sábado, 22 de fevereiro de 2025

MISERICORDIOSI COME IL PADRE

 

Una riflessione a partire da Lc 6, 27-38

 

    Gesù ci ha rivelato il volto amoroso e misericordioso del Padre. Sembra che noi non abbiamo assimilato questa verità né ci disponiamo a farne l’esperienza. “Lo conosciamo male perché non ascoltiamo la voce del suo Figlio Gesù, che è venuto al mondo per rivelarcelo. Se lo conoscessimo bene, cercheremmo di essere anche noi come lui, benevoli con i malvagi e con gli ingrati”. Non ameremmo solo coloro che ci vogliono bene, coloro che ci sembrano degni del nostro amore, quelli simpatici, escludendo gli altri dal nostro amore, ma ameremmo gratuitamente, come lui.

    Viviamo in un mondo in cui prevale ancora la vecchia Legge del Taglione, che stabiliva: “Occhio per occhio, dente per dente”. Ciò significa violenza, vendetta nella stessa misura. Gesù, invece, chiede ai suoi discepoli di superare questa realtà offrendo l'altra guancia, cioè un'altra alternativa di azione. Non bisogna opporsi a coloro che sono violenti usando le loro stesse armi: saremmo come loro e la violenza non finirebbe mai. Solo la bontà del cuore può eliminare la violenza perché disarma le persone, portandole a riflettere meglio.

    Ricominciamo da capo! Cosa dobbiamo tenere presente, innanzitutto? Dio è amore. “Dio ama i nostri nemici – ecco quel che ci dice la croce – per loro egli soffre, per loro conosce la miseria e il dolore, per loro ha dato il suo Figlio amato”. Per questo è di capitale importanza che dinanzi a chi ci fa un torto, “subito pensiamo: Dio lo ama, per lui Dio ha dato tutto. Anche tu, ora, dagli ciò che hai…” il meglio di te, il tuo amore. Ma lo merita? Sì. Chi infatti merita di essere amato, chi è bisognoso del nostro amore più di colui che odia, chi fa dei torti? Chi è più povero di lui?

    Quando respingi il tuo nemico tu respingi il più povero dei poveri. Tutte le minacce, odio, aggressività sono in definitiva un mendicar l’amore di Dio, la pace, la fraternità. Per questo non dobbiamo giudicare, sparlare o condannare nessuno, poiché non si sa mai... “Perché piuttosto non condanniamo noi stesso e le nostre malefatte, che conosciamo con precisione e di cui dobbiamo dare conto a Dio? Perché usurpiamo il giudizio di Dio, che di ciascuno conosce la condizione, la capacità, il carattere, le attitudini?” Con i nostri giudizi non facciamo altro che ferire la dignità dell’altro.

    Ma perché ci capita questo, se non perché non abbiamo amore? L’amore copre un grande numero di peccati. Quando Gesù inviò i suoi discepoli li mandò per annunciare la misericordia. La nostra vita di discepoli di Cristo compie la sua finalità quando diventa un annuncio dell’amore e della misericordia del Padre come è stata quella di Cristo stesso. Solo così, saremo un vangelo vivente.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

 

 

domingo, 26 de janeiro de 2025

OGGI LA PAROLA SI COMPIE NELLA NOSTRA VITA

 

Ne 8, 2-4. 5-6. 8-10; Sal 18; 1 Cor 12, 12-31; Lc 1, 1-4; 4, 14-21




 

    Abbiamo cantato: siamo qui sotto la stessa luce, sotto la sua croce (o davanti). Siamo qui con Lui perché Lui è qui con noi. Egli è morto ed è risorto per renderci persone nuove. Siamo qui per ascoltare la sua parola e sentirla rivolta proprio a noi oggi in questo momento della nostra storia, in questo percorso che stiamo facendo verso il giubileo dei giovani. Oggi la Parola si compie nella nostra vita.

    Siamo qui perché vogliamo essere teofilo: teo – Dio, filo – amico, cioè, amici di Dio.  Se hai un amico, ti piace sentire cosa ha da dirti? È così la nostra amicizia con Dio. Egli ha tanto da dirci e quando parla dimostra tutta la sua tenerezza nei nostri confronti. Da noi viene chiesto soltanto l’ascolto attento e rispettoso della sua parola, come è successo agli israeliti, i quali sono rinati come popolo dopo il lungo ascolto della Parola di Dio. La Parola crea identità e ci fa rinascere.

