Riflessione a partire di Ger 31,1-7; Eb 5,1-6; Mc 10, 46-52
Il messaggio di questi brani ci aiuta a credere che c’è una luce
in fondo al tunnel e che tutto è possibile a chi crede. Colui a chi rivolgiamo
le nostre preghiere non ci farà aspettare per molto tempo.
Il brano di Geremia è un invito alla gioia perché il
Signore sta per compiere un’opera stupenda nella vita del suo popolo; anzi,
quest’opera è già cominciata. Egli è un
padre pieno di tenerezza per il suo popolo, specialmente per i più deboli. Egli
attira a sé ogni vivente per fare sperimentare la sua salvezza perché “la sua
tenerezza abbraccia ogni creatura”. Davanti a un Dio che agisce così nei nostri
confronti, il nostro atteggiamento deve essere di totale fiducia, lasciando
spazio all’azione della sua grazia nella nostra vita, cioè, lasciando che Dio
sia Dio in noi.
Il
brano agli Ebrei ci porta l’immagine del sacerdote che è scelto fra gli uomini
e costituito per il bene degli uomini. Per il fatto
di essere rivestito di debolezza è in grado di sentire giusta compassione per
coloro che commettono errori. Questa realtà parla proprio dell’identità di Gesù
Cristo, vero
sacerdote, che “riunisce nella sua persona la debolezza dell'uomo e la potenza
rinnovatrice dell'Altissimo”. La dignità di sommo sacerdote non si dà da
sé stesso, ma l'ha ricevuta dal Padre. La dignità sacerdotale che anche noi abbiamo
ricevuto per il battesimo è prima di tutto un dono, un’iniziativa di Dio
a cui dobbiamo rispondere con fedeltà e gioia. Siamo aiutati dalla sua grazia e
dalla comunità perché possiamo vivere la nostra vocazione come un dono per gli
altri.
Il brano del vangelo parla della guarigione del cieco
Bartimeo e, quindi, la rivelazione di Gesù come luce che ci dà nuova visione. Questo
miracolo è avvenuto mentre Gesù usciva dalla città di Gerico, cioè, nella
periferia, lasciando dietro la fama della città conquistata tramite la violenza
e il dominio della forza. Il cieco Bartimeo era seduto lungo la strada a
mendicare e certamente ha sentito parlare più volte di Gesù, desiderando molto
una opportunità di incontrarlo. Ed ecco l’opportunità è arrivata! Il cieco non
ci vedeva ma fu in grado di riconoscere Gesù che passava. Niente e nulla riuscì ad impedirgli
di gridare a Gesù che commosso lo chiamò. Il cieco gettò via quello che gli
dava sicurezza e con un salto andò verso Gesù e guarito, lo seguì.
Il grido di Bartimeo è il grido di ogni uomo consapevole
della sua debolezza e quindi bisognoso della misericordia di Dio: “Gesù Figlio
di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù ha sentito non soltanto il grido del cieco
ma anche il grido di coloro che cercavano di fare tacere il cieco, dimostrando
indifferenza dinanzi alla sua situazione. Il rimprovero della gente nei
confronti del cieco viene interrotto da Gesù con un ordine: “Chiamatelo!”.
Così, Gesù si fa vicino al bisognoso e condanna l’indifferenza che attenta
contro la fraternità, negando l’identità del vero discepolo.
Certamente la risposta di Gesù è stata un misto di compassione
e indignazione perché si trovava dinanzi a due cecità: la cecità di Bartimeo e
la cecità della gente che seguiva il maestro, ma non in comunione con i suoi sentimenti. Senza sintonizzarci
con il cuore di Gesù non riusciamo ad essere veri discepoli suoi. Domandiamoci:
chi è cieco di più, colui che ha la cecità fisica o coloro che non riescono a
vedere o percepire i bisogni di coloro che vivono accanto a sé?
L’intervento di Gesù sconvolge e motiva a una presa di
posizione: o stiamo con Gesù e, quindi, impegnati con la causa di chi ha più
bisogno oppure rimaniamo indifferenti e, quindi, rinunciamo alla sequela di
Cristo. Chi è con lui è chiamato a incoraggiare e a sollevare il dolore,
facendo arrivare a tutti la vicinanza di Cristo: “Coraggio! Alzati, Egli ti
chiama! Egli non si è dimenticato di te né abbandona coloro che confidano in
lui!” Queste voci sono strumenti che Dio usa per farsi vicino nella vita di chi
lo invoca e nel cuore di coloro che sono in ricerca della loro vocazione perché
siano consapevoli della chiamata divina nelle loro scelte fondamentali.
Il Gesù che cerchiamo di seguire è molto sensibile al dolore umano. Ha gli occhi e le orecchie attenti alla situazione della gente. Egli ci invita ad avere la stessa sensibilità. Spesso siamo come il cieco Bartimeo, cioè, abbiamo difficoltà a vedere bene e cerchiamo una opportunità, un incontro che ci trasformi veramente al fine di vedere chiaramente ciò che sta accadendo intorno a noi e seguire Gesù che porta un nuovo senso alla nostra vita. Ma alle volte siamo anche come la folla che seguiva Gesù: ci sentiamo molto vicini a lui ma lontani dai fratelli e sorelle che convivono con noi, diventando ostacolo alla fede dei deboli. Dobbiamo essere attenti a certe esperienze che ci aprono a Dio, ma ci chiudono agli altri. Se la nostra fede non ci conduce agli altri né ci rende compassionevoli dinanzi ai dolori altrui, questa fede è cieca, ha bisogno di guarigione. Chiediamo a Dio la grazia di vedere veramente.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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