Riflessione su Ezechiele 37, 12-14; Rom 8, 8-11;
Giovanni 11, 1-45
La nostra vita è
un grande mistero. È un dono di Dio e trova la sua pienezza in Gesù Cristo. Quindi,
la vita non finisce dopo l’esperienza terrena. L’eredità di vita di coloro che
ci hanno lasciato ha un grande valore per noi che siamo chiamati a continuare
il nostro cammino di fede vivendo con senso. Se non possiamo vedere ancora una
volta coloro che ci hanno preceduto, i valori che hanno vissuto e ci hanno lasciato
testimoniano che la loro presenza in mezzo a noi non era stata vana. San
Giovanni Calabria aveva l’abitudine di dire, “Se noi portiamo Dio in noi,
faremo del bene anche solo per il nostro passaggio”. Cosi, celebrare i nostri
cari è una dimostrazione di come essi continuano ad essere presenti nella
nostra vita e come ci aiutano nel nostro cammino. Nel mistero di Gesù Cristo,
che è la resurrezione e la vita, riusciamo a capire la comunione che esiste tra
noi e i nostri predecessori e rinnoviamo la speranza di ottenere in lui la
piena realizzazione per la nostra vita.
Secondo il testo
di Ezechiele, al popolo di Israele che era in esilio sembrava di essere come
morto e chiuso nella tomba. Dio che ama il suo popolo non voleva che rimanesse
in questa situazione e nemmeno che fosse vittima di qualsiasi forza che produce
morte. Condividendo con loro il suo spirito di vita, Dio si è rivelato come la fonte
della vita e desidera che il suo popolo possa avere la vita senza fine. Così, si
è adempiuta la sua gloria, perché “la gloria di Dio è l’essere umano vivente”.
In questa prospettiva, San Paolo ci invita a considerare che il popolo che è di
Dio è aperto alla vita e la promuove. Il cammino di fede è un cammino di vita costantemente
rinnovata dallo Spirito di Dio. Questo Spirito che ha risuscitato Gesù vive in
noi per farci persone di Cristo e figli di Dio. Siamo chiamati a vivere in
eterno e con la forza di questo Spirito di Dio realizzeremo pienamente la
nostra vocazione, sperimentando una resurrezione simile alla quella di Gesù.
Dio vuole che partecipiamo
della sua stessa vita come è successo nell’esperienza di amicizia tra Gesù e i
suoi tre amici, vale a dire Marta, Maria e Lazzaro. Ci sono due sorelle, ma una
sola certezza: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe
morto! (Gv 11,21)”. La persona che vive un rapporto d’amore con Cristo
riconosce con facilità la sua vera identità. I molti incontri di questi tre
amici con Gesù li hanno resi capaci d’accoglierlo e riconoscerlo come il Messia
di Dio, la Risurrezione e la Vita. La notizia che Marta porta alla sorella
Maria, vale a dire “Il Maestro è qui e ti chiama”, ha la stessa forza dell’espressione
“Lazzaro! Vieni fuori!” Queste parole mostrano un modo proprio di Dio d’agire, chiamando
a se’ coloro che egli ama. In Cristo, Dio si lascia colpire dal dolore e
sofferenza delle persone. L’invito a Maria a incontrarsi con Gesù e a Lazzaro a
lasciare la tomba, era un invito a lasciare il dolore per trovare la gioia, lasciare
il buio per trovare la luce, lasciare la morte al fine di ottenere la vita.
La resurrezione
di Lazzaro è un annunzio della resurrezione di Cristo e della certezza della
nostra risurrezione in Cristo. Questo motiva la nostra speranza e dà senso alla
nostra fede. Per questo San Paolo dice: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la
nostra fede e anche la nostra speranza è vana”. Il Dio in cui crediamo è il Dio
della vita e quando ci dà la vita, si unisce a noi e fa di noi i suoi figli
amati. Per questo, la sofferenza in questa vita, non può essere paragonata alla
gloria che ci sarà svelata. Mentre siamo qui, impariamo a consegnarci come ha
fatto Gesù, che anche nel momento di dolore e della sofferenza si abbandonò con
totale fiducia nella provvidenza di Dio, vale a dire: “Padre, nelle tue mani
consegno il mio spirito”. Questo dovrebbe essere il grido della nostra anima
convinti che Dio non ci lascia, né rimane in silenzio dinanzi a ciò che ci accade.
Davanti alla morte di Gesù, la risposta di Dio è stata la risurrezione del suo
Figlio. Questa situazione ci dà la speranza di resurrezione anche per noi, assicurando
una vita piena perché egli non è Dio dei morti, ma dei vivi. Quindi dovremmo proclamare
che Dio non vuole la morte. In Gesù egli si rivela come “la risurrezione e la
vita”.
Siamo invitati a
proclamare la fede in Gesù che ha vinto la morte e riconoscere che la sua risurrezione
ci ha fatto diventare eterni. Dio ci attira a se’ con la sua compassione e
rimane con noi tramite suo Spirito. Proclamare la fede nella risurrezione dei
morti è rendersi conto che Dio continua a fare meraviglie per il suo popolo
contro tutte le aspettative negative sulla vita umana. Lo scopo della nostra
vita è quello di trovare la pienezza e la pienezza è Dio, come bene ha detto
Agostino, vale a dire “Dio ci ha creati per te e il nostro cuore vive inquieto finché
non riposiamo in te”. Per chi ha fede, la morte è un riposo in Dio, cioè una
consegna definitiva nelle mani di colui che si prende cura di noi perché ci
ama. Il momento fondamentale della nostra vita arriverà nel momento in cui
incontreremo Dio faccia a faccia in un modo unico. Quando staremo dinanzi a lui
non ci sarà chiesto se abbiamo partecipato ad alcuna religione oppure quante
volte andiamo in chiesa, ma quanto abbiamo amato veramente. Anche se sono le
nostre scelte che definiranno la direzione della nostra vita, non dobbiamo
dimenticare che la volontà di Dio è che la nostra vita raggiunge la pienezza che
è già cominciata.
Fr Ndega
Revisione: Giusi
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