sábado, 25 de maio de 2024

A FAMÍLIA HUMANA À LUZ DA FAMÍLIA DIVINA

 

Uma reflexão a partir de Mt 28, 16-20




 

    O que é a família? É a célula-mãe da sociedade. Qual é a base da família? O amor, isto é, a relação de amor entre um homem e uma mulher. Qual é a origem da família? A Santíssima Trindade, a qual é família de três Pessoas em perfeita comunhão de amor. Qual é a base desta comunhão? O amor. “Deus não é Trindade pra depois amar. Deus é Trindade porque é amor”. Por amor criou os seres humanos e por amor os convida a participar nesta comunhão de vida em vista da alegria plena. “A prova de que somos feitos à imagem deste Deus amor e comunhão é o fato de que só nos sentimos plenamente felizes quando estamos envolvidos numa relação de amor”.

    A família foi querida por Deus e é chamada a ser reflexo do próprio ser de Deus na sua comunhão de amor, conforme nos diz a exortação Amoris Laetitia: «O nosso Deus, no seu mistério mais íntimo, não é solidão, mas antes família, visto que tem em si paternidade, filiação e a essência da família que é o amor. Este amor, na família divina, é o Espírito Santo” (n. 11). Falando do ser de Deus, o Papa nos ajuda a descobrir a identidade e a missão da família humana e nos convida a abrir espaço em nossos lares para esta beleza e comunhão que é a Trindade, para que as nossas relações sejam fecundas e possamos revelar com Jesus o verdadeiro rosto de Deus.   

    Nossos relacionamentos têm a Trindade como ponto de partida e só cumprem a sua verdadeira finalidade quando revelam a glória da Trindade. Esta é a missão que o Ressuscitado confia à comunidade dos seus discípulos: “Fazei discípulos meus todos os povos, baptizando-os em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo”. Batizar significa imergir. O desejo de Jesus é que todas as pessoas sejam imersas na vida de Deus, nesta comunhão de amor para terem a vida. Na Igreja de Gesù todo batizado é missionário. O que é ser missionário? É partilhar uma experiência vivida, é tornar conhecido o Deus que nos amou primeiro, doando a sua vida. “Quem ama é missionário, pois o amor dá sentido à vida e a vida é missão. Como não se vive sem amor, não se vive sem missão”.

    “Eu sou uma missão nesta terra e para isso vim a este mundo”, nos diz o Papa Francisco na sua Exortação Apostólica Evangelii Gaudium. A consciência de ser uma missão nasce da certeza de ser amado por Deus. O Papa fala de uma missão pessoal que não é cancelada quando se casa, pelo contrário, é partilhada e suportada (apoiada). Quem se casa decide continuar a sua missão pessoal com a ajuda da outra pessoa que também precisa de ajuda para realizar a sua. Ao constituir família, os esposos não estão sozinhos nesta tarefa; vivem e testemunham o amor que os une, apoiados pela Comunidade de fé. É por isso que a família é chamada de “igreja doméstica”.

    Para os casais que renovam as promessas matrimoniais, eu gostaria de dizer que fizeram bem em escolher a Comunidade de fé para testemunhar esta vossa decisão tal como aconteceu no dia do vosso casamento. Chamo a atenção para o enriquecimento mútuo.  O caminho percorrido juntos e a “experiência de vida fazem com que as palavras que dizem um ao outro adquiram um significado cada vez mais amplo. Uma declaração de amor pronunciada depois de muitos anos de vida em comunhão, depois de terem sofrido juntos momentos de dor e de terem superado tantos obstáculos e decepções, é mais forte, mais autêntica, mais verdadeira do que uma declaração feita "quando vocês tinham quinze, dezesseis anos, …

    Se levarmos em consideração a forma de dizer “eu te amo” – naquele tempo e agora - notamos que “a frase é a mesma, o beijo é o mesmo, mas a novidade é que, neste meio tempo, a pessoa cresceu”, voces amadureceram. Mas os desafios continuam, pois è fácil declarar que amamos, mas o amor se vê quando o outro precisa de ajuda, adoece, tira o companheiro do sossego, da zona de conforto. Se passo a amar menos o outro ou deixo de amá-lo nestes momentos, nos momentos de crise, é porque nunca o amei de verdade. Procuremos aprender da relação entre as Pessoas divinas o modo justo de agir para dar mais sentido ao nosso amar e viver em família.


