Riflessione su Sam 3: 3-10.19; 1Cor 6: 13-15.17-20; Gv 1,35-42
La nostra vocazione è una storia d’amore perché la sua
origine è Dio che dona se stesso quando chiama qualcuno perché sia suo/sua
servo/a. Per questo ogni vocazione porta con sé una verità profonda, vale a
dire: se esiste Dio, egli ama; e se ama, egli chiama. Se esiste libertà, la sua
origine è Dio; se esiste essere umano, esiste come essere libero perché viene
da Dio. E se esiste vita, è perché sia donata come il proprio Dio fa. In ogni
vocazione è Dio stesso che prende l’iniziativa realizzando un rapporto d’amore
con la persona chiamata per il suo servizio.
La vocazione di Samuele, raccontata nel primo testo, è un
modello per tutte le vocazioni. Dio gli viene incontro in una occasione
veramente speciale, lo chiama per nome dimostrando che lo conosce. Fin da
ragazzo Samuele è stato offerto dalla sua mamma per servire Dio ed è stato
cresciuto nel tempio. Dio ha accettato l’offerta e decide di rivelare a Samuele
la sua volontà. E’ chiaro che Samuele ha avuto bisogno di un processo di
discernimento per capire l’intenzione di Dio per la sua vita. Il sacerdote Eli
è stato la mediazione di Dio per aiutare Samuele a discernere la voce che gli
parlava a partire dal suo intimo e rispondere con prontezza. Dio chiamò Samuele
per tre volte. Vuol dire che l'invito di Dio a Samuele è stato espresso più
volte. Dio non si stanca mai di chiamare le persone perché questo è il suo modo
di dimostrare amore per ognuno. È necessario stare attenti e cercare aiuto per
discernere la voce di Dio tra le molte voci che si fanno sentire e rispondere
alla sua chiamata con generosità e prontezza.
Secondo San Paolo, siamo tempio di Dio e la nostra
vocazione è essere membra del corpo di Cristo. Attraverso il nostro battesimo
Dio ci ha fatto sua dimora: “Non sapete che voi siete tempio di Dio e che il
suo Spirito dimora in voi?” Quindi come membra del corpo di Cristo, la nostra
identità è essere con gli altri. Non siamo stati creati per vivere da soli o
per noi stessi ma per la comunione. Noi viviamo la nostra vocazione insieme
agli altri e aiutati dagli altri. Dio ha voluto usare la realtà del nostro
corpo per mostrare la sua divinità. Quando permettiamo che il suo Spirito ci
conduca, siamo in grado di rivelare il Dio che dimora in noi. Anche senza conoscenza
siamo aiutati a compiere la nostra vocazione perché apparteniamo a Dio.
Il vangelo parla della vocazione
dei primi discepoli di Gesù, secondo la versione di Giovanni. Tutto comincia
con l’esperienza. Giovanni Battista certamente ha avuto l’opportunità di
conoscere Gesù e proprio per questo è stato in grado di indicarlo come “Agnello
di Dio che toglie i peccati del mondo”. La sua testimonianza è stata
fondamentale perché i suoi discepoli potessero seguire il vero Maestro. Quando
Gesù li vide ha posto loro la domanda fondamentale della loro esistenza, vale a
dire: “Che cosa cercate?” Più avanti, nell’ultima parte del vangelo di Giovanni
la domanda non sarà più “che cosa cercate” ma “chi cercate?” perché veramente i
discepoli non cercano qualcosa ma qualcuno. I due discepoli rispondono a Gesù
con un’altra domanda: “Maestro, dove dimori?” questa domanda rivela che davvero
volevano conoscere il maestro e rimanere con lui. Questa esperienza ha portato
nel loro cuore la passione per Gesù e la passione per annunciarlo perché gli
altri potessero avere la stessa opportunità di sperimentare una nuova vita come
è accaduto a loro. Così Andrea trovando suo fratello Simone gli ha detto: “Abbiamo
trovato il Messia”, cioè abbiamo trovato colui che ha portato il senso vero
alla nostra vita.
Ci sono delle esperienze che preferiamo lasciar perdere e ce ne sono altre che sono fondanti perché
marcano profondamente la nostra vita e senza di esse nulla ha senso per noi.
Questo tipo di esperienza richiede un perdersi per trovarsi veramente. È a
questo che ci invita Gesù quando propone “venite e vedrete” – Vedrai che bello!
Questa è l’esperienza che il nostro cuore desidera in modo molto profondo. Non
possiamo conoscere Gesù in fretta soltanto per sentito dire. Trattasi di un
processo che richiede lungo tempo ed esperienza costante della sua presenza.
Lui stesso vuole rivelarsi a noi, ma la sua rivelazione si scopre passo dopo
passo; è ciò che accade in questo testo in cui Gesù è chiamato prima “Agnello
di Dio, poi “Maestro” e più tardi Andrea lo chiamerà “Messia”.
Se vogliamo conoscere Gesù
davvero dobbiamo accettare l’invito di partecipare alla sua quotidianità e rimanere
con lui permettendo che la nostra vita sia coinvolta nella sua e trovi in essa
la sua vera identità e senso. In questo processo le mediazioni che Dio ci invia
sono veramente importanti, per esempio, la sua Parola, la realtà della
comunità, i nostri fratelli bisognosi, l’accompagnamento spirituale, ect. Senza
un processo di discernimento tramite realtà come queste, diventa difficile
scoprire la chiamata di Dio e discernere la sua voce che ci chiama. Permettiamo
di essere condotti dalla sua Parola e siamo aperti alla realtà attorno a noi
perché possiamo vivere la nostra vocazione con impegno e fedeltà secondo la
volontà di colui che ci ha chiamato.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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