Atti 1, 1-11; Ef 4, 1-13; Mc 16, 15-20
La liturgia
odierna parla del mistero della presenza/assenza di Gesù. Egli non ha lasciato il
Padre quando è venuto da noi e non ci ha lasciato quando è tornato al Padre. L’Ascensione
di Gesù parla di una modalità nuova della sua presenza in mezzo a noi, annunciando
una nuova fase della sua missione. Questo è il tempo della Chiesa, la comunità
dei discepoli di Gesù. Questo messaggio è molto chiaro, per esempio, nei due
testi di Luca, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Il Vangelo ci presenta gli
atti di Gesù, e il libro degli Atti degli Apostoli ci propone le azioni dei
suoi discepoli assistiti dal suo Spirito, confermando la presenza del Maestro
Gesù in mezzo a noi.
Secondo il racconto di Luca (prima lettura),
attraverso le sue parole, Gesù aiuta
i discepoli a capire il rapporto tra tutto ciò che egli ha fatto ed insegnato,
con la realtà del regno di Dio. Questa realtà che è rivelata tramite i miracoli
di Gesù e continuerà a svilupparsi tramite le azioni della Chiesa fino agli
estremi confini della terra. Ma prima di compierla, gli apostoli hanno ricevuto
la forza dallo Spirito Santo e per questa forza diventano strumenti della
salvezza di Dio. Lo stesso Spirito che era presente alla creazione e durante la
missione di Gesù guiderà il lavoro della comunità dei suoi discepoli,
‘illuminando gli occhi del loro cuore e portando loro a una profonda conoscenza
di lui’.
Nella seconda
lettura Paolo ci esorta a comportarci “in maniera degna della vocazione che abbiamo
ricevuto”. In che modo dobbiamo comportarci concretamente? Risponde l’apostolo:
“con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandoci a vicenda nell'amore,
avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della
pace”. Tutto questo siamo in grado di farlo perché abbiamo ricevuto dei doni per
l’edificazione dell’unico corpo, che è vivo e santo perché è lo Spirito che
opera in esso, assicurando la presenza di Gesù per la vita e l’efficacia dei
suoi membri, perché il corpo senza il capo non ha vita: “Senza di me non potete
fare nulla”.
L’incontro di Gesù con gli undici accade “mentre erano a
tavola”. Vuol dire che hanno mantenuto il clima di familiarità e confidenza che
hanno imparato dal loro maestro. Sono stati rimproverati per la loro
incredulità e durezza di cuore. Tre anni di predicazione, di ascolto, di rapporti, di
libertà e di decisione sembrano chiudersi con un bilancio non molto buono. Nonostante questo, Gesù decide di usare proprio questo gruppo per
portare avanti la sua proposta di salvezza, cioè, tutta la ricchezza del suo
insegnamento. Come mai questa fiducia davanti a tante difficoltà?
Il brano
afferma che i discepoli partirono e predicarono dappertutto, ma non da soli, perché
Gesù agiva insieme con loro confermando la loro parola con segni concreti. Ecco
la ragione di tanta fiducia da parte di Gesù. Egli agisce con loro. Anche se la
sua presenza fisica non c’è più, in questa nuova dimensione del suo essere,
Egli è sicuramente e più facilmente vicino per l’esito della nostra missione. Il
punto di riferimento del nostro apostolato non è mai la nostra debolezza ma la
forza e la presenza di Cristo nella nostra vita e nella vita di quelli che
diventano credenti in Lui tramite la nostra testimonianza. Dobbiamo imparare a
vedere noi stessi come ci vede Lui.
La domanda
degli angeli ci inquieta: “Perché state a guardare il cielo?” Come cristiani dobbiamo
fissare lo sguardo su Gesù, che è il nostro modello e il nostro capo e là dov’è
il capo vogliamo stare anche noi che siamo le sue membra. Però, non possiamo
rimanere fermi a guardare il cielo aspettando che cada pronta la soluzione ai nostri
problemi. Come suoi discepoli siamo chiamati a continuare l’opera di Cristo,
preparando il suo ritorno alla fine dei tempi. Il Signore ci vuole vigilanti e
operosi: “Beati quei servi che il Signore troverà servendo, al suo ritorno”.
L’impegno cristiano, di ogni cristiano, per la vita umana nella
costruzione della pace e unità tra le genti è un segno della nostra
preparazione per questo suo ritorno.
Dice il Papa
Francesco che “la vita cristiana è un cammino; non un cammino triste ma
gioioso”, perché con Gesù siamo in processo di ascensione al cielo, ma con i
piedi fermi su questa terra di missione. La nostra vita cristiana è
contemplazione e azione, è fede e opere. I segni della presenza di Gesù nel
mondo sono riconosciuti per l’amore di coloro che credono in lui e seguono i suoi
passi. Tutto questo ci viene dallo Spirito che non solo abita in noi ma opera
dentro di noi per farci diventare nella pratica, nelle nostre azioni, ciò che
siamo nel nome, cioè “Cristiani”, “altri Cristi”. Per questo diciamo:
vieni Spirito Santo!
Fr Ndega
revisione dell'italiano: Giusi
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