Riflessione su Is 25, 6-10a; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22, 1-14
Il banchetto sempre porta con sé l’idea
di familiarità, di convivialità, di intimità, di celebrazione. È un momento
particolare in cui le persone condividono cibi ma anche le situazioni della
vita e sentono crescere la fratellanza tra di loro. La condivisione e la
fraternità che si sperimentano nel banchetto superano ogni divisione e idee egoiste
che portano le persone a pensare solo a se stessi oppure a voler accumulare per
sé ciò che appartiene a tutti. Banchetto
è festa e gioia che si condivide e che ci porta a una sensazione di una vita
senza fine. È questa l’esperienza su cui ci fa riflettere questa Parola di Dio
d’oggi.
Nella prima lettura il profeta
annuncia che Dio offrirà un banchetto a tutti i popoli, attirando tutti al suo
monte, cioè, a se stesso, strappando il velo che separava i popoli tra di loro
e nel rapporto con Dio. Quando qualcuno invita a un banchetto ha sempre
qualcosa da comunicare. In questo caso, Dio ha preso l’iniziativa dell’invito
perché vuole condividere la sua gioia e comunicare la sua salvezza. Il suo desiderio
è che tutti i popoli possano ascoltare la sua voce e lasciarsi condurre da suo
Spirito a una totale unità e solidarietà. Queste sono le condizioni per
sperimentare la vita che egli offre a tutti.
Quando si vive un rapporto intenso
con Dio si può testimoniare agli altri. Questa è stata l’esperienza di San
Paolo nella seconda lettura. Secondo lui essere debole non è un problema, anzi,
è la soluzione; questa è la condizione necessaria per fare l’esperienza della
forza divina. San Giovani Calabria diceva: “Zero e miseria sono buone
condizioni… Dio non sa cosa fare con gli orgogliosi, anzi li allontana da sé”.
Se è Dio la forza di cui abbiamo bisogno, allora dobbiamo fidarci di lui. Ogni
giorno è un invito a una consegna di noi stessi.
Nel vangelo Gesù continua il suo
insegnamento con parabole. Questa è la quinta parabola di seguito. Ricordiamo
che la prima è stata quella del padrone
misericordioso e del servo impietoso, simbolo del Dio che perdona oltre le
nostre colpe; la seconda parlava del padrone
della vigna che è uscito a cercare lavoratori e paga ugualmente tutti
perché la misura non è quanto si fa, ma la bontà e la generosità di Dio; la
terza, in una famiglia il papà chiese
aiuto ai due figli, ma solo uno ha fatto la volontà del padre. Così, non
basta dire di sì alla chiamata divina, bisogna perseverare nel sì. Nella
domenica scorsa il padrone del terreno
piantò la vigna e la diede in affitto a dei contadini; così Dio affida a
noi i suoi doni e aspetta buoni risultati, cioè, corrispondenza.
Nella parabola di oggi, Gesù
paragona il regno a un banchetto, come abbiamo sentito un po’ nella prima
lettura. Il re invita la gente alla festa di nozze del suo Figlio e vuole che
ciascuno prenda l’impegno liberamente. Sembra che proprio per questo ognuno
inventi una scusa per non andare alla festa anche di fronte all’ insistenza del
re. Allora il re allarga l’invito alle altre persone perché i primi non erano
degni di quella festa. Alla fine del brano c`è una scena drammatica che sembra
togliere lo splendore della festa, vale a dire, qualcuno è impedito a partecipare
integralmente perché non ha indossato la veste propria della festa.
L’invito che questo re fa traduce l’intenzione
di Dio sull’umanità. La missione redentrice del suo Figlio è come una festa di
nozze. L’offerta salvifica è fatta a tutti. Il popolo della antica alleanza è
stato il primo ma non l’unico. Altri popoli che erano considerati fuori della
‘portata salvifica’ hanno accolto bene l’invito a partecipare al banchetto del
Figlio di Dio. Per noi questo banchetto è l’Eucaristia. È proprio Dio che ci
invita e ci serve con tutto il suo amore. Egli non vuole che nessuno sia fuori,
ma la risposta dipende da ognuno. Davanti alla generosità e gratuità divina
siamo invitati a rispondere con la totalità della nostra vita. Le nostre
preoccupazioni e interessi personali devono rimanere in secondo piano. Dio
continuerà a chiamare anche se la nostra risposta non sempre è secondo la sua
aspettativa. La nostra difficoltà di rispondere all’invito di Dio non mette
limite alla sua bontà e generosità.
In Gesù Dio ci invita a partecipare della sua
stessa vita ma sa che sono molte le scuse a causa delle scelte che facciamo. Colui che
invita aspetta sempre una risposta che sia secondo la chiamata perché egli
stesso ci rende capaci di farlo. Però nella parabola, colui che non vestiva la
veste delle nozze dimostrò che non era ancora pronto per partecipare al
banchetto. Così molti di noi rispondiamo di sì, ma non riusciamo a vivere in
comunità, non riusciamo a contribuire alla sua crescita cambiando alcuni
atteggiamenti. Allora, non basta accogliere l’invito di andare al banchetto,
bisogna entrare nella logica del banchetto e di colui che offre il banchetto,
cioè, la logica del dono, della consegna di sé, di sentirsi comunione con gli
altri. Questo è il ‘già’ del Regno
come aperitivo della gioia senza fine che esperimenteremo nel banchetto del
Regno definitivo, nella sua dimensione di ‘non
ancora’.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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