Fr Ndega

LA FAMIGLIA UMANA ALLA LUCE DELLA FAMIGLIA DIVINA

 

Una riflessione a partire da Mt 28, 16-20




 

    Cos’è la famiglia? È la cellula madre della società. Qual è la base della famiglia? L’amore, cioè, la relazione d’amore tra un uomo e una donna. Qual è l’origine della famiglia? La Santissima Trinità, la quale è famiglia di tre Persone in perfetta comunione d'amore. Qual è la base di questa comunione? L’amore. “Dio non è Trinità per poi amare. Dio è Trinità perché è amore”. Per amore ha creato gli esseri umani e per amore li invita a partecipare a questa comunione di vita in vista della gioia piena. “La prova che siamo fatti a immagine di questo Dio amore e comunione è il fatto che noi ci sentiamo pienamente felici solo quando siamo coinvolti in una relazione d’amore”.

    La famiglia è stata voluta da Dio ed è chiamata ad essere riflesso dell’essere stesso di Dio nella sua comunione d’amore, secondo ciò che ci dice l’esortazione Amoris Laetitia: “Il nostro Dio, nel suo mistero più intimo, non è solitudine, bensì una famiglia, dato che ha in sé paternità, filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore. Questo amore, nella famiglia divina, è lo Spirito Santo” (AL n. 11). Parlando dell’essere di Dio, il Papa ci aiuta a scoprire l’identità e missione della famiglia umana e ci invita a fare spazio nelle nostre famiglie a questa bellezza e comunione che è la Trinità affinché siano feconde le nostre relazioni e possiamo rivelare con Gesù il vero volto di Dio.   

    I nostri rapporti hanno come punto di partenza la Trinità e compiono la loro vera finalità soltanto quando rivelano la gloria della Trinità. Questa è la missione che il Risorto affida alla comunità dei suoi discepoli: “Fate discepoli tutti i popoli, battezzando nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Battezzare vuol dire immergere. Il desiderio di Gesù è che tutte le persone siano immerse nella vita di Dio, in questa comunione d’amore per avere la vita. Nella Chiesa ogni battezzato è missionario. Cosa vuol dire essere missionario? È condividere un’esperienza vissuta, è rendere conosciuto il Dio che ci ha amato per primo, donando la vita. Chi ama è missionario, poiché l’amore dà senso alla vita e la vita è missione. Siccome non si vive senza amore, non si vive senza missione.

    “Io sono una missione su questa terra e per questo sono venuto in questo mondo”, ci dice Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica post sinodale Evangelii Gaudium. La consapevolezza di essere una missione scaturisce dalla certezza di essere amati da Dio. Il Papa parla di una missione personale che non va annullata quando ci si sposa, anzi, va condivisa e supportata. Chi si sposa decide di portare avanti la sua missione personale con l’aiuto di un’altra persona che a sua volta ha anche lei bisogno di aiuto. Formando una famiglia, gli sposi non sono da soli in questo compito; vivono e testimoniano l’amore che li unisce sostenuti dalla Comunità di fede. Ecco perché ogni famiglia viene chiamata “chiesa domestica”.

    Per le coppie che rinnovano le loro promesse matrimoniali mi viene da dire che avete fatto bene a scegliere la comunità di fede per testimoniare questa vostra decisione come è successo nel giorno del vostro matrimonio. Richiamo l’attenzione riguardo l’arricchimento reciproco.  Il cammino percorso insieme e “l’esperienza di vita fanno sì che le parole acquistino un senso sempre più ampio. Una dichiarazione d’amore pronunciata dopo molti anni di vita in comunione, dopo aver sofferto insieme nei momenti di dolore e aver superato tanti ostacoli e tante delusioni, è più forte, più autentica, più vera di una dichiarazione fatta” quando avevate quindici, sedici anni,…

    Se prendiamo in considerazione il modo di dire “io ti amo” - allora e adesso - notiamo che “stessa è la frase, stesso è il bacio, ma la novità è che, nel frattempo, la persona è cresciuta. È facile dichiarare che amiamo, però l’amore si vede quando l’altro è” nel bisogno, si ammala, toglie il compagno dalla zona di conforto. Se amo l’altro di meno o smetto di amarlo in questi momenti, nei momenti di crisi è perché non l’ho mai amato veramente. Cerchiamo di imparare dalla relazione tra le Persone divine la via giusta di agire per dare più senso al nostro amare e al nostro vivere.


