Una riflessione a partire da Mic 5, 1-4; Eb 10, 5-10; Lc 1, 39-48.
Il Regno di Giuda viveva un periodo
di instabilità e paura perché i suoi governanti - discendenti di Davide – sono
stati dediti più alla cura dei loro interessi che a quelli della gente. inoltre
era minacciato dall’Assiria. È in questo contesto che sorge la profezia di
Michea, ricordando al popolo e a chi gli governa che bisogna ricominciare da
capo, cioè da Betlemme, non solo perché è la città di Davide, ma perché il modo
come questo re viene scelto ha rivelato lo stile proprio di Dio, vale a dire, ha
preferito un luogo insignificante e il più piccolo e insignificante tra i
fratelli. Questo ci insegna che non ci sarà una rinascita se non ripartiamo dai
piccoli gesti, da quello che è trascurato nella nostra vita, da quello che
crediamo essere insignificante.
L’autore della lettera agli ebrei
vede in Cristo il re-messia atteso che compie in tutto la volontà di Dio. Così,
chiarisce il senso profondo dell’Incarnazione: la santificazione dell’essere
umano per mezzo dell’obbedienza di Cristo. Egli assume la nostra condizione
umana al fine di metterla totalmente alla disposizione della volontà di Dio.
Quindi, la nostra santificazione non è un processo che viene da fuori, qualcosa
estraneo alla nostra natura, come succedeva riguardo i sacrifici antichi, ma si
dà interiormente poiché Cristo con l’incarnazione si è unito ad ogni persona e
tramite la sua opera di salvezza ci santifica dal di dentro.
Maria, modello della Chiesa in
uscita, ci fa capire che la vita di chi si affida a Dio è un costante
movimento/pellegrinaggio non verso sé stessi ma verso gli altri. Il primo a
dare l’esempio è stato lo stesso Dio quando si è degnato di venire da lei. Ora,
lei fa lo stesso verso la cugina Elisabetta, la quale in riconoscenza del dono,
esclama: “A che debbo che la madre del mio Signore venga da me?”
Elisabetta l’accoglie con gioia perché riconosce in Maria l’arca della nuova
alleanza dinanzi alla quale Giovanni “danza” di gioia, un’allusione
all’atteggiamento di Davide all’arrivo della dell’arca dell’alleanza, segno
della presenza di Dio.
“Beata è colei che ha creduto
nell’adempimento della promessa del Signore”. In questo tempo di attesa,
l’elogio di Elisabetta a Maria suona come un invito a considerare che solo la
fede come adesione alle promesse di Dio può riempire il nostro cuore di gioia e
renderci motivo di gioia anche per gli altri. Solo chi vive una fede così può raccontare
quanto Dio opera ancora oggi per gli umili che lo temono. In Maria si attua
proprio quella profezia di Michea riguardo lo stile di Dio il quale riparte
dagli ultimi, dall’insignificante. Che dall’esempio
di Maria sentiamo
l’urgenza di accogliere questo stile di Dio nel Cristo che ci viene incontro e
ci rende in grado di portarlo ovunque.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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