Riflessione a partire di 2Re 4,
42-44; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15
La presenza e azione di Gesù rende visibile e attiva
la vicinanza di Dio. Il suo cuore è sensibile alla realtà di chi ha bisogno
perché è pieno di tenerezza e compassione. Quello che vive nel suo cuore, Gesù
lo condivide con i suoi affinché possano imparare da lui a vincere
l’indifferenza, passando dal vedere all’agire. Questo è il compito di ogni
“uomo di Dio”, come possiamo vedere nel primo testo (2Re 4, 42-44) in cui
Eliseo fa capire al suo servo che la condivisione dei doni è una espressione
concreta dell’ascolto fecondo della Parola di Dio. Nessuno è così povero da non
avere niente da dare. Quello che abbiamo viene da Dio e quando lo condividiamo
esso si moltiplica perché Dio non si lascia vincere in generosità, sempre
pronto a donarci di più. Nel secondo testo (Ef 4, 1-6), San Paolo invita i
cristiani a vivere secondo la vocazione a cui sono stati chiamati. Questo
invito ci fa ricordare la realtà del nostro battesimo attraverso il quale siamo
diventati testimoni della paternità di Dio, che agisce sempre in noi e per mezzo
di noi. Il nostro vivere sia visibilità della sua azione generosa.
Gesù può risolvere da solo il problema della folla affamata,
ma vuole che anche i suoi discepoli facciano qualcosa davanti al bisogno della
gente. Questo è un impegno da prendere sul serio. Per questo troviamo nei
sinottici l’espressione: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mt 14, 16; Mc 6,
37; Lc 9, 13). Nel brano di Giovanni (Gv 6, 1-15), la domanda fatta a Filippo
dimostra che l’ordine dato dal maestro non significa una azione da essere
compiuta solo dai discepoli ma si tratta di una partecipazione in ciò che il
maestro ha già deciso di fare nel suo cuore pieno di bontà e compassione. Ogni
gesto e parola del maestro è sempre una nuova opportunità di apprendimento per
i discepoli. Ma per capire quello che il maestro sta per fare bisogna ragionare
come lui, che non mette al primo posto il denaro da spendere ma il bisogno
della gente. La priorità è la logica del dono e non la logica del consumo e
dello spreco. Per questo, alla fine devono raccogliere i pezzi avanzati.
Il capitolo VI del vangelo di Giovanni inizia con
questo bel racconto della moltiplicazione dei pani e prosegue con il discorso
di Gesù sul pane della vita. Allora, dopo essere passato all’altra riva del
mare e salito sul monte, Gesù vide una grande folla. Davanti ai loro bisogni lo
sguardo di Gesù è di compassione: è lo sguardo di una persona che non solo si
commuove nel cuore ma che si muove e agisce per cambiare la realtà. Erano
persone che seguivano Gesù perché vedevano i segni che egli compiva sugli
infermi. Era veramente affascinante il rapporto di Gesù con le persone,
specialmente con i poveri e sofferenti. Questo attirava la gente a vedere in
Lui il compimento delle promesse divine. In Gesù, Dio visita il suo popolo e
cammina con esse. Queste persone che seguivano Gesù erano già stanche di vedere
che la loro realtà non era presa sul serio da parte dei loro capi. Erano come
pecore senza pastore e, quindi, affamati e assettati in ogni sensi.
Giovanni, e soltanto lui, in questo evento fa riferimento
alla Pasqua: “era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”; e alla fine, aggiunge
che Gesù “si ritirò da solo sulla montagna”. Questa volta non ha accettato la
compagnia neanche dei suoi discepoli, perché anche loro non hanno capito il
segno. Soltanto il Padre lo capisce. È importante ricordare che l’evangelista
Giovanni preferisce usare la parola ‘segno’ invece di ‘miracolo’. Tutti i segni
che Gesù compie in questo vangelo sono un annuncio in anticipo della sua “Ora”,
cioè, la sua Pasqua, attraverso la quale glorificherà il Padre e concluderà la
sua Opera redentrice. Per questo viene fatto riferimento alla “Pasqua, la festa
dei Giudei”, all’inizio del brano, indicando che il cibo dato da Gesù, cioè, la
sua Parola e la sua vita, sarà la nuova Pasqua.
La risposta di Filippo è segno della mancanza di
sintonia con il cuore di Gesù che sa dei nostri bisogni prima che gli chiediamo
qualcosa. Molte volte, come Filippo, noi spendiamo molto tempo pensando a ciò
che non abbiamo e dimentichiamo di fare del bene con il poco che abbiamo. Questo
testo parla anche della partecipazione di Andrea, fratello di Pietro. Lui
presenta un ragazzo che ha portato qualcosa da condividere con il gruppo. Quel
poco che il giovane ha presentato è stato gradito a Dio che lo ha usato per il
bene di tutti. A volte, come Andrea, riconosciamo che i doni ci sono ma non
riusciamo a riconoscerne il loro valore. Gesù condanna l’indifferenza e ci dice
che sono i piccoli gesti fatti con il cuore che fanno la differenza. Gesù ci
invita a condividere con gli altri il meglio di noi stessi come dono offerto a
Dio. Nella sua bontà, Gesù ha già deciso di usare questo dono che siamo noi per
sfamare il mondo perché è così che la nostra vita prende un senso. Accettare
questo impegno è la grande sfida per noi ed è questo il compito di ogni
“uomo/donna di Dio”.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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