sexta-feira, 11 de outubro de 2024

LO SGUARDO CHE CI CAMBIA LA VITA

 

Riflessione a partire da Sap 7, 7-11; Eb 4, 12-13; Mc 10, 17-30





    Il tema centrale di questa riflessione è la Sapienza. Essa ha la sua origine in Dio e si è resa visibile nella persona di Gesù Cristo, il quale si è dichiarato come “Pane disceso dal cielo”, cioè, Sapienza di Dio incarnata nelle realtà umane. In questo senso, è veramente saggia solo la persona che dà piena adesione agli insegnamenti di Gesù Cristo, condizione per la gioia piena.

    La lettura del libro della Sapienza, in stretta linea con il vangelo, riprende la testimonianza di Salomone, il quale sceglie la sapienza invece del potere e della ricchezza. La sapienza non può essere paragonata a nulla che esiste su questa terra. Essa è un dono dall’Alto e viene data a chiunque la ricerca e la preferisce nei confronti delle altre cose. La dobbiamo chiedere con umiltà e perseveranza, consapevoli che è interesse dello stesso Dio darcela, affinché possiamo fare delle scelte che siano secondo la sua volontà, come ha fatto lo stesso Salomone.

    Il brano della lettera agli ebrei è un inno alla Parola di Dio. Essa è viva e efficace e proprio per questo, ha la capacità di penetrare in profondità il nostro essere rendendoci in grado di compiere ogni buona opera. È dalla Parola che ci viene la capacità di discernere perché essa è fonte di sapienza. Quando l’accogliamo bene e permettiamo la sua azione nella nostra vita, pian piano essa trasforma il nostro cuore di pietra rendendolo sensibile e disponibile alle proposte divine.  

    Durante la vita pubblica di Gesù, molte persone sono venute da lui, lasciandosi toccare e trasformare dalla sua parola. Gesù ha potuto, in più occasioni, provare gioia e soddisfazione per i risultati positivi della richiesta alla sua sequela. Ma con l'uomo che appare nel vangelo di oggi, la situazione è stata ben diversa, perché, sebbene portasse in sé l'anelito alla vita eterna, il suo cuore era chiuso e troppo preso. Egli infatti era zelante, disponibile, seguiva i comandamenti, ma viveva senza molto senso, perché la sua vita si limitava all'adempimento delle regole e ai beni che possedeva.

    Gesù gli rivolge uno sguardo pieno d’amore, tipico di chi vuole affidare qualcosa di molto prezioso a qualcuno perché sa che esso ha il potenziale per corrispondere. L'invito a seguire Gesù, allora, viene da uno sguardo che penetra nel profondo, affascina e seduce. Esso prende in considerazione l'esperienza di fede, attraverso i comandamenti e allarga l’orizzonte attraverso una nuova proposta di vita, non basata sul rispetto delle regole o sul rigorismo, ma sul distacco e la condivisione dei beni. In altre parole, Gesù ci invita a seguirlo con saggezza.

    Una vera trasformazione deve avvenire anche per noi, poiché la Parola di Gesù che di solito ci viene rivolta porta una proposta radicale che provoca alcune rotture. O seguiamo Gesù, rinunciando al superfluo, oppure manteniamo il superfluo e rinunciamo a Gesù. Non si può optare per Gesù e continuare allo stesso modo, ad esempio, avere un rapporto sbagliato nei confronti delle cose materiali. Senza conversione non c'è vera sequela.

    Facciamo fatica a scegliere bene perché pensiamo molto a quello che dobbiamo rinunciare. L’uomo del vangelo ha fatto la peggiore scelta della sua vita perché non ha voluto rinunciare. “Non facciamo anche noi lo stesso errore perché quando il Signore ci chiede cose così grandi è solo perché, prima, ci ha raggiunto con uno sguardo pieno d’amore, donandoci le condizioni per la risposta secondo le sue attese”. E questo ci basta.

