Riflessione a partire da Is 6, 1-2a. 3-8; 1Cor 15, 1-11; Lc
5, 1-11
La Parola di Dio che non passa ci chiede di fidarci di Lui che, quando
parla, indica la via giusta da seguire e da vivere. Solo l’adesione totale a
Lui e l’obbedienza alla sua Parola ci fa vedere oltre e raggiungere un
risultato in tutte le nostre imprese.
L’esperienza vocazionale di Isaia accade in un contesto liturgico nel
tempio: Dio gli rivela la sua gloria e santità. Dinanzi a questo evento
stupendo, Isaia si sente indegno perché membro di popolo infedele, ma Dio gli
motiva purificando le sue labbra, perché possa essere il suo messaggero.
Consapevole del bisogno del suo popolo e sentendo profondamente il desiderio di
collaborare con Dio, Isaia risponde con prontezza mostrandosi disponibile ai
piani divini. Ogni persona sensibile agli appelli divini è chiamata ad avere la
stessa disponibilità, prendendo coscienza della sua fragilità e della necessità
della grazia purificatrice di Dio che la rende capace di compiere ogni buona
opera.
San Paolo dà una vera testimonianza sulla buona notizia che ha cambiato
la sua vita. Come Isaia, anche lui si sente indegno della missione affidatagli
dal Signore. Sarà la grazia di Dio a renderlo apostolo e non la sua iniziativa.
Egli ci fa capire che il vangelo ci porta la salvezza e non va soggetto a false
interpretazioni ma accolto e vissuto con fedeltà. Altrimenti, corriamo il rischio
di svuotare di senso questa buona notizia rendendo vana la grazia di Dio in
noi. Come San Paolo, che attribuisce alla grazia di Dio tutto l’esito del suo
apostolato, ogni persona è chiamata a prendere consapevolezza di questa grazia
e fare tutto per non rendere vana questa azione nella propria vita.
All'inizio del vangelo di oggi è stupendo
lo sforzo della gente per ascoltare la Parola di Dio attraverso le labbra di Gesù.
La gente riconosce la veracità dei suoi insegnamenti e si lascia attirare dal
Padre per ascoltarlo. L’evento accade vicino al Lago di Galilea dove la gente
viveva con passione l’aspettativa del Messia. Riguardo i miracoli compiuti in
questo luogo, oltre alla fede degli ascoltatori, è fondamentale la potenza
della parola di Gesù, come è avvenuto in principio: Dio creò tutte le cose
mediante la potenza della sua parola. Per la sua parola chiamò e scelse
collaboratori come Abramo, Isacco, Mosè e tanti altri. Per mezzo della sua parola
portò liberazione al suo popolo.
È con la potenza di questa stessa parola
che Gesù raccomanda a Simone e compagni di “prendere il largo e gettare le reti
per la pesca". Simone aveva due alternative: accettare o rifiutare. Di
certo pensò prima di tutto di conoscere il mestiere della pesca e di non aver
bisogno del consiglio di nessuno. Poiché questo è il primo incontro con Gesù,
secondo la versione di Luca, Simone e i suoi compagni non conoscevano quell'uomo,
tranne che era un falegname e un predicatore. Un falegname può dire ai
pescatori come fare il proprio lavoro? Ma Simone ha preferito lasciarsi guidare
dalla parola dello straniero e permettere il miracolo; dal miracolo la chiamata
a mettere in gioco la propria vita a causa di Gesù. Notiamo ancora che è la
forza della Parola che motiva la decisione.
Dallo stupore la sequela. Come
Isaia nel tempio, anche Pietro si sente indegno dinanzi alla santità di Gesù.
Ma è lo stesso Gesù che gli fa superare la sua situazione con la chiamata alla
sua sequela. La proposta si estende a quanti sono disposti a rinunciare a tutto
per Lui. I primi discepoli non hanno lasciato l'identità di pescatori, secondo queste
parole: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Pescatori sì, ma
in un modo nuovo, con un significato nuovo. Avranno nuove reti, nuove barche e
nuovi pesci. Abbandonare la barca e le reti, nel caso di Pietro e dei suoi compagni,
significava rinunciare a tutto, comprese le normali attività che garantivano
sostegno e sicurezza. Spesso la risposta alla chiamata affascinante del Maestro
richiede un coraggio come questo.
Quello che accade in questi brani
ci fa capire qualcosa fondamentale: la vocazione è di fatto iniziativa di Dio,
dono della sua bontà. Non siamo degni né abbiamo meriti davanti a Lui. La
riconoscenza della nostra condizione fragile permette al Signore di agire con
l’abbondanza della sua grazia per renderci capaci di portare avanti la missione
che Egli ci confida. La Barca di Simone è la Chiesa e da questa barca Gesù
continua a insegnare al popolo di Dio dal quale si aspetta totale adesione e
obbedienza alla sua parola. Questa barca è anche la vita di ognuno di noi
raggiunta dalla grazia misericordiosa del Signore e usata come strumento in vista
della diffusione del vangelo e di una fraternità sempre più autentica per la
sua maggior gloria.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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