Riflessione su Ne 8, 2-4a.5-6.8-10; 1Cor 12, 12-30; Lc 1, 1-4:4, 14-21
Dio vuole vita
in abbondanza per il suo popolo e il compimento di questo suo piano d’amore è
il cuore della missione di Gesù. Il testo di Neemia ci introduce in questa
verità parlando della esperienza postesilica in cui il popolo accoglie con
grande commozione e gioia la Parola di Dio proclamata, e si impegna a viverla
con fedeltà. Come membra del corpo di Cristo, siamo chiamati, ognuno con la ricchezza
della propria vocazione, a contribuire all’edificazione dell’unico corpo. Così,
quello che identifica la Chiesa corpo di Cristo non sono i privilegi o
incarichi che qualcuno possiede o cerca, ma l’unità e la fratellanza che è
chiamato a costruire offrendo il meglio di sé.
La prima parte
del vangelo ci rivela che la buona novella di Gesù ha generato molti testimoni.
La nostra fede è frutto dell’esperienza, quella data dalla testimonianza di
quanti ci hanno preceduto insieme a quella che ognuno vive personalmente. Non è
una “dottrina” o un’idea su Gesù che ci fa vivere con intensità la nostra fede,
ma l’incontro personale con lui continuamente ricercato e desiderato: “entra
nella tua stanza, cioè, nella tua intimità e prega colui che vede nel segreto…”
Naturalmente, per un cristiano, non basta solo l’esperienza personale; ci vuole
anche quella comunitaria. Senza di esse la nostra fede in Gesù perde poco a
poco il suo significato.
L'evangelista
Luca rivolge il suo vangelo a un personaggio chiamato Teofilo, abitudine
presente nel primo secolo. Teofilo era una persona prominente nella società di
quel tempo che diventò cristiano a causa della predicazione degli Apostoli.
Teofilo significa “amato di Dio”. Questo nome porta anche un significato simbolico,
vale a dire, ogni persona che entra in contatto con il testo sacro è chiamata a
fare l'esperienza di sentirsi amata da Dio, poiché la Scrittura è davvero una “lettera
d’amore” da parte di Dio per l’umanità.
La seconda
parte del Vangelo porta l’esperienza di Gesù nella sua città natale Nazareth,
il luogo dove era cresciuto. Ritorna in questo luogo guidato dallo Spirito
Santo, proclamando con entusiasmo la parola di Dio come suo progetto personale di
vita per un popolo che attendeva la rivelazione del Messia con fervore e
passione. Gesù sceglie giustamente un momento liturgico per proclamare la
priorità della sua missione. Si sente unto e mandato dallo Spirito Santo per
proclamare la buona novella ai poveri e la liberazione agli oppressi. Con
questa Forza, egli è in grado di ravvivare la loro speranza, facendo ritornare
ai loro cuori la gioia di vivere. Questa realtà è la ragione dell’identità di
Gesù e parte del piano di amore e di salvezza del suo e nostro Padre.
La priorità di
Gesù è la priorità di Dio. Così, possiamo immaginare quanto è stata grande la
gioia che Gesù ha provato interiormente per questo modo di agire del Padre. Dio
ama ogni persona e vuole raggiungere tutti con il suo amore. Ma ci sono alcuni
che hanno bisogno di un intervento urgente e con una cura speciale, perché sono
rifiutati dalla società. Gesù non ha voluto aspettare. Dio ci chiede questa
stessa attenzione riguardo alla realtà di chi è nel bisogno. Chiunque ha
bisogno oggi non può aspettare fino a domani. Ci dice il principio di
sussidiarietà: “non lasciare ad un altro quello che puoi fare tu e non lasciare
per domani quello che puoi fare ora”.
In Gesù, inizia un tempo completamente nuovo,
cioè un tempo di grazia e di salvezza. Egli è il Salvatore che è venuto a
liberare tutti gli esseri umani che hanno perso la loro libertà a causa del
peccato e delle suggestioni del male presenti nei loro cuori. La liberazione
che Gesù proclama ha a che fare non solo con la schiavitù spirituale causata
dal peccato. Egli vuole raggiungere anche tutta la società dove il peccato
strutturale, cioè le ingiustizie, impediscono la realizzazione del progetto di
Dio. Quelli considerati sfortunati da una società che ha imparato a scartare i
suoi figli, sono per Gesù i “beati”. Questo è l’avvento del Regno di Dio; è
venuto dal cielo “proprio per questo mondo” e si fa vicino ad ogni essere umano.
Gesù vuole
costruire una nuova umanità e società a partire da relazioni fraterne
umanizzate e umanizzanti. La sua “rivoluzione” è da dentro a fuori, perché è
nel cuore dove si prende la decisione di essere buono o cattivo, giusto o
ingiusto, di amare o di odiare, di accogliere o disprezzare. L’insieme di
cambiamenti di cui la nostra società ha bisogno, Gesù poteva farlo da solo, ma ha
preferito contare su di noi, come nei primi tempi della Chiesa. Per essere
fedeli alla missione che egli ci affida, abbiamo bisogno di essere colpiti
dalla sua tenerezza e compassione, assumendo come nostra la stessa priorità
della sua missione. Lo stesso spirito che lo ha guidato nella sua missione
vuole guidare anche noi in modo che possiamo essere seminatori di speranza,
facendo la differenza nella vita di molte persone. In questo modo possiamo
rendere più visibile e credibile “la profezia che oggi abbiamo ascoltato”.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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