Riflessione su Ez 2, 2-5; 2Cor 12,7-10; Mc 6, 1-6
La rivelazione è
sempre iniziativa di Dio, egli non ha bisogno di avvenimenti straordinari per
rivelarsi alle persone. Egli ci sorprende sempre, superando le nostre
aspettative umane. La sua logica è tutta un’altra cosa. Questa è la logica
della profezia nel passato e anche di oggi. Dio si serve di persone semplici
che incontriamo ogni giorno e di segni semplici e quotidiani della vita per
comunicarsi a noi. Per riconoscerlo occorre saper andare oltre le apparenze
(l’essere umano guarda le apparenze ma il Signore guarda il cuore); occorre
saper vedere col cuore, prima ancora che con gli occhi. Solo così possiamo
renderci conto di ciò che il Signore sta facendo nella nostra vita.
Il popolo di
Israele è stato deportato in esilio in Babilonia e con esso è andato anche
Ezechiele che era uno dei sacerdote di allora. In un tempo in cui la
distruzione di Gerusalemme ha messo in discussione la fedeltà e le promesse di
Dio, Ezechiele è stato chiamato ad essere profeta del Dio vivente in mezzo alla
sua gente che si è ribellata contro il Signore. La missione del profeta
Ezechiele è quella di far capire a tutti che la distruzione di Gerusalemme
annunciata e compiuta è stata il risultato dei loro peccati. Il profeta troverà
molta resistenza ma è sostenuto dallo Spirito che lo rende fedele nella missione.
A causa della fedeltà di Dio alle sue promesse, il contenuto del messaggio
profetico oltre all’annuncio di punizione, porta anche la promessa di salvezza.
Quindi, la missione del profeta è motivare alla fiducia e alla speranza.
L’apostolo Paolo
ha avuto la grazia di ricevere alcune rivelazioni da parte di Dio. Questa
grazia è venuta accompagnata anche dalle resistenze che l’apostolo ha
incontrato durante la sua missione. Lui ha chiesto a Dio di liberarlo di tale
spina e Dio gli ha risposto: “Per te basta la mia grazia”. Ogni persona scelta
e inviata in missione deve essere consapevole che la sua perseveranza e fedeltà
sono dovuti non solo alle sue forze ma alla grazie di Dio che la sostiene. Più
la persona è consapevole della sua debolezza più si abbandona alla azione della
grazia di colui che l’ha chiamata. Secondo San Giovanni Calabria, “Dio si serve
di strumenti umili e docili per rivelare i suoi grandi disegni all’umanità.
Egli non sa cosa fare con gli orgogliosi, anzi li allontana da sé”.
Dopo la
bellissima esperienza vissuta sulla riva del mare, Gesù va nuovamente dal suo
popolo, da sua parentela, cioè, a Nazareth. Questo è il posto dove Gesù
dovrebbe essere veramente accolto. Invece no. Gesù trova resistenza da parte di
coloro che pensano che la loro conoscenza sull’origine umana di Gesù è già
abbastanza per avere un vero e profondo rapporto con lui. Per loro è troppo
difficile riconoscere l’opera di Dio in questo compaesano che hanno visto
crescere, che ha vissuto con loro la normalità della vita. La loro conoscenza
su Gesù non è stata un aiuto ma un ostacolo per un’apertura necessaria alla
rivelazione che Egli portava loro. Come conclusione, Gesù non ha compiuto nella
loro vita ciò che ha voluto fare come il rivelatore del volto misericordioso
del Padre. Loro sono stati ingannati proprio dalla loro conoscenza di Dio.
La grande critica
di questo testo è sulla difficoltà di credere. Per conoscere tante cose nel
mondo ci basta l’intelligenza. Però non possiamo dire lo stesso quando si
tratta dell’esperienza di Dio. Dobbiamo stare attenti perché le idee o immagini
di Dio che acquistiamo con la nostra intelligenza possono impedirci di
riconoscerlo veramente. Non possiamo accontentarci solo con la conoscenza di
cose su Dio; dobbiamo permettere che egli stesso si riveli a noi con tutta la
potenza del suo amore. E per arrivare a questo ci vuole fede. Desideriamo che
accadano dei cambiamenti nel mondo e nella nostra vita, ma nelle nostre scelte
e atteggiamenti non sempre dimostriamo che siamo persone credenti. Ci
comportiamo ancora come quel popolo del quale ci parla la prima lettura: “Una
razza di ribelli che si sono rivoltati contro di me”. “Veramente se ai nostri
giorni non avvengono miracoli perché sono impossibili, ma non avvengono per la
mancanza di fede”.
La resistenza che
Gesù ha trovato tra i suoi parenti e compaesani non solo nel senso religioso
per quanto riguarda l’aspettativa messianica ma anche nel senso di rapporto
umano non è molto diversa di ciò che accade molto spesso nei nostri rapporti
con gli altri. “Quanta fatica facciamo ad uscire dai nostri schemi e dal nostro
modo di incasellare le persone e la realtà che ci circonda! Alle volte con i
nostri pregiudizi abbiamo fretta di giudicare gli altri sul loro modo di vivere,
sulle loro intenzioni ed identità”. Questo non tocca a noi. A noi tocca
imparare sempre, sapere ascoltare prima di parlare. Nessuno diventa testimone
se non ha fatto l’esperienza e nessuno diventa profeta se non sa ascoltare.
Anche per le nostre scelte fondamentali l’esperienza dell’ascolto diventa il
punto di riferimento perché possiamo discernere bene e prendere la decisione
giusta.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
Revisione dell'italiano: Giusi
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