    Di fronte a una realtà che si presenta carica di proposte sempre più attraenti e affascinanti, ci vuole molta saggezza e audacia profetica per compiere un passo così significativo come quello a cui Gesù ci invita oggi. E questo non è riservato solo agli altri... Ogni persona è chiamata a coltivare uno stile di vita più semplice e distaccato, ponendo la sua speranza più in Dio che nelle cose che possiede. La dedizione al servizio fraterno e la condivisione dei beni nella comunità dimostrano che comprendiamo che la vita eterna comincia già su questa terra, facendoci sperimentare una gioia moltiplicata in ogni gesto di bene a favore degli altri.

    Lasciamoci amare dal Signore e accettiamo la sua proposta che ci assicura la vera libertà, condizione fondamentale per avere la vita eterna, cioè, la vita dell’Eterno, che comincia dal momento che decidiamo di seguirlo con radicalità. Che Egli ci conceda la sua saggezza perché possiamo avere un atteggiamento adeguato verso i beni e possiamo assumere la nostra vocazione di discepoli nella totale disponibilità a servirlo nella persona dei nostri fratelli e sorelle.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

 

domingo, 8 de setembro de 2024

HA FATTO BENE OGNI COSA

 

Una riflessione a partire da Mc 7, 31-37




 

    Gesù visita una regione oltre le frontiere della Palestina e ha l’opportunità di fare il suo secondo miracolo tra gli stranieri. Sono stranieri ma non estranei alla sua proposta di salvezza, poiché egli è venuto per tutti. Molte volte si è meravigliato di avere trovato più intensità di fede tra i lontani che tra i vicini: “Neanche in Israele ho trovato una fede così!” È lo Spirito che guida Gesù ad andare oltre, è lo stesso Spirito che ci spinge ad uscire da noi stessi e andare verso gli altri, superando ogni indifferenza nei loro confronti. La Chiesa realizza la sua vera vocazione quando è in uscita non quando è ferma. 

    Viene chiesto a Gesù di imporre le mani a un sordomuto. Gesù non dice di no, ma preferisce usare le sue modalità. Quante volte vogliamo che Dio realizzi i suoi gesti salvifici adattandosi ai nostri schemi! Gesù porta il malato in disparte, gli tocca gli orecchi e la lingua, poiché cerca una relazione personale con ciascuno, guarda verso l’alto in segno di comunione con il Padre e così comunica vita al malato, reintegrandolo nella comunità con il pieno uso delle sue facoltà, cioè, parlando correttamente. Come è possibile che possa parlare correttamente se non aveva mai sentito una parola prima, né aveva mai esercitato la sua lingua?

    L’evangelista ci vuole fare capire che non si tratta di un semplice parlare né di qualsiasi parola. “Al tempo di Gesù queste malattie erano considerate un castigo di Dio, ma la sordità era addirittura una maledizione, perché impediva di ascoltare la parola del Signore che veniva letta nelle sinagoghe”. Gesù toglie la maledizione, dando la capacità di ascoltare la Parola di Dio per impostare correttamente la sua vita, secondo ciò che dice il Salmo 118: “Come una persona può mantenere pura la sua vita? Ascoltando e osservando la tua parola”.

    Il brano richiama la nostra attenzione anche riguardo a coloro che tra noi sono privati della capacità di ascoltare e di parlare. “Verso di loro è così facile lasciarsi prendere dall’impazienza e dalla insensibilità. Essi hanno bisogno di attenzione e di un pizzico di generosità… ma è molto più diffusa la categoria di chi fa il muto e si comporta da sordo per non comunicare, soprattutto per non sentire il grido di chi aspetta una nostra parola per sentirsi vivo”. Con tanti mezzi che facilitano la comunicazione (cellulari, internet, facebook), facciamo ancora molta fatica a sentirci in comunione tra di noi. Che il Signore ci rivolga ancora il suo Effatà, guarendo le nostre parole affinché siano in grado di costruire comunione e fraternità.         