    Questo ascolto consapevole, attento e gioioso della Parola ci rinnova continuamente e ci lega gli uni agli altri come membra di un unico corpo. L’apostolo Paolo sottolinea l’interdipendenza delle membra all’interno dello stesso corpo e questo porta non soltanto a sentirsi parte ma anche a prendersi cura a vicenda, con un’attenzione particolare alle membra più deboli, agli ultimi. È così che si compie la profezia della Parola oggi nella nostra vita di discepoli.

    “Ogni parola rivela il cuore di chi parla proprio perché ne rivela l’apertura all’altro. Per questo ogni parola ha senso solo quando viene ascoltata”. Che senso ha la Parola per me se non l’ascolto? Dice Papa Francesco che “prima di poter parlare di Dio e con Dio, bisogna ascoltarlo”. Poi, è la potenza dello Spirito che fa in modo che si realizzi in noi e intorno a noi ciò che Dio dice, come è successo a Gesù, il quale si sente unto dallo Spirito per incarnare e mettere a frutto questa parola.

    Gesù proclamò a Nazareth un nuovo tempo, che richiama “la proclamazione di un giubileo, cioè, un tempo in cui le cose cambiano”. La parola giubileo viene da giubilo, gioia. Lui ci invita a rallegrarci e rallegrare gli altri, aprendoci alla novità del vangelo. Di che cosa parla questa novità? Ci parla della vicinanza di Dio ai poveri e emarginati della nostra società, della liberazione da tutto ciò che non ci permette di essere fraterni e liberi. Ci parla di una gioia che non si può acquistare se non con cambiamento di mentalità. Il giubileo che Gesù annuncia è di speranza perché parla della fedeltà di Dio e del nostro impegno nella realizzazione del suo sogno, quello di un’umanità totalmente rinnovata.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sexta-feira, 10 de janeiro de 2025

LA NOSTRA RINASCITA IN CRISTO

 

Riflessione a partire da Lc 3, 15-16.21-22




 

    Celebriamo la festa del Battesimo del Signore, che segna la fine del Tempo di Natale e l’inizio del Tempo Ordinario. Se il battesimo di Gesù è l’inizio della sua vita pubblica, a partire da questa liturgia ci viene data l’opportunità di accompagnarlo nell’esercizio del suo ministero in Palestina. Questa è anche un'occasione per ricordare il nostro battesimo “e gli impegni assunti per noi dai nostri genitori e padrini al presentarci nella Chiesa per farci discepoli di Gesù”. È certo che il Battesimo ci ha liberato da tutti i mali, che sono i peccati, però con la grazia di Dio che ci viene da questo sacramento dobbiamo compiere tutto il bene. Viviamo da figli amati come Gesù e ci basta!

    All’inizio del vangelo, Luca afferma che “le persone si domandavano in cuor loro riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo”. E perché sono arrivati a questa conclusione? Semplicemente a causa dello stile di vita semplice di Giovanni, della sua testimonianza vera, della sua coerenza, del suo impegno nella preparazione di un popolo ben disposto per accogliere il messia. Giovanni era molto sincero e consapevole della sua identità. Questa era la ragione della sua credibilità davanti alla gente, così grande da essere ritenuto il Cristo. Potendo approfittare della situazione in suo favore, non l’ha fatto. La sua risposta alla gente è una grande lezione di umiltà, vale a dire: “Viene uno che è più forte di me… io non sono degno…”

    Quando Gesù parlerà di Giovanni, lo chiamerà “il più grande dei profeti”. La sua grandezza si è dimostrata nel riconoscere la grandezza del Signore e la superiorità del suo battesimo, cioè, con lo Spirito Santo e fuoco. Il battesimo di Giovanni, invece, era con acqua, una pratica penitenziale, attraverso la quale la gente veniva motivata a un percorso di conversione in vista dell’incontro con la misericordia di Dio e dell’accoglienza al Cristo ormai presente in mezzo a loro.

    Quello che ci sorprende è che anche Cristo entra nella fila dei peccatori che aspettano il loro turno per ricevere un battesimo di penitenza e conversione e questo fatto ha lasciato Giovanni sconvolto. Luca non parla dei dettagli dell’incontro tra i due, ma Matteo ribadisce che all’inizio, Giovanni rifiutò di battezzare Gesù perché si considerava una voce soltanto, indegno anche di chinarsi per sciogliere i lacci delle sue scarpe. Ma accetterà per l’insistenza di Gesù. Se Gesù non aveva bisogno di conversione, allora, perché è andato con i peccatori per essere battezzato?

