Riflessione a partire di 2Re 5, 14-17; 2Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19
La centralità
di questa riflessione punta su due cose: la forza liberatrice della Parola e
l’invito al ringraziamento. Secondo il primo testo, tramite la parola del
profeta, lo straniero Naamàn fa l’esperienza dell’amore e della misericordia di
Dio e ringrazia per il dono ricevuto. La testimonianza dell’apostolo Paolo ci
fa concludere che la parola di Dio è libera e ci rende liberi. Il nostro
compito è quello di annunciarla libera da ogni mentalità che riduce la sua
forza profetica.
Alcuni giorni
fa abbiamo visto che Gesù aveva preso la ferma decisione di andare a
Gerusalemme per compiere la sua opera di salvezza. Lungo il cammino, passando
di villaggio in villaggio, annunciava la buona notizia del Regno di Dio. Essendo
vicino a uno di questi villaggi gli vennero incontro dieci lebbrosi gridando: “Gesù,
maestro, abbi pietà di noi”. E Gesù appena li vide, conoscendo la loro
situazione e sensibile al dolore umano, li mandò dai sacerdoti e li guarì
mentre erano in cammino. Uno di loro, un samaritano, straniero, riconoscendo il
dono ricevuto, tornò da Gesù per ringraziarlo e, a motivo della sua fede,
ricevette una grazia ancora più grande: la salvezza.
La lebbra in
quel tempo, come altre malattie era considerata un castigo divino, rendendo la
persona disgraziata e proprio per questo esclusa dalla comunità. Doveva tenersi
lontano dal villaggio, portando dei campanacci legati ai piedi come avviso per gli
altri e gridare: “non avvicinatevi, sono lebbroso!” La legge infatti proibiva di avvicinarsi a
qualcuno e chi si avvicinava una persona lebbrosa diventava anch’esso impuro.
Dinanzi a questa situazione, ci domandiamo: come mai i lebbrosi escono dal
villaggio incontro a Gesù? Come mai normalmente Gesù si avvicina a questa
gente? Come mai potendo guarirli subito, Gesù li manda dai sacerdoti?
I villaggi,
nei vangeli, non sempre hanno un significato positivo. Ricordiamo che Gesù
quando guarisce un cieco a Betsaida lo guarisce fuori dal villaggio e gli chiede
di non tornare al villaggio che in questo caso indica quella mentalità che fa
opposizione a Gesù; per la persona guarita è importante non tornare alla
mentalità di prima, alla vita che aveva prima dell’incontro con Gesù. La
società dell’epoca di Gesù riteneva che gli ammalati, specie i lebbrosi, erano
stati condannati da Dio a causa dei loro peccati. Gesù invece si avvicina senza
paura di essere contaminato, anzi, si avvicina loro per “contaminarli” con il
suo amore, la sua tenerezza, la sua misericordia.
I sacerdoti
rappresentano l’istituzione religiosa, ed erano incaricati di riconoscere una
guarigione e ufficializzare la riammissione alla comunità. Questo spiega il motivo
di Gesù di inviare i lebbrosi dai sacerdoti. È interessante notare che Gesù li
invia come se fossero già stati guariti e loro si fidano della sua parola; non
sono guariti perché andavano dai sacerdoti, ma perché sono stati motivati spinti
dalla parola di Gesù e si sono messi in cammino. La guarigione avviene non per
l’obbedienza a una prescrizione legale ma per fiducia ad una parola scaturita
da uno sguardo attento e da un cuore compassionevole del dolore umano: Gesù ha
detto la parola che porta la vita.
Il testo porta anche una
certa delusione di Gesù nel vedere che soltanto uno dei lebbrosi guariti è
tornato a ringraziarlo per il bene ricevuto. Gesù non è uno che cerca applausi
e riconoscimenti per un’opera buona ma spera che rendiamo gloria a Dio per la
sua generosità nei nostri confronti. La salvezza è gratuità divina ma chiede la
nostra adesione di fede. La vera fede scaturisce da un cuore che sa riconoscere
e ringraziare per i doni ricevuti. “Ringraziare non è solo un atto di buona
educazione, bensì un atto di amore riconoscente e, rivolto a Gesù, è un atto
che apre alla salvezza, come fu per il samaritano”. Possiamo dire che anche per
ringraziare “di cuore” ci vuole fede. Che possiamo essere riconoscente e grati
a Dio per i doni che riceviamo e essere generosi nei suoi confronti e nei
confronti degli altri. E siccome Dio non si lascia vincere in generosità ci
darà molto di più.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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