Riflessione su Gen 9: 8-15; 1Pt 3: 18-22; Mc 1: 12-15
Abbiamo iniziato
il tempo di Quaresima, un periodo penitenziale che ci invita a convertirci al
Vangelo. La sua durata di quaranta giorni ci riporta ai quaranta giorni che
Mosè trascorse sul monte Sinai per ricevere i dieci comandamenti;
all’esperienza dei quarant’anni del Popolo di Israele nel deserto; ai quaranta
giorni di Elia camminando verso il monte Horeb per incontrare Dio e ricevere
istruzioni per la sua missione; e, soprattutto all’esperienza dei quaranta
giorni di Gesù nel deserto prima di iniziare la sua missione. Questo numero è
simbolico e vuole significare un lungo periodo oppure tutta la vita. Questa è
l’intenzione del vangelo di oggi, parlando della esperienza di Gesù.
Il brano della
Genesi ci invita a riflettere sulla fedeltà di Dio espressa attraverso le sue
parole riguardo l’alleanza. Ci viene presentato il racconto del diluvio che
esprime il desiderio di Dio di rinnovare l’intera umanità, costituendo con essa
e con tutto il creato un’alleanza d’amore. Al centro di questa esperienza non
c’è la distruzione ma il rinnovamento, la riconciliazione, la fedeltà
simbolizzate dall’arcobaleno. Nella sua lettera, Pietro parla circa l’impatto
del diluvio per la creazione come figura della nuova vita che riceviamo da
Cristo mediante il Battesimo: siamo stati rigenerati.
Nel vangelo, dopo
l’esperienza del battesimo, Gesù viene sospinto nel deserto dalla potenza dello
Spirito Santo. In quel luogo, ribadisce la sua identità di Figlio amato cercando
di conformarsi al progetto del Padre. Il deserto è luogo di silenzio, di
solitudine, ma anche di prova, di tentazione. Il brano parla anche della
presenza delle bestie selvatiche e degli angeli che servono Gesù. E’ un
riferimento alla persona e identità di Colui nel quale tutta la creazione
diventa nuova e armoniosa. In Gesù tutta la creazione riprende il suo splendore
e bellezza secondo il sogno di Dio.
Diversamente dagli
altri evangelisti, in cui le tentazioni vengono messe alla fine della
esperienza del deserto, Marco afferma che Gesù è stato tentato durante tutti i
quaranta giorni. L’evangelista non descrive il tipo di tentazione perché la sua
intenzione è dire che Gesù fu tentato durante tutta la sua vita terrena. L’obiettivo
del tentatore è stato quello di convincere Gesù ad agire in un modo diverso da
ciò che Dio aveva pensato, negando la sua identità di Figlio di Dio e di Messia
servo. Da questa esperienza Gesù uscirà vittorioso poiché convinto di non essere solo e di seguire la via giusta per fare la
volontà del Padre.
Le tentazioni
che Gesù ha affrontato non gli hanno impedito di fare la volontà di Dio. Come è
successo a lui, le trappole del nemico di Dio sono presenti anche nella nostra
vita, nel nostro quotidiano e hanno lo scopo di rubare la nostra speranza e il
nostro entusiasmo. Ci fanno rinunciare ai nostri impegni con la fraternità; ci
fanno preferire l’uso della forza anziché il rispetto della libertà altrui; ci
fanno parlare di più invece che ascoltare o preferire la logica della comodità
che la logica del dono. Come Gesù non era da solo, anche noi non siamo mai soli
in questa lotta.
Siamo chiamati
a fidarci di Gesù e ad accettare la proposta della sua parola che ci invita
alla conversione. Le tentazioni saranno sempre presenti nella nostra vita, ma
secondo Sant’Agostino, “Se in Cristo noi siamo stati tentati, in lui vinciamo
satana. Cristo potrebbe gettare il tentatore lontano da sé; ma se non fosse
stato tentato non ci insegnerebbe come vincere le tentazioni”. L’esempio di
Gesù di fedeltà a Dio è un invito per la nostra fedeltà. Chiunque segua le sue
orme e sia aperto all’aiuto del suo Spirito, è in grado di fare la volontà di
Dio così come lui stesso ha fatto. La sua vittoria ravviva la nostra speranza
di riuscita nella lotta contro tutto ciò che ci allontana dalla proposta divina
e dalla nostra vera identità.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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