gradino della nostra salita verso la solennità di San Giuseppe
Sposo della Beata Vergine Maria. Delle virtù teologali, fede, speranza e
carità, siamo arrivati alla più grande di tutte: la carità. Il nostro compito ora
è riflettere su San Giuseppe Padre nella carità. Il nostro testo di riferimento
è Lc 2, 22-24. Si tratta dell’episodio della presentazione del bambino al tempio.
Insieme con Maria, Giuseppe compie con amore e umiltà ciò che la Legge del
Signore prescrive, favorendo, come fa un buon padre, l’inserimento del figlio
nel quotidiano della sua gente.
Il presente
rito riferito da Luca include il riscatto del primogenito e illumina la
successiva permanenza di Gesù dodicenne nel tempio. Il riscatto del primogenito
è un altro dovere del padre, che è adempiuto da Giuseppe. Nel primogenito era
rappresentato il popolo dell'alleanza, riscattato dalla schiavitù per appartenere
a Dio. Anche a questo riguardo Gesù, che è il vero «prezzo» del riscatto (cfr.
1Cor 6,20; 7,23; 1Pt 1,19), non solo «compie» il rito dell'antico testamento,
ma nello stesso tempo lo supera, non essendo egli un soggetto da riscattare, ma
l'autore stesso del riscatto.
La
grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il
padre di Gesù. In quanto tale, ‘si pose al servizio dell’intero disegno
salvifico’, come afferma San Giovanni Crisostomo. San Paolo VI dice che la sua
paternità si è espressa concretamente “nell’aver fatto della sua vita un
servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla missione
redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui
spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del
suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico
nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore
posto a servizio del Messia germinato nella sua casa” (omelia, 19 marzo 1966).
La carità
di Giuseppe consiste nell’essere un padre che ha amato tanto suo figlio e sua
moglie. Un uomo di silenzio, di posture etiche dal punto di vista del vissuto
della fede e dei principi della vita familiare. Solo l’amore ci può dare una
luce per capire come ha vissuto Giuseppe, come è stato un lavoratore onesto e
degno d’essere il Custode del Santo Figlio di Dio. Secondo il Papa Francesco
“Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe” (PC, n. 2). Questa sarebbe
un’altra affermazione della carità vissuta in famiglia, da cui Giuseppe è stato
il protagonista. Se Lui ha trasmesso a Gesù la tenerezza di Dio, troviamo un
modello di padre che non solo ha protetto il bambino e la sposa dai pericoli
del suo tempo, ma che ha messo in pratica con l’amore silenzioso ed operante,
la tenerezza che sarebbe canale della grazia di Dio per la Sacra Famiglia.
La Carità
cristiana ha avuto il suo inizio concreto proprio nella casa di Nazareth, ”luogo
fisico e storico dove la Carità divina si è realizzata; è la dimora di Dio con
gli uomini (Ap 21,3) dove l’onnipotenza dell’Altissimo si rende compagna di
lavoro, lotta, sudore, ansie, speranze e gioie di ogni uomo sotto le spoglie di
un bambino prima, e di un falegname poi”. È nel silenzio di Nazareth che la
Carità in persona cresce, senza fare miracoli, senza chiamare l’attenzione, ma
vivendo uno stile di vita comune a buona parte dell’umanità, sottomesso ai suoi
genitori. Ecco la base di quello che conosciamo come inno alla carità, definita
da San Paolo come “la più alta e la più desiderata virtù a cui l’essere umano
possa aspirare” (1Cor 13,1-13). La mette proprio al di sopra di tutti i carismi,
anche del martirio, “la testimonianza più alta alla quale erano chiamate le
prime comunità”.
E tutto
questo ha la sua base fisica a Nazareth sotto la guida di San Giuseppe. La carità
nasce e cresce nel silenzio e dal silenzio. Ecco perché è grande la carità di
Giuseppe! È grande perché è silenziosa. Se andiamo a cercare nella bibbia
qualcosa che ha detto San Giuseppe certamente ci deluderemo perché non
troveremo alcuna parola. Tuttavia, la sua vita parla molto. Lui ci ha mostrato
con i suoi gesti, che più di mille parole vale il silenzio delle sue
attitudini. Questo è il servo buono e fedele a cui il Padre ha affidato i più
grandi tesori della Chiesa, vale a dire, Gesù e Maria. Questo santo uomo ha
fatto della sua vita servizio attraverso il dono totale di sé stesso senza
lamentarsi e per questo diventa modello di perseveranza e fedeltà nel prendersi
cura. Egli ci insegna a riconoscere nella nostra vita i nostri più cari tesori:
la nostra relazione con Dio, la nostra vita cristiana, la nostra famiglia, i
nostri amici, la nostra missione, la Chiesa, il nostro lavoro… In tutto questo
vogliamo come Giuseppe donarci totalmente a Gesù e a Maria nella carità e
disporre il meglio di noi, cioè, tutto ciò che siamo e abbiamo al servizio di
Dio.
Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe, mostrati padre
anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e
coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.
San Giuseppe! Prega per noi!
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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