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 17 de agosto de 2024

MANGIARE LA PERSONA DI CRISTO PER RIMANERE IN LUI

 

Una riflessione a partire da Gv 6, 51-58

 

  


  Gesù parla di vita senza fine che è disponibile per tutti. La condizione per ricevere questa vita è mangiare la sua carne e bere il suo sangue, perché egli è la vita e vivrà in coloro che lo ricevono. Questo è un gesto d’amore che Gesù fa liberamente perché il suo desiderio è rimanere tra gli uomini e in ogni persona. Questo è il mistero dell’Eucaristia. Questo è il grande dono del Dio che non vuole vivere lontano dagli esseri umani.

    L’Eucaristia è il tesoro della Chiesa, cioè il centro della sua esperienza. L’ Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa vive dell’Eucaristia. Nella visione del Vaticano II, “tutta l’attività della Chiesa scaturisce dall’Eucaristia e trova in essa la sua finalità”. È così per tutti noi che mangiamo lo stesso pane e beviamo lo stesso calice. Questa esperienza è la pienezza del nostro rapporto con Dio e fonte di ispirazione per il nostro impegno per la fraternità.

    Gesù è il cibo che Dio ci ha dato e continua a darci perché abbiamo la vita in pienezza. Dall’incarnazione alla croce e risurrezione, la vita di Gesù è stata una continua offerta come vero cibo di Dio per la vita del suo popolo. L’Eucaristia che celebriamo ci assicura che la generosità di Dio non si è fermata, ma continuerà per sempre. Ricordiamo l’esperienza di Elia , nutrito da un cibo misterioso.

    Ogni giorno Cristo rinnova il suo gesto d’amore per la nostra salvezza. Egli stesso ci invita al banchetto della vita, si offre come cibo,  l’unico in grado di riempire il nostro cuore desideroso di Dio e della sua stessa vita. Lo scopo dell’Eucaristia è proprio conformare la nostra vita pian piano alla vita di Colui che riceviamo.

    "Quando mangiamo il cibo ordinario il nostro corpo assimila questo cibo per avere buona salute. Così, il cibo è assimilato da nostro corpo. Per quanto riguarda l’Eucaristia, il pane della vita, il risultato è diverso: quando riceviamo Gesù, siamo noi che siamo assimilati da lui. In altre parole, Gesù ci assume, ci porta con sé perché viviamo di lui e per lui”. Quindi, cerchiamo di intensificare la nostra fede ed il nostro amore per l’Eucaristia, presenza viva e reale di Colui che dona sé stesso ogni giorno per la nostra salvezza.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

quarta-feira, 14 de agosto de 2024

IL DESTINO DELLA NOSTRA UMANITÀ

 




    Celebriamo la solennità della Madonna assunta in cielo. Il dogma fu proclamato dal papa Pio XII nel 1950. Però, questa verità è vissuta dai cristiani fin dai primi secoli. Maria è stata assunta in cielo in corpo e anima perché non poteva provare la corruzione colei che generò l’autore della vita. Ringraziamola per la sua vicinanza materna.  

    Questa festa celebra il mistero della nostra risurrezione già avvenuto nel corpo della Madonna, poiché rivestito di incorruttibilità, come dice la seconda lettura, ci precede nella gloria. Il nostro corpo proverà la corruzione e poi sarà unito all’anima nella gloria. Il corpo della Madonna, invece è già stato glorificato con l’anima insieme, raggiungendo ciò che tutti noi attendiamo. Cosa attendiamo? La risurrezione nell’ultimo giorno, promessa dal suo Figlio.

    Il brano dell’Apocalisse ci porta l’immagine di una donna vestita di sole ed incinta, pronta per partorire. Il sole è simbolo della gloria di Dio. La donna viene perseguitata da un enorme drago e lo vince perché è rivestita di Dio. Questa è un’immagine della Madonna che con la sua risposta collabora perché la vita (Gesù) venga nel mondo. É immagine anche della Chiesa chiamata a generare Gesù per tutti, anche in mezzo alle persecuzioni. È immagine di ogni cristiano chiamato ad essere testimone della vita che Dio offre a tutti.

