Riflessione su Giona 3,
1-5.10; Mc 1,14-20
In continuità alla riflessione scorsa, anche questa volta il nostro
argomento è vocazionale. La differenza è che la volta scorsa siamo stati
invitati a visitare/partecipare alla quotidianità del Maestro Gesù; questa
volta è lui stesso che viene nella nostra quotidianità in modo molto semplice e
affascinante e ci fa la sua proposta coinvolgente, difficile da rifiutare.
Forse non riusciamo a seguirlo subito come Lui vuole, ma egli accetta che
prendiamo sul serio un processo di conversione che ci faccia conformare pian
piano la nostra vita al suo stile di essere e di vivere.
Il primo testo parla della missione del profeta Giona e la conversione
della gente di Ninive, capitale assira. Giona è un profeta un po’ particolare.
Dio gli ha dato una missione, come ha fatto con gli altri profeti, ma anziché
assumerla, ha preso la decisione di allontanarsi dalla presenza di Dio. Dopo un
periodo nel grembo della balena ha ripreso la sua missione, però con alcune
resistenze personali perché non andava d’accordo con il modo d’agire di Dio.
Giona è un ebreo che è chiamato a una missione in mezzo a un popolo nemico
degli ebrei. Allora, mentre Dio manda ad annunciare la conversione, il profeta
annuncia la distruzione. Per fortuna la gente ha creduto in Dio e ha cambiato i
suoi atteggiamenti. È soltanto questo che Dio aspetta da ciascuno dei suoi
figli, vale a dire un atteggiamento sincero di conversione a lui, non importa
la nazione a cui appartenga.
Questa è l’intenzione di Gesù quando inizia la sua vita pubblica. Quando
Giovanni è stato arrestato, quando cioè la profezia della Parola di Dio non era
più proclamata, Gesù ha capito che era arrivato il suo turno. Allora egli lascia
la Giudea dove ha fatto l’esperienza del battesimo e del deserto e va in
Galilea proclamando il vangelo di Dio. Il centro del suo messaggio è la
vicinanza del Regno di Dio e quindi, l’invito alla conversione come
atteggiamento fondamentale per accogliere questo Regno. Diceva: “Il tempo è
compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo”. Con
Gesù il tempo raggiunge la sua pienezza. Il tempo di cui parla qui non è Kronos come quantità del tempo, ma kairòs, cioè l’occasione opportuna di
trovare Dio e la sua salvezza. Con Gesù è ormai tempo di sentire Dio che ci è
veramente vicino.
Nella persona di Gesù il Regno diventa una realtà concreta. Credere e
accettare questo regno vuol dire accettare di seguire Gesù che porta la
proposta di una società totalmente nuova che cambia totalmente la vita di chi è
coinvolto. Così Gesù passa e vede due
fratelli, cioè fissa lo sguardo sulla famiglia che nei suoi rapporti e nel
lavoro di ogni giorno va generando vita e costruendo la storia. Gesù si offre come
punto di riferimento, chiamando questi fratelli a dare un senso vero alla loro
quotidianità: “venite con me e vi farò pescatori di uomini”. Gesù è molto
chiaro e la sua proposta è coinvolgente e affascinante. Da questi fratelli egli
vuol costruire un mondo di fratelli. Questa proposta invita a lasciare tutto
subito, cioè con totale disponibilità: primo le reti, poi la famiglia…
Secondo questo testo, l’invito alla conversione coincide con la chiamata a
seguire Gesù. La chiamata fondamentale fatta ad ogni uomo è quella di andare
dietro Cristo e con Cristo per dare un senso vero alla propria vita, come i
primi discepoli che continuarono ad essere pescatori ma in modo diverso. Se ho
una professione o se sono sposato o se ho una delle vocazioni di servizio
ecclesiale o se sono ancora in ricerca, dopo il confronto con la parola di
Gesù, non posso continuare lo stesso, devo prendere posizione, vivendo la mia
vocazione o ricerca diversamente. La quotidianità
e la realtà della comunità sono stati molto importanti nella vita di Gesù e dei
suoi primi discepoli. Questi sono per noi i luoghi dove Dio ci visita
continuamente e ci propone una metanoia,
cioè un cambiamento di mentalità, di modo d’agire, di ragionare, di vivere.
Per vivere bene la vocazione bisogna lasciare qualcosa o molte cose. “Però
è importante ricordare anche che discepolo non è chi lascia qualcosa, ma chi ha
incontrato qualcuno. Quello che si perde è compensato abbondantemente con
quello che si trova”. È proprio così la nostra avventura con Gesù; non sappiamo
dove va finire, ma lui sa. Bisogna avere il coraggio di fidarsi di lui che ha
avuto il piacere di affidarci il suo Regno. Quindi siamo chiamati a unire la
nostra vita alla sua per dare un senso nuovo alla nostra vita. Come i primi
discepoli che hanno lasciato tutto e con prontezza hanno risposto al Signore
che li chiamava, affidiamoci a Gesù, lasciando le nostre “sicurezze” e tutto
ciò che ci impedisce di vivere la nostra vocazione con totale disponibilità al
servizio del Regno.\
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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