Riflessione a partire da Gv 18, 33-37
La Chiesa Cattolica celebra quest’oggi la solennità
di Gesù Cristo Re dell’Universo. Questa solennità “è stata
istituita da Pio XI nel 1925, in un periodo di dittature, e, probabilmente,
nell’intenzione del Papa, doveva essere un richiamo al fatto che ogni sovrano
sarà giudicato e dovrà rendere conto del suo operato a Gesù Cristo Re”. Ogni
potere emana da Dio, è partecipazione alla sua stessa autorità. Quindi, ogni
sovrano dipende dal Sovrano per eccellenza, Gesù Cristo.
Gli evangelisti mostrano che Gesù
ha rifiutato il titolo di re nei suoi momenti prodigiosi e l’ha accettato nel
momento in cui sembrava sconfitto, vale a dire, sulla croce: “Non aveva apparenza
né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53, 2). La sua opposizione a
questo titolo era dovuta alla mentalità politica di regno che era contro il
significato della sua missione. Il suo regno non proviene da questo mondo. Gesù
non ha definito cosa sia il Regno di Dio, ma ha detto che è già in mezzo a noi.
Esso non può essere visto ma possiamo fare l’esperienza della sua presenza
attraverso le opere per il bene dei più bisognosi. Quindi, anche se non è da
questo mondo, è proprio per questo mondo che ha bisogno di cambiamento.
Il Signore ha vissuto la sua
regalità non esercitando il potere sugli altri, ma offrendo la sua vita fino
alla morte, spendendo tutto se stesso per gli uomini: la sua regalità l’ha
vissuta nel servizio e proprio per il suo amore gratuito è stato risuscitato
dal Padre e costituito Re dell’universo. Gesù è il re che ha accettato la croce
come suo trono dove ha mostrato il suo grande amore per il mondo. È un re che
muore amando; giustiziato, ma non vinto; che noi possiamo rifiutare, ma che non
ci rifiuterà mai. E la risurrezione è la conferma che un amore così non andrà
mai perduto.
Il brano scelto per
questa festa ci inserisce nel contesto della passione. Secondo Pilato, Gesù gli
è stato consegnato: “La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a
me”. Però, nella logica del Quarto Vangelo, nessuno prende la vita di Gesù;
Egli la dona liberamente. Prima di tutto, il Padre consegna il Figlio, non per
condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato. Il Figlio in piena libertà
e consapevolezza consegna sé stesso per amore. Solo così sono state possibili
le altre “consegne”: da Giuda ai Giudei; dai giudei a Pilato; da Pilato alla
crocefissione e da essa al Padre.
In questo dialogo di
Gesù con Pilato capiamo subito la differenza di mentalità, di regno e di regalità.
Gesù è legato ma totalmente libero, indipendente da esercito, da armi e non
teme per la propria vita. Pilato invece, non è legato ma è circondato da
legionari, dipende dalle armi e dalle sue paure. Lui intende la regalità come
dominio, oppressione, sfruttamento degli altri, essere sopra gli altri. Per
Gesù invece, regalità è dare testimonianza alla verità, prendersi cura degli
altri, donare la vita per gli altri. Gesù è un re che si fa servitore dei suoi:
“sono venuto per servire e non per essere servito”. La sua corona e il suo trono
esprimono la potenza dell’amore che ha motivato tutta la sua vita. Attraverso
di esso, ha vissuto per gli altri, pensato solo agli altri e donato tutto senza
prende niente.
L’atteggiamento
pacifico di Gesù e la sincerità delle sue parole rivelano il tipo di persona
che è: il Principe della pace. Egli porta con sé un regno di pace in cui tutti
vivono da fratelli e liberi. Non è un regno di questo mondo perché si fonda
sulla verità e propone la riconciliazione tra le persone, mentre i regni di
questo mondo si fondano sulla violenza, sulla competizione e sull’oppressione.
Gesù ha detto che il regno ci è stato affidato ma bisogna che ci convertiamo ad
esso. Accogliere il suo
Regno e la sua regalità è dare libera e gioiosa adesione al suo vangelo vivendo
nell’oggi della nostra storia la verità e l’amore che si compiranno pienamente nell’eternità.
Riguardo a questo, diceva don Calabria: “Regno di Dio qui in terra, per il bene
che faremo e per le anime che salveremo; regno di Dio in Cielo, per il premio e
la ricompensa che riceveremo lassù, per quel po’ di servizio fedele che avremo
generosamente compiuto in questi quattro giorni di vita terrena”.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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