    Per Gesù questa fu un’occasione per mostrarsi solidale con i peccatori, compiendo la profezia di Isaia:Egli è il servo del Signore umile e mite, che non disprezza nessuna traccia di bene e opera per la salvezza di tutti”. Allora, sin dal battesimo, vediamo come Gesù manifesta il suo essere misericordioso per il suo gesto di mescolarsi con i peccatori e coinvolgersi nel loro quotidiano. Con il suo gesto Gesù apprezza anche l’opera di Giovanni, confermando che veniva da Dio e che infatti Dio cerca un popolo ben disposto che torni a Lui con tutto il cuore.

    Dice il testo che dopo aver ricevuto il battesimo, Gesù si mette a pregare e in quel momento si apre il cielo e scende lo Spirito su di lui. Anche se Gesù è pieno dello Spirito Santo, si mette a pregare invocando questo dono. Ha voluto darci l’esempio in tutto. Più avanti, Egli motiverà anche i suoi a fare lo stesso, cioè, a chiedere lo Spirito in preghiera. In quello stesso momento la voce del Padre si fece sentire: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te mi sono compiaciuto”. Il Padre si compiace del Figlio perché fa la sua volontà, che è salvare i peccatori, ridonandoci la dignità di figli.  La presenza della Trinità segnala l’importanza di questo evento nella vita di ogni persona chiamata a rinascere, coinvolgendosi nella missione del Figlio e nella stessa comunione delle Persone divine.

    Dopo questa esperienza, Gesù si sente motivato dallo Spirito Santo a iniziare la sua opera di salvezza proponendo la grazia di una nuova nascita a tutti coloro che sono chiamati ad essere figli amati nel Figlio. Il battesimo che Gesù suggerisce è la capacità di partecipare alla sua stessa vita. Il segno distintivo che ci viene stampato, cioè, la nuova identità di figli di Dio non può essere spazzato via. Rimane per sempre! Ci è stato dato di accedere alla vita dell’Eterno. Questa nuova vita non è merito nostro, ma gratuità, dono di Cristo stesso e compimento della sua missione.

    È molto interessante il fatto che il Tempo del Natale comincia parlando della nascita di Cristo e finisce parlando della necessità di rinascere in Cristo. Infatti è proprio questo che proviamo con il gesto esteriore del battesimo: moriamo veramente al peccato, e sperimentiamo la risurrezione per una nuova vita in Cristo. Questo ci porta a contrapporre tutto ciò che va contro questa identità, contro la dignità di questa vita. Siamo fatti cristiani per fare la differenza in un mondo che si allontana sempre di più dalla proposta di vita predicata da Giovanni e incarnata da Gesù. Egli è la vera luce che illumina tutti. “Chi lo segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Siamo stati illuminati per illuminare. Quindi, a partire da lui, vivendo come figli amati, siamo chiamati a far conoscere sempre di più il progetto d’amore del Padre per tutti i suoi figli e figlie.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

 

terça-feira, 24 de dezembro de 2024

IL VERBO SI È FATTO CARNE

 

Una riflessione a partire da Gv 1, 1-18




 

    È natale! Cos’è il natale? Un tempo di gioia e di ringraziamento. Perché? Perché il Padre ci ha fatto un grande dono, il dono insuperabilmente più grande di tutti gli altri che abbiamo ricevuto, il suo Figlio Gesù. Ringraziamo Dio perché nella sua bontà ci ha portato la salvezza e, nella sua sapienza, ha fatto dimora in mezzo a noi.

    Eravamo nelle tenebre e siamo stati illuminati dalla luce. La luce che è apparsa in realtà è un bambino, un essere umano fragile, carne. In questa carne, nella sua storia, Dio (quel Dio che nessuno ha mai visto) si è fatto visibile. La sua salvezza, la sua parola hanno preso carne in Gesù. Siamo invitati a immergerci in essa non per intenerirci di fronte a un bambino ma per contemplare e custodire tutto di lui, ogni sguardo, ogni gesto, ogni parola e fare nostro tutto il suo vissuto.

    Proviamo ad immaginare lo scenario creato da San Francesco, a partire dalla narrazione biblica, mettendo al centro quel Signore mite che si fa bambino con lo sguardo di tutti rivolto verso di Lui. Scandalosamente l’Onnipotente si fa bisognoso in ogni senso: bisognoso di protezione, di cura, di attenzione, di essere cresciuto, senza essere risparmiato di problemi e sofferenze. In somma, bisognoso dell’affetto di Maria e Giuseppe e di ogni essere umano che accetta il suo messaggio di pace e di amore.    