    Maria si mette in viaggio verso sua cugina per servirla. L’incontro di queste due donne è un incontro di due alleanze, cioè, l’Antica dà il passaggio alla Nuova. Qui troviamo anche un incontro di generazioni, vale a dire, l’anziana accoglie la giovane e la giovane serve l’anziana. Il piano di Dio coinvolge tutte le persone e ognuno è chiamato a prendere l’impegno secondo le sue condizioni e le sue forze.

    La vita di queste due donne proclama il modo particolare di Dio d’agire contro ogni umana aspettativa, vale a dire, la donna sterile è diventata feconda e la donna vergine riesce a generare in modo straordinario. Attraverso il suo inno, la Madonna canta la fedeltà di Dio nella storia e annuncia che è beato chi crede nelle sue promesse. Quindi, la fede diventa il criterio fondamentale della gioia. Maria ci anticipa nella gloria come immagine della Chiesa realizzata. Così indica il destino della nostra condizione umana e il senso della nostra esistenza: siamo venuti da Dio e camminiamo verso di Lui.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 1 de junho de 2024

SE TORNAR AQUELE QUE CELEBRIAMO

 

Uma reflexão a partir de Mc 14, 12-16. 20-26




 

    É com grande alegria e ação de graças que somos convidados a celebrar a solenidade do Santíssimo Corpo e Sangue de Cristo. Este é precisamente o significado da palavra Eucaristia: ação de graças. Esta festa nos remete à Quinta-feira Santa, em que se celebra a instituição da Eucaristia. Dado que o clima festivo daquele dia é limitado pelo contexto da paixão, a Igreja nos concede uma segunda oportunidade de expressar com intensa alegria a nossa fé na presença real de Jesus Cristo no pão e no vinho consagrados.

    A Eucaristia fala de um Deus apaixonado pelo ser humano; de um Deus que se faz dom, que pede para ser acolhido e que nos chama à comunhão com ele porque quer nos plenificar com a sua vida. Na encarnação Ele se tornou ser humano precisamente por isso, “para que o ser humano se torne como Deus”. Assim, a Eucaristia tem três finalidades fundamentais na nossa vida de discípulos: nos traz a encarnação, pois nos preenche deste Deus que vem ao nosso encontro para permanecer conosco; nos nutre, enquanto nos alimenta com a vida divina, fazendo-nos experimentar um gostinho da vida eterna; e finalmente, nos mostra sob a forma de pão e vinho o mesmo Jesus de Nazaré visto pelos apóstolos.

    Na Eucaristia, o que Jesus nos dá de modo muito especial? Seu corpo e seu sangue. O que eles indicam? Indicam toda a sua existência, a sua história humana, a sua alegria, a sua forma de estar no mundo, as suas lágrimas, as suas paixões, a sua amizade, a poeira das ruas por onde caminhou, a sua fidelidade até o extremo e a vida que flui de sua oferta. “Este é o meu corpo, este é o meu sangue, este sou eu”. Ele quer que tomemos este corpo e este sangue e os tornemos nossos, para que o fluxo quente da sua vida corra nas nossas veias, para que a sua coragem se enraíze nos nossos corações.

    O evangelista diz que Jesus celebra a Páscoa com seus discípulos, ou seja, utiliza o rito judaico.  Porém, traz uma novidade: utilizando o antigo rito pascal institui a nova Páscoa. Trata-se da “novidade de um Deus que não pede sacrifícios, mas que se sacrifica; ele não derrama a sua ira, mas derrama o seu sangue “por muitos”. A Eucaristia fala do dom que nos garantiu a vida. Portanto, prefigura a ressurreição, mostrando o modo de agir de Deus: no sofrimento e na morte, Deus suscita a vida.

