Riflessione a partire da Gv 20,19-31
La domenica di oggi è
chiamata “Domenica della misericordia”. Abbiamo tanto da imparare su questa
caratteristica fondamentale della nostra identità cristiana! Gesù ci assicura:
“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7) e non c’è
un’altra via per essere un vero discepolo. Abbiamo un’unica sorgente: Il Padre;
abbiamo un’unica chiamata: essere misericordiosi. Secondo Papa Francesco: “Gesù
Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana
sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Abbiamo sempre bisogno di
contemplare il mistero della misericordia. Questo è fonte di gioia, di serenità
e di pace”.
Dopo aver
visto la violenza fatta dalle autorità giudaiche al loro Maestro, i discepoli
di Gesù si chiudono per paura. Sapendo che avevano bisogno di aiuto, Gesù si
manifesta a loro a porte chiuse, e rimane in mezzo a loro per essere il punto
di riferimento nella loro vita.
Il primo
risultato di questa manifestazione è la gioia, confermando che essere discepolo
è essere portatore di gioia. La gioia apre il cuore per ricevere il dono della
pace, dello Spirito Santo e del perdono, confermando la loro identità e
missione. Come alla creazione in cui era presente lo Spirito aleggiando sulle
acque, così con il dono dello Spirito, il Risorto ricrea i discepoli, primizia
della nuova umanità totalmente rigenerata dalla sua croce e risurrezione.
Tommaso era
assente quando il Risorto si è rivelato con i suoi doni. Questa assenza ha messo a rischio la sua esperienza
di fede nel Cristo Risorto, poiché Tommaso ha avuto difficoltà a credere nella
testimonianza degli altri discepoli.
Ma d’altra parte la sua resistenza a
credere in ciò che gli è stato detto richiama la comunità a una
testimonianza più autentica e convinta della propria fede. Non è sufficiente dire “abbiamo visto il Signore in
questa esperienza”, ma c’è bisogno di riconoscerlo e proclamarlo con la propria
vita ogni giorno.
L’esempio di
Tomaso ci fa capire che la persona ha difficoltà a credere se crede da sola. La
nostra fede è risultato dell’esperienza ecclesiale, perché la fede della Chiesa
precede, genera e nutre la nostra fede. Senza la partecipazione alla Comunità abbiamo
difficoltà a riconoscere i segni della presenza del Risorto in mezzo a noi e la
nostra fede diventa debole e può essere ostacolo alla fede degli altri.
Questo testo
ci aiuta a riconoscere l’importanza di condividere la vita in comunità. Il Signore
risorto ha voluto rivelarsi a noi attraverso l’aiuto di altri: pensiamo ai
nostri genitori, parroci, catechisti, padri e madri spirituali. Bisogna che accogliamo
Gesù al centro della nostra esperienza comunitaria e riconosciamo il ruolo della
comunità come fondamentale nella nostra vita in modo da poter superare le
nostre paure, le incredulità e cosi, a dare una testimonianza gioiosa ed efficace
nella realtà che ci circonda.
Fr Ndega
Revisione dell'italiano: Giusi
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