Una riflessione a partire da Gv 1, 1-18
È natale!
Cos’è il natale? Un tempo di gioia e di ringraziamento. Perché? Perché il Padre
ci ha fatto un grande dono, il dono insuperabilmente più grande di tutti gli
altri che abbiamo ricevuto, il suo Figlio Gesù. Ringraziamo Dio perché nella
sua bontà ci ha portato la salvezza e, nella sua sapienza, ha fatto dimora in
mezzo a noi.
Eravamo nelle
tenebre e siamo stati illuminati dalla luce. La luce che è apparsa in realtà è
un bambino, un essere umano fragile, carne. In questa carne, nella sua storia,
Dio (quel Dio che nessuno ha mai visto) si è fatto visibile. La sua salvezza,
la sua parola hanno preso carne in Gesù. Siamo invitati a immergerci in essa
non per intenerirci di fronte a un bambino ma per contemplare e custodire tutto
di lui, ogni sguardo, ogni gesto, ogni parola e fare nostro tutto il suo
vissuto.
Proviamo ad immaginare
lo scenario creato da San Francesco, a partire dalla narrazione biblica,
mettendo al centro quel Signore mite che si fa bambino con lo sguardo di tutti
rivolto verso di Lui. Scandalosamente l’Onnipotente si fa bisognoso in ogni
senso: bisognoso di protezione, di cura, di attenzione, di essere cresciuto,
senza essere risparmiato di problemi e sofferenze. In somma, bisognoso dell’affetto
di Maria e Giuseppe e di ogni essere umano che accetta il suo messaggio di pace
e di amore.
Il brano del
vangelo odierno è il prologo del vangelo di Giovanni il quale porta come prima
espressione, vale a dire, “In principio…” ci richiama l’inizio del libro della
Genesi, che ci parla della creazione. Così si capisce che l’intenzione di
Giovanni è di sottolineare che con il Verbo Gesù Cristo avviene una nuova
creazione: “L’attività di Gesù, inviato dal Padre, consiste nel fare nascere un
uomo nuovo; la sua azione corona l’opera creatrice iniziata da Dio “in
principio”.
«A quanti però
lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». La parola speciale
che ci viene proposta è «accogliere». Accogliere lo stesso Dio! Dio, facendosi
uomo, si mette alla portata di ognuno di noi. “Accogliere” significa aprirGli
le nostre porte, permetterGli di entrare nelle nostre vite, nei nostri
progetti, in quelle azioni che colmano i nostri giorni. Insomma, fare spazio a
Dio nella nostra vita. Fino a che punto l’abbiamo accolto?
Accogliere
Gesù vuol dire lasciarsi interrogare da Lui. Permettere che i suoi criteri
illuminino sia i nostri pensieri più intimi, sia le nostre relazioni ed attività
sociali e lavorative. Che le nostre attuazioni concordino con le Sue! “Accogliere
lui, riconoscerlo, permette di rinascere come figli di Dio. Quindi, mentre
celebriamo la nascita di Gesù, celebriamo la nostra rinascita, cercando di
avere i suoi stessi sentimenti, i suoi pensieri, il suo amore, in modo che la
nostra propria carne mostri (proprio come quella di Gesù) il Padre”.
Fr Ndega
Revisione dell’italiano: Giusi