Riflessione su Ml
1,14b-2,2b.8-10; 1Ts 2,7b-9.13; Mt 23: 1-12
Attraverso il
profeta Malachìa, Dio ammonisce i capi religiosi a causa della mancanza di
autenticità e coerenza nell’esercizio del loro ministero. La mancanza di una
giusta condotta di questi capi ha portato molti ad allontanarsi da Dio. Questo
risultato è totalmente opposto alla identità di coloro che sono stati scelti
per agire nel nome del Signore. Alla fine, popolo e capi, tutti sono chiamati a
un rapporto diverso con Dio tramite l’ascolto attento alla sua Parola e la
fedeltà all’alleanza come vie giuste per riprendere il loro impegno secondo la
sua volontà. Chi ha la responsabilità di guidare gli altri è chiamato ad essere
strumento della bontà e cura di Dio.
A partire
dell’esempio di Paolo e i suoi compagni impariamo che il vero evangelizzatore
ha un atteggiamento di cura per i suoi ascoltatori come fa la madre per i suoi
figli. Insieme alle parole che lui/lei annuncia c’è anche la testimonianza come
espressione concreta di una vita che è stata cambiata a partire dal rapporto
costante con la Parola. L’atteggiamento giusto da parte di chi riceve la Parola
è quello dell’accoglienza tramite lo sforzo di conformare la propria vita alla
Parola ascoltata. La Parola in se stessa ha la forza di operare dentro ciascuno
i cambiamenti di cui ha bisogno ma questo è possibile soltanto con l’adesione
personale di fede.
Quando manca una
testimonianza autentica di chi annuncia la parola, diventa difficile una
adesione vera. È questa la ragione della critica di Gesù ai farisei e capi del
popolo. All’inizio del vangelo Gesù apprezza l’insegnamento degli antichi,
incentivando il rispetto ad esso. Tuttavia non accetta il modo come esso è
stato interpretato da parte dei capi. Egli critica duramente la mancanza di
coerenza tra ciò che dicono e come si comportano. Gesù li considera modelli
cattivi per la gente e specialmente per i suoi discepoli. Gli incontri di Gesù
con questi capi sono sempre motivo di conflitti perché davanti alle sue
proposte loro preferiscono rispondere con indurimento di cuore e trappole, che
ammettere che davvero hanno bisogno di cambiamento.
Gesù sta parlando
ai suoi discepoli e sa che molti di loro sono abituati a obbedire a questi capi
perché considerano che la loro autorità viene da Mosè (cattedra di Mosè) e ciò
che insegnano, è il risultato di una lunga esperienza come popolo di Dio. La
legge che sempre ha condotto la vita di questo popolo è espressione della
alleanza di amore che Dio ha istituito. Ma Gesù è l’unico che può interpretare
correttamente ciò che è stato detto e la sua vita lo conferma: “Costui parla
come chi ha autorità”, diceva la gente. Nella prima parte Gesù fa una critica
durissima sul loro stile di vita che toglie il senso profetico
dell’insegnamento antico e che diffonde una mentalità che corrompe la gente e
la allontana da Dio.
Per evitare che
suoi discepoli riproducano questo modello di società dove gli interessi
personali sono il punto di riferimento, Gesù ricorda loro ciò che è essenziale
nel piano di Dio per il suo popolo e la vera identità di coloro che decidono di
diventare suoi discepoli. È possibile comprendere questa parte istruttiva a
partire dalla vita di Gesù stesso, il Maestro vero che è venuto non per essere
servito ma per servire. La sua vita di svuotamento e servizio è l’annuncio
della nuova realtà che egli propone a tutti quelli che lo seguono. La sua
logica è la logica del dono, dell’amore portato sino alla fine. La volontà del
Padre è il suo cibo, cioè, il punto di riferimento di tutto ciò che egli vive
ed annuncia. A partire da lui i suoi discepoli non vivono più per se stessi, e
nemmeno cercano i loro interessi ma ciò che piace a Dio, e sono considerati grandi
nel regno dei cieli perché servono.
È la logica di
Gesù che deve orientare la nostra esistenza come discepoli. Quando si diventa
discepolo di Gesù si rinuncia a se stessi. Non siamo diventati discepoli per
essere ostacolo per la fede della gente ma perché attraverso le nostre opere le
persone possano avvicinarsi a Dio, trovando ragione per diventare anche loro
strumenti della bontà di Dio. Siamo stati educati a partire da una conoscenza
teorica della fede basata in formule e corriamo il rischio di pensare che
questo è sufficiente per vivere una fede vera. Per Gesù ciò che importa è la
testimonianza di vita attraverso il servizio generoso agli altri. L’apostolo
Giacomo dice che la fede cristiana si mostra tramite le opere. Alla fine è così
che siamo identificati come discepoli di Gesù.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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