    Celebramos o memorial da morte e ressurreição de Jesus. O memorial não é uma simples memória. É recordar vivendo, se envolvendo e se tornando aquele que celebramos, como afirma São Leão Magno: “participar do corpo e do sangue de Cristo tende a não fazer outra coisa senão transformar-nos naquele que recebemos”. Que todos nos tornemos aquele que recebemos: ser também nós corpo de Cristo. Não se trata apenas de receber a comunhão, mas de se tornar Eucaristia para a vida do mundo.


Fr Ndega

DIVENTARE COLUI CHE CELEBRIAMO

 

Una riflessione a partire da Mc 14, 12-16. 20-26




 

È con grande gioia e ringraziamento che siamo invitati a celebrare la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. È proprio questo il significato della parola Eucaristia: ringraziamento, rendimento di grazie. Questa festa ci riporta al Giovedì santo, in cui si celebra l’istituzione dell’Eucaristia. Siccome il clima di festa di quel giorno è limitato dal contesto della passione, la Chiesa ci concede una seconda opportunità, di esprimere con intensa gioia la nostra fede nella presenza reale di Gesù Cristo nel pane e vino consacrati.

L’Eucaristia parla di un Dio appassionato dell’essere umano; di un Dio che si fa dono, che chiede di essere accolto e che ci chiama alla comunione con lui perché ci vuole riempire della sua vita. Nell’incarnazione Egli si è fatto uomo proprio per questo, “perché l'uomo si faccia come Dio”. Così, l’Eucaristia ha tre finalità fondamentali nella nostra vita di discepoli: fa arrivare fino a noi l’incarnazione in quanto ci colma di questo Dio che ci viene incontro per rimanere con noi; ci nutre, in quanto alimenta in noi la vita divina, facendoci pregustare la vita eterna; e infine, ci fa vedere sotto la specie del pane e vino lo stesso Gesù di Nazareth visto dagli apostoli.

Nell’Eucaristia, che cosa Egli ci dona in modo tutto speciale? Il suo corpo e il suo sangue. Che cosa indicano? Indicano la sua intera esistenza, la sua vicenda umana, la sua gioia, il suo modo di stare nel mondo, le sue lacrime, le sue passioni, la sua amicizia, la polvere delle strade dove lui ha camminato, la fedeltà fino allo stremo e la vita che scaturisce dalla sua offerta. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, questo sono io”. Vuole che prendiamo questo corpo e questo sangue e li facciamo nostri affinché nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel nostro cuore metta radici il suo coraggio.

L’evangelista racconta che Gesù celebra la pasqua con i suoi, cioè, usa il rito giudaico.  Però, porta una grande novità: utilizzando il rito della pasqua antica istituisce la nuova pasqua. Si tratta della “novità di un Dio che non spezza nessuno, spezza sé stesso; non chiede sacrifici, sacrifica sé stesso; non versa la sua ira, ma versa "sui molti" il proprio sangue. L’Eucaristia parla della consegna che ci ha acquistato la vita. Quindi, prefigura la resurrezione, mostrando il modo di agire di Dio: dentro la sofferenza e la morte, Dio suscita vita.

Celebriamo il memoriale della morte e risurrezione di Gesù. Memoriale non è un semplice ricordo. È un ricordare vivendo, coinvolgendosi, diventando colui che celebriamo, come afferma San Leone Magno: “partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo”. Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: anche noi corpo di Cristo. Si tratta non solo di fare comunione ma diventare Eucaristia per la vita del mondo.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 25 de maio de 2024

A FAMÍLIA HUMANA À LUZ DA FAMÍLIA DIVINA

 

Uma reflexão a partir de Mt 28, 16-20




 

    O que é a família? É a célula-mãe da sociedade. Qual é a base da família? O amor, isto é, a relação de amor entre um homem e uma mulher. Qual é a origem da família? A Santíssima Trindade, a qual é família de três Pessoas em perfeita comunhão de amor. Qual é a base desta comunhão? O amor. “Deus não é Trindade pra depois amar. Deus é Trindade porque é amor”. Por amor criou os seres humanos e por amor os convida a participar nesta comunhão de vida em vista da alegria plena. “A prova de que somos feitos à imagem deste Deus amor e comunhão é o fato de que só nos sentimos plenamente felizes quando estamos envolvidos numa relação de amor”.