    Il brano del vangelo odierno è il prologo del vangelo di Giovanni il quale porta come prima espressione, vale a dire, “In principio…” ci richiama l’inizio del libro della Genesi, che ci parla della creazione. Così si capisce che l’intenzione di Giovanni è di sottolineare che con il Verbo Gesù Cristo avviene una nuova creazione: “L’attività di Gesù, inviato dal Padre, consiste nel fare nascere un uomo nuovo; la sua azione corona l’opera creatrice iniziata da Dio “in principio”.

    «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». La parola speciale che ci viene proposta è «accogliere». Accogliere lo stesso Dio! Dio, facendosi uomo, si mette alla portata di ognuno di noi. “Accogliere” significa aprirGli le nostre porte, permetterGli di entrare nelle nostre vite, nei nostri progetti, in quelle azioni che colmano i nostri giorni. Insomma, fare spazio a Dio nella nostra vita. Fino a che punto l’abbiamo accolto?

    Accogliere Gesù vuol dire lasciarsi interrogare da Lui. Permettere che i suoi criteri illuminino sia i nostri pensieri più intimi, sia le nostre relazioni ed attività sociali e lavorative. Che le nostre attuazioni concordino con le Sue! “Accogliere lui, riconoscerlo, permette di rinascere come figli di Dio. Quindi, mentre celebriamo la nascita di Gesù, celebriamo la nostra rinascita, cercando di avere i suoi stessi sentimenti, i suoi pensieri, il suo amore, in modo che la nostra propria carne mostri (proprio come quella di Gesù) il Padre”.

 

Fr Ndega

Revisione dell’italiano: Giusi

domingo, 22 de dezembro de 2024

MODELLO DELLA CHIESA IN USCITA

 

Una riflessione a partire da Mic 5, 1-4; Eb 10, 5-10; Lc 1, 39-48.



     Oltre la gioia, questo periodo che precede il natale anticipa al nostro cuore altri temi importanti che parlano dello stile particolare di Dio: la piccolezza e l’umiltà. Ci viene ricordato che le vie del Signore non sono le nostre e il nostro modo di scegliere è lontano dal suo. Non sono i potenti i preferiti di Dio, ma i piccoli, gli umili. Si è fatto piccolo per renderci più umani. La piccolezza è la via della vera umanità. La Chiesa è in uscita per annunciare questo stile di Dio, non un altro.

    Il Regno di Giuda viveva un periodo di instabilità e paura perché i suoi governanti - discendenti di Davide – sono stati dediti più alla cura dei loro interessi che a quelli della gente. inoltre era minacciato dall’Assiria. È in questo contesto che sorge la profezia di Michea, ricordando al popolo e a chi gli governa che bisogna ricominciare da capo, cioè da Betlemme, non solo perché è la città di Davide, ma perché il modo come questo re viene scelto ha rivelato lo stile proprio di Dio, vale a dire, ha preferito un luogo insignificante e il più piccolo e insignificante tra i fratelli. Questo ci insegna che non ci sarà una rinascita se non ripartiamo dai piccoli gesti, da quello che è trascurato nella nostra vita, da quello che crediamo essere insignificante.

    L’autore della lettera agli ebrei vede in Cristo il re-messia atteso che compie in tutto la volontà di Dio. Così, chiarisce il senso profondo dell’Incarnazione: la santificazione dell’essere umano per mezzo dell’obbedienza di Cristo. Egli assume la nostra condizione umana al fine di metterla totalmente alla disposizione della volontà di Dio. Quindi, la nostra santificazione non è un processo che viene da fuori, qualcosa estraneo alla nostra natura, come succedeva riguardo i sacrifici antichi, ma si dà interiormente poiché Cristo con l’incarnazione si è unito ad ogni persona e tramite la sua opera di salvezza ci santifica dal di dentro.

    Maria, modello della Chiesa in uscita, ci fa capire che la vita di chi si affida a Dio è un costante movimento/pellegrinaggio non verso sé stessi ma verso gli altri. Il primo a dare l’esempio è stato lo stesso Dio quando si è degnato di venire da lei. Ora, lei fa lo stesso verso la cugina Elisabetta, la quale in riconoscenza del dono, esclama: “A che debbo che la madre del mio Signore venga da me?” Elisabetta l’accoglie con gioia perché riconosce in Maria l’arca della nuova alleanza dinanzi alla quale Giovanni “danza” di gioia, un’allusione all’atteggiamento di Davide all’arrivo della dell’arca dell’alleanza, segno della presenza di Dio.

