Atti 1, 1-11; Ef 4, 1-13; Mt 28, 16-20
Questi testi parlano
del mistero della presenza di Gesù. Egli non ha lasciato il Padre quando è
venuto da noi e non ci ha lasciato quando è tornato al Padre. L’Ascensione di Gesù
parla di una modalità nuova della sua presenza in mezzo a noi, annunciando una
nuova fase della sua missione. Questo è il tempo della Chiesa, la comunità dei
discepoli di Gesù. Questo messaggio è molto chiaro, per esempio, nei due testi di
Luca, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Il Vangelo ci presenta gli atti di
Gesù, e il libro degli Atti degli Apostoli ci propone le azioni dei suoi
discepoli assistiti dal suo Spirito, forza che garantisce la presenza di Gesù
in mezzo a loro.
Le apparizioni di
Gesù per alcun tempo hanno motivato i discepoli a riscoprire il senso e la
gioia di essere discepoli. L’esperienza di vedere Gesù risorto era totalmente
nuova per loro e Gesù sapeva che c’era bisogno di pazienza a causa della loro
poca fede. I Vangeli sottolineano che erano impauriti e dubbiosi. Sicuramente
questo non è stato un dubbio circa la realtà della risurrezione del maestro
Gesù, ma riguardo la propria capacità di annunciare questo fatto. Allora, è
stato lo Spirito a trasformarli in testimoni gioiosi e coraggiose del Cristo
risorto.
Nella prima
lettura, attraverso le sue parole, Gesù li ha aiutati a capire il rapporto tra
tutto ciò che egli ha fatto ed insegnato con la realtà del regno di Dio. La realtà
di questo regno è rivelata attraverso i miracoli di Gesù e continuerà a svilupparsi
tramite le azioni della Chiesa fino agli estremi confini della terra. Ma prima
di iniziare questa importante missione per il mondo intero, gli apostoli hanno
ricevuto la forza dallo Spirito Santo. Per questa forza sono stati davvero
pronti ad essere strumenti della salvezza di Dio facendo nuovi discepoli per
Cristo. Lo stesso Spirito che era presente al principio della creazione e all’inizio
della missione di Gesù guiderà il lavoro della comunità dei suoi discepoli,
‘illuminando gli occhi del loro cuore e portando loro a una profonda conoscenza
di lui’.
L’incontro di Gesù con
gli undici accade “mentre erano a tavola”. Vuol dire che hanno mantenuto il
clima di familiarità e confidenza che hanno imparato dal loro maestro. Da quel posto e con questo clima sono
stati inviati per evangelizzare. Questo andare e fare le cose insieme è il
primo segno che la comunità di discepoli di Gesù è chiamata a portare animata
dallo Spirito di unità. Ognuno è chiamato a mettere il proprio impegno per promuovere
questa unità come ragione di identità. Noi abbiamo ricevuto doni da Dio perché
siamo doni gli uni gli altri in vista dello sviluppo dell’unico corpo, che è
vivo e santo perché è lo stesso Spirito che opera in esso. Così, la presenza di
Gesù è fondamentale per la vita e l’efficacia dei suoi membri, perché il corpo
senza il capo non ha vita (seconda Lettura). Un giorno egli disse ai suoi: “Senza
di me non potete fare nulla”.
Conoscendo un po’ le caratteristiche di questo gruppo di discepoli, la
prima domanda che ci viene in testa è: come mai che il Signore affidi il tesoro
dell’evangelizzazione a un gruppo così fragile? Se guardiamo un po’ prima, al
versetto 14, Gesù rimprovera i suoi discepoli per la loro incredulità e durezza
di cuore. Tre anni di predicazione, di ascolto, di rapporti, di libertà e di
decisione sembrano chiudersi con un bilancio non molto buono. Tuttavia,
Gesù ha deciso usare proprio questo gruppo per portare avanti la sua proposta
di salvezza, cioè, tutta la ricchezza del suo insegnamento.
I discepoli sono
stati inviati come messaggeri di una buona notizia a tutte le creature, perché
il Vangelo non ha confini. Tutte le persone sono chiamate a coltivare un
atteggiamento diverso fra di loro ma anche per quanto riguarda a tutto il
creato. Il testo dice che i discepoli partirono e predicarono dappertutto, ma
non da soli, perché Gesù agiva insieme con loro confermando la loro parola con
segni concreti. Anche se la sua presenza fisica non c’è più, il suo Spirito
assicura la sua vicinanza nel loro cammino perché abbiano esito nella missione.
Il punto di riferimento del loro apostolato non è la loro debolezza ma la forza
di Cristo nella loro vita e nella vita di coloro che sono diventati credenti in
Cristo tramite la loro testimonianza.
I due angeli
chiesero ai primi discepoli e oggi a noi: “Perché state a guardare il cielo?”
Come cristiani abbiamo bisogno di orientare la nostra attenzione su Gesù, che è
il nostro modello e il nostro capo e là dov’è il capo vogliamo stare anche noi
che siamo le sue membra. Ma non possiamo rimanere fermi a guardare il cielo.
Come suoi discepoli siamo chiamati a continuare la sua opera, preparando il suo
ritorno alla fine dei tempi. Il Signore vuole che noi siamo attenti e efficaci
nel nostro servizio perché “Beati quei servi che il Signore troverà servendo,
al suo ritorno”. L’impegno cristiano per la vita umana nella costruzione della
pace e unità tra le gente è un segno della nostra preparazione per questo suo
ritorno.
“La vita
cristiana è un cammino; non un cammino triste ma gioioso”, perché con Gesù
siamo in processo di ascensione al cielo, ma con i piedi fermi su questa terra
di missione. La nostra vita cristiana è contemplazione e azione, è fede e
opere. I segni della presenza di Gesù nel mondo sono riconosciuti per l’amore
di coloro che credono in lui e seguono i suoi passi. Tutto questo ci viene
dallo Spirito che non solo abita in noi ma opera dentro di noi per farci
diventare nella pratica, nelle nostre azioni, ciò che siamo nel nome, cioè
“Cristiani”, “altri Cristi”. Per questo diciamo, vieni Spirito Santo!
Fr Ndega
Nenhum comentário:
Postar um comentário