    A família foi querida por Deus e é chamada a ser reflexo do próprio ser de Deus na sua comunhão de amor, conforme nos diz a exortação Amoris Laetitia: «O nosso Deus, no seu mistério mais íntimo, não é solidão, mas antes família, visto que tem em si paternidade, filiação e a essência da família que é o amor. Este amor, na família divina, é o Espírito Santo” (n. 11). Falando do ser de Deus, o Papa nos ajuda a descobrir a identidade e a missão da família humana e nos convida a abrir espaço em nossos lares para esta beleza e comunhão que é a Trindade, para que as nossas relações sejam fecundas e possamos revelar com Jesus o verdadeiro rosto de Deus.   

    Nossos relacionamentos têm a Trindade como ponto de partida e só cumprem a sua verdadeira finalidade quando revelam a glória da Trindade. Esta é a missão que o Ressuscitado confia à comunidade dos seus discípulos: “Fazei discípulos meus todos os povos, baptizando-os em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo”. Batizar significa imergir. O desejo de Jesus é que todas as pessoas sejam imersas na vida de Deus, nesta comunhão de amor para terem a vida. Na Igreja de Gesù todo batizado é missionário. O que é ser missionário? É partilhar uma experiência vivida, é tornar conhecido o Deus que nos amou primeiro, doando a sua vida. “Quem ama é missionário, pois o amor dá sentido à vida e a vida é missão. Como não se vive sem amor, não se vive sem missão”.

    “Eu sou uma missão nesta terra e para isso vim a este mundo”, nos diz o Papa Francisco na sua Exortação Apostólica Evangelii Gaudium. A consciência de ser uma missão nasce da certeza de ser amado por Deus. O Papa fala de uma missão pessoal que não é cancelada quando se casa, pelo contrário, é partilhada e suportada (apoiada). Quem se casa decide continuar a sua missão pessoal com a ajuda da outra pessoa que também precisa de ajuda para realizar a sua. Ao constituir família, os esposos não estão sozinhos nesta tarefa; vivem e testemunham o amor que os une, apoiados pela Comunidade de fé. É por isso que a família é chamada de “igreja doméstica”.

    Para os casais que renovam as promessas matrimoniais, eu gostaria de dizer que fizeram bem em escolher a Comunidade de fé para testemunhar esta vossa decisão tal como aconteceu no dia do vosso casamento. Chamo a atenção para o enriquecimento mútuo.  O caminho percorrido juntos e a “experiência de vida fazem com que as palavras que dizem um ao outro adquiram um significado cada vez mais amplo. Uma declaração de amor pronunciada depois de muitos anos de vida em comunhão, depois de terem sofrido juntos momentos de dor e de terem superado tantos obstáculos e decepções, é mais forte, mais autêntica, mais verdadeira do que uma declaração feita "quando vocês tinham quinze, dezesseis anos, …

    Se levarmos em consideração a forma de dizer “eu te amo” – naquele tempo e agora - notamos que “a frase é a mesma, o beijo é o mesmo, mas a novidade é que, neste meio tempo, a pessoa cresceu”, voces amadureceram. Mas os desafios continuam, pois è fácil declarar que amamos, mas o amor se vê quando o outro precisa de ajuda, adoece, tira o companheiro do sossego, da zona de conforto. Se passo a amar menos o outro ou deixo de amá-lo nestes momentos, nos momentos de crise, é porque nunca o amei de verdade. Procuremos aprender da relação entre as Pessoas divinas o modo justo de agir para dar mais sentido ao nosso amar e viver em família.


Fr Ndega