    “Beata è colei che ha creduto nell’adempimento della promessa del Signore”. In questo tempo di attesa, l’elogio di Elisabetta a Maria suona come un invito a considerare che solo la fede come adesione alle promesse di Dio può riempire il nostro cuore di gioia e renderci motivo di gioia anche per gli altri. Solo chi vive una fede così può raccontare quanto Dio opera ancora oggi per gli umili che lo temono. In Maria si attua proprio quella profezia di Michea riguardo lo stile di Dio il quale riparte dagli ultimi, dall’insignificante. Che dall’esempio di Maria sentiamo l’urgenza di accogliere questo stile di Dio nel Cristo che ci viene incontro e ci rende in grado di portarlo ovunque.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

quarta-feira, 11 de dezembro de 2024

SANTI E IMMACOLATI ANCHE NOI

 

Una riflessione a partire da Gn 3, 9-15.20; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1, 26-38




     La colpa originale introduce la morte nella vita dell’essere umano e davanti alla domanda “dove sei?” l’essere umano non sa cosa dire perché non è più al suo posto, che non si tratta di fisico, ma di condizione, cioè, non è più in Dio, non è più in comunione con lui. Prima era libero, ora è schiavo; prima sentiva gioia, ora sente solo paura e vergogna. Sono sentimenti che proviamo quando per il peccato rompiamo la comunione con Dio. Anche Dio prova un grande dispiacere con questa realtà. Ma non lascia che sia il male a dire l’ultima parola. Annuncia la vittoria della vita che passa attraverso il sì di una Donna, sua umile serva Maria. In lei ci vediamo meglio, poiché ci viene indicata la nostra vera e nobile vocazione, quella di essere santi e immacolati nell’amore, nella carità.

    I tempi messianici iniziano con uno invito alla gioia: “Rallegrati, piena di grazia!” Dire piena di grazia richiama anzitutto a un dono, vale a dire, Maria è stata ricolmata di grazia, cioè, è la creatura umana che Dio ha plasmata in modo perfetto e questa è la ragione della sua gioia: il dono che Dio le ha fatto. Nella sua umile serva, Dio offre a tutti il modello cui l’umanità è chiamata: “Ti lodo, ti rendo grazia, Signore, tu mi hai fatto come un prodigio” (Sl 139).

    Allo stesso tempo Maria rimane turbata, ma non ha paura. Ha soltanto il sacro timore dinanzi alla misteriosa realtà di Dio, “è il sentimento che invade tanto più la creatura quanto più essa è pura. Nella sua umiltà perfetta, Maria comprende tre cose: la grandezza della missione ricevuta, la gratuità del dono, la sproporzione tra la propria piccolezza e l’onnipotenza divina”. Ma si tratta di un’onnipotenza che si fa vicinanza e riempie di senso e di gioia la nostra quotidianità.

    La festa dell’Immacolata ci parla dell’innocenza assoluta di Maria come un mistero di gioia e di grazia al quale siamo chiamati anche noi. Ci sono alcune immagini che la Sacra Scrittura usa per parlare di questa realtà: Nell’Antico Testamento, per esempio, abbiamo l’espressione “vesti di salvezza”; nel Nuovo, si tratta dell’abito reso candido dal sangue dell’agnello. Maria prova questa realtà ancor prima della sua nascita. Anche noi la proviamo quando riceviamo il battesimo.

    Il Padre ha come battezzata Maria in anticipo nel mistero della morte e della risurrezione di Cristo per presentarla tutta bella, tutta donata. Non tutta estranea alla nostra umanità, ma una di noi e ciò che siamo chiamati ad essere. Ecco perché il Concilium Vaticano II attraverso la Lumen Gentium la chiama di “Immagine della Chiesa realizzata”. Il nostro amore per la Madonna sostanzialmente si deve concretizzare nel desiderio di vivere profondamente il suo mistero, quello di essere tutta di Dio, tutta affidata a Lui, facendo del nostro cuore una piccola Nazareth e della nostra vita un pezzetto di terra in cui il seme del Verbo possa accadere serenamente, esservi accolto generosamente, germinare timidamente e fiorire in tutta la sua bellezza.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

 

sexta-feira, 15 de novembro de 2024

OS MOMENTOS DE PROVAÇÃO SÃO OPORTUNIDADE DE CRESCIMENTO

 

Reflexão a partir de Dan 12, 1-3; Hb 10, 11-14; Mc 13, 24-32




 

    “Como os cristãos devem se comportar em tempos difíceis e diante das incertezas do nosso tempo? como pessoas de esperança, com total confiança na proximidade de Cristo. É a certeza da sua proximidade que nos dá força para enfrentar as provações da vida. Esta certeza é alimentada no encontro quotidiano com a sua Palavra, sempre atual. Hoje acontece também o Dia Mundial dos Pobres, que nos lembra o compromisso cristão com a transformação da realidade social. Segundo o Papa Francisco, “A pobreza não é fruto do destino, mas conseqüência do egoísmo”. Nesse sentido, ninguém pode dizer: “Essa realidade não tem nada a ver comigo”.  

