Riflessione su Gv 1,
6-8.19-28
Giovanni è un
uomo mandato da Dio. Da questo mandato dipende tutta la sua esistenza. Egli era
consapevole della sua missione perché ha ricevuto un mandato di Dio per questo.
Così sono i profeti: loro non inventano la loro “missione”, semplicemente la
accolgono. È una iniziativa divina a partire da un rapporto intimo con la
persona scelta e con una finalità ben concreta – come nel caso di Giovanni -
per dare testimonianza alla luce. Lui è un tramite, un mediatore, un
precursore. Tramite lui la gente è stata attirata alla luce. Più il testimone
si nasconde, più la luce brilla.
Giovanni è
interrogato sulla sua identità, vale a dire, ‘tu, che dici di te stesso?’ La
sua risposta è una grande lezione di umiltà, contrariando tutte le aspettative
umane. Normalmente noi approfittiamo dell’occasione opportuna per presentare i
nostri titoli e le cose che facciamo. In altre parole, normalmente parliamo di
noi stessi. Giovanni invece no. La sua testimonianza è una negazione di se
stesso per affermare l’identità di un altro. La sua vera identità era quella di
annunciare l’identità di un altro. La testimonianza di Giovanni è già annuncio
di come dovrà essere la vita dei futuri discepoli di Gesù.
Giovanni dichiara
di essere soltanto una voce che grida nel e dal deserto: ‘rendete diritta la
via del Signore’, diceva. I profeti sono ‘portavoce di Dio’, cioè parlano in
nome di Dio. E questo è dovuto a una intensa esperienza di lui. Il deserto è
l’ambiente proprio per essa. I grandi personaggi biblici hanno trovato in
questa esperienza la ragione della loro identità, la forza e l’entusiasmo
necessario per la missione che Dio ha affidato loro. Giovanni è una persona che è stata cambiata
dalla Parola in una esperienza vissuta nel deserto e ‘dal deserto’ - in quanto
esperienza vera di trasformazione - annunzia i cambiamenti necessari per la
gente. Il suo compito è preparare le persone per l’incontro con Colui che era
già in mezzo a loro ma che essi non conoscevano.
La testimonianza
di Giovanni è vera perché parte da una esperienza che ha vissuto con Gesù fin
dall’inizio quando era ancora nel grembo di Elisabetta. Ci sono delle persone
che trovano senso per la loro vita cercando riconoscimento dagli altri.
Giovanni invece incontra senso nell’essere soltanto la voce che annuncia una
presenza, che prepara l’incontro e, al suo tempo, si assenta per non disturbare
il rapporto che ognuno è chiamato a fare con colui che deve venire. La sua
mediazione non dà fastidio ma facilita. L’esempio di Giovanni ci fa capire che
bisogna essere consapevoli della propria identità per non occupare il posto che
appartiene a un altro. E Giovanni non ha nessuna pretesa in questo senso perché
sa che il punto di riferimento non è se stesso ma un altro.
Il gesto di Giovanni di battezzare la gente
parlava della condizione umana peccatrice e della accessibilità della
misericordia di Dio. Ma era solo una preparazione. Il suo gesto è stato
significativo in quel momento e poi si è fermato perché annunciava un altro
battesimo che rimarrà per sempre trasformando interiormente il cuore di ogni
persona. Questo gesto che la chiesa ripete fin dall’inizio della sua fondazione
configura la gente con Cristo. È un gesto che annuncia Cristo perché parla della
nuova condizione di coloro che rinascono da Cristo. Nella nostra vita
cristiana, è Cristo il punto di riferimento e così deve continuare perché sia
una vita cristiana vera. Quando mettiamo noi stessi al centro, noi annunciamo
un altro e non il vero Cristo. Dobbiamo pensare come diceva Madre Teresa,
“Signore, quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra
persona”.
L’esperienza
intensa vissuta nel deserto ha dato a Giovanni Battista la consapevolezza della
sua vera identità. Forse ci manca un rapporto più profondo con colui che ci ha
chiamato ad essere suoi messaggeri. La mancanza di intimità con il Signore può
portarci ad occupare nella vita delle persone un posto sbagliato. Non possiamo
dimenticare che siamo soltanto “la voce e non la parola”. Una volta che abbiamo
facilitato l’incontro, dobbiamo farci da parte come ha fatto molto bene il
Battista. La nostra missione è “raccontare la bellezza di essere innamorati di
Dio” con la vita più delle parole. Se leghiamo le persone a noi stessi, siamo
noi i protagonisti e non Dio. Penso che il nostro impegno a partire da questa
riflessione è quello di annunciare Dio senza prendere il posto di Dio.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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