Fr Ndega

Revisione dell'italiano: Giusi

sábado, 11 de maio de 2024

LA FORZA NELLA DEBOLEZZA

 

Atti 1, 1-11; Ef 4, 1-13; Mc 16, 15-20




 

    La liturgia odierna parla del mistero della presenza/assenza di Gesù. Egli non ha lasciato il Padre quando è venuto da noi e non ci ha lasciato quando è tornato al Padre. L’Ascensione di Gesù parla di una modalità nuova della sua presenza in mezzo a noi, annunciando una nuova fase della sua missione. Questo è il tempo della Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù. Questo messaggio è molto chiaro, per esempio, nei due testi di Luca, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Il Vangelo ci presenta gli atti di Gesù, e il libro degli Atti degli Apostoli ci propone le azioni dei suoi discepoli assistiti dal suo Spirito, confermando la presenza del Maestro Gesù in mezzo a noi.

    Secondo il racconto di Luca (prima lettura), attraverso le sue parole, Gesù aiuta i discepoli a capire il rapporto tra tutto ciò che egli ha fatto ed insegnato, con la realtà del regno di Dio. Questa realtà che è rivelata tramite i miracoli di Gesù e continuerà a svilupparsi tramite le azioni della Chiesa fino agli estremi confini della terra. Ma prima di compierla, gli apostoli hanno ricevuto la forza dallo Spirito Santo e per questa forza diventano strumenti della salvezza di Dio. Lo stesso Spirito che era presente alla creazione e durante la missione di Gesù guiderà il lavoro della comunità dei suoi discepoli, ‘illuminando gli occhi del loro cuore e portando loro a una profonda conoscenza di lui’.

    Nella seconda lettura Paolo ci esorta a comportarci “in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto”. In che modo dobbiamo comportarci concretamente? Risponde l’apostolo: “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandoci a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”. Tutto questo siamo in grado di farlo perché abbiamo ricevuto dei doni per l’edificazione dell’unico corpo, che è vivo e santo perché è lo Spirito che opera in esso, assicurando la presenza di Gesù per la vita e l’efficacia dei suoi membri, perché il corpo senza il capo non ha vita: “Senza di me non potete fare nulla”.

    L’incontro di Gesù con gli undici accade “mentre erano a tavola”. Vuol dire che hanno mantenuto il clima di familiarità e confidenza che hanno imparato dal loro maestro. Sono stati rimproverati per la loro incredulità e durezza di cuore. Tre anni di predicazione, di ascolto, di rapporti, di libertà e di decisione sembrano chiudersi con un bilancio non molto buono. Nonostante questo, Gesù decide di usare proprio questo gruppo per portare avanti la sua proposta di salvezza, cioè, tutta la ricchezza del suo insegnamento. Come mai questa fiducia davanti a tante difficoltà?

    Il brano afferma che i discepoli partirono e predicarono dappertutto, ma non da soli, perché Gesù agiva insieme con loro confermando la loro parola con segni concreti. Ecco la ragione di tanta fiducia da parte di Gesù. Egli agisce con loro. Anche se la sua presenza fisica non c’è più, in questa nuova dimensione del suo essere, Egli è sicuramente e più facilmente vicino per l’esito della nostra missione. Il punto di riferimento del nostro apostolato non è mai la nostra debolezza ma la forza e la presenza di Cristo nella nostra vita e nella vita di quelli che diventano credenti in Lui tramite la nostra testimonianza. Dobbiamo imparare a vedere noi stessi come ci vede Lui.

    La domanda degli angeli ci inquieta: “Perché state a guardare il cielo?” Come cristiani dobbiamo fissare lo sguardo su Gesù, che è il nostro modello e il nostro capo e là dov’è il capo vogliamo stare anche noi che siamo le sue membra. Però, non possiamo rimanere fermi a guardare il cielo aspettando che cada pronta la soluzione ai nostri problemi. Come suoi discepoli siamo chiamati a continuare l’opera di Cristo, preparando il suo ritorno alla fine dei tempi. Il Signore ci vuole vigilanti e operosi: “Beati quei servi che il Signore troverà servendo, al suo ritorno”. L’impegno cristiano, di ogni cristiano, per la vita umana nella costruzione della pace e unità tra le genti è un segno della nostra preparazione per questo suo ritorno.

    Dice il Papa Francesco che “la vita cristiana è un cammino; non un cammino triste ma gioioso”, perché con Gesù siamo in processo di ascensione al cielo, ma con i piedi fermi su questa terra di missione. La nostra vita cristiana è contemplazione e azione, è fede e opere. I segni della presenza di Gesù nel mondo sono riconosciuti per l’amore di coloro che credono in lui e seguono i suoi passi. Tutto questo ci viene dallo Spirito che non solo abita in noi ma opera dentro di noi per farci diventare nella pratica, nelle nostre azioni, ciò che siamo nel nome, cioè “Cristiani”, “altri Cristi”. Per questo diciamo: vieni Spirito Santo!


Fr Ndega

revisione dell'italiano: Giusi