    O texto do profeta Daniel é um dos textos do Antigo Testamento que falam da fé na ressurreição (ver também 2 Mac 7, 9). Essa profecia surgiu numa época em que o povo de Israel estava sob o domínio grego e sofria muito. Muitos deles cessaram de crer no Deus de seus pais e aqueles que buscavam manter a fé precisavam de uma mensagem de esperança para continuar a caminhada deles. Deus está sempre presente no meio do seu povo, motivando-o quando tem de enfrentar situações difíceis. A ressurreição prometida é realizada com a ressurreição de seu Filho dentre os mortos, como primicia – primeiro - de uma multidão de irmãos e irmãs que creem nele.

    A carta aos Hebreus enfatiza que o sacrifício de Cristo superou todos os sacrifícios que os sacerdotes faziam no Antigo Testamento. Os sacrifícios que ofereciam não tinham força para remover os pecados das pessoas, ou seja, eram ineficazes. Quanto a Cristo, ele se ofereceu de uma vez por todas e por isso mesmo a sua oferta foi capaz de nos purificar dos pecados e dar origem a uma nova humanidade. Em cada missa celebramos o mistério deste sacrifício único, renovando a nossa adesão à vida que ele oferece, para a salvação nossa e de todos. A parte que cabe a Cristo é garantir nossa salvação; cabe a nós acolhê-la e ser instrumentos dela.

    Jesus alerta seus discípulos sobre alugns eventos dramáticos e suas consequências para suas vidas. Não quer aterrorizar, mas sim convidar a confiança, pois diante de sua gloriosa manifestação os poderes dos céus, ou seja, os poderosos deste mundo, que atribuem a si mesmos caracteristicas de divindade, serão abalados. Marcos escreveu o seu evangelho quando a comunidade cristã vivia um período de crise devido às perseguições ininterruptas, que causaram a morte de muitos membros (os mártires) e que levaram outros a renunciar à sua identidade como seguidores de Jesus. Esta situação parecia o fim. do mundo. Aqueles que perseveraram se perguntavam: “O que tudo isso significa?” Foi a memória dos ensinamentos de Jesus que os motivou à perseverança, conscientes de que se Jesus é o ponto de referência de tudo, então a vida e a história não caminham para um fim, mas para uma verdadeira finalidade: o próprio Jesus.

    Jesus é vencedor sobre o pecado e a morte e fará vencedores todos os que o seguem. Na sua vinda no fim dos tempos, isto é, no cumprimento dos tempos, Ele quer nos encontrar perseverantes no bem, fiéis aos seus ensinamentos, para partilhar com ele a sua mesma alegria. Sua Palavra nos diz que provações e dificuldades acompanham nossa condição de cristãos, mas também nos garante a proximidade do Senhor: "Saiba que Ele está perto, está às portas!" Ele só quer ser reconhecido e bem acolhido. Como nem sempre conseguimos compreender os acontecimentos que nos rodeiam, devemos ter confiança no Pai, conscientes de que “estamos nas suas mãos e, portanto, em boas mãos. Nada escapa do seu olhar. Tudo é orientado segundo o seu plano de sabedoria e de bondade ”(São João Calabria).

     Então, da nossa parte, confiemos em Deus que está conduzindo a história. Somos convidados a continuar a missão de seu Filho Jesus e devemos estar atentos aos sinais de sua presença ao nosso lado. Para que ele seja verdadeiramente Soberano em nossa vida, muitos falsos ídolos devem perder o esplendor, por exemplo, os falsos valores e falsas imagens de Deus que cultivamos, o fruto de nossos medos, a mentalidade e o comportamento contrário aos ensinamentos do Evangelho, etc. Chega de hipocrisia! Chega de mediocridade! Vivamos a nossa vocação com alegria e entusiasmo e tudo será belo para nós e para os demais